Brexit, «Londra studia una tassa di mille sterline per ogni lavoratore Ue assunto». La May smentisce
dal nostro corrispondente Leonardo Maisano
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LONDRA – Mille sterline di tassa all'anno sulla testa di ogni lavoratore dell'Unione europea. Perso nelle paludi della Brexit, il governo di Theresa May dà fondo alla fantasia suggerendo «immigration skills charge», balzello sulle abilità di ogni lavoratore straniero assunto da un'impresa del Regno. A suggerirlo è stato il sottosegretario Robert Goodwill in commissione parlamentare, confessando che la misura scatterà in aprile per i lavoratori extra-Ue. Poche ore dopo arriva la smentita di Downing Street. Un
simile provvedimento «non è in agenda», ha detto secco un portavoce di Theresa May, mettendo di fatto a tacere un esponente del suo governo.
Vista l'atmosfera di progressivo scollamento anglo-europeo qualcuno nell'esecutivo di Theresa May s’era fatto venire l'idea di estendere la tassa anche ai lavoratori dell'Unione europea. Si tratta di una proposta - pure smentita- ma tanto è bastato per scatenare una reazione durissima dento e fuori il Paese. «Un'imposta di questo tipo – hanno dischiarato all'Institute of directors - rischia di danneggiare l'occupazione in un periodo in cui il mondo del business deve fare i conti con una grave incertezza sul futuro. Le imprese non possono sostenere una doppia stretta: maggiori restrizioni sull'arrivo di personale qualificato e una tassa extra da versare quando si individua il candidato giusto».
Più esplicita è stata la reazione di Guy Verhofsdtat, il negoziatore della Brexit per conto del parlamento europeo. «È uno shock. Posso solo immaginare i titoli della stampa britannica se una proposta del genere fosse avanzata in qualsiasi paese dell'Unione ai danni dei cittadini britannici». Fuoco e fiamme, non c'è dubbio. Prima della smentita, un portavoce dell'ufficio del premier ha dichiarato a Reuters che «è una delle proposte in discussione». Perché? «Per il semplice motivo che il governo vuole varare misure capaci di bloccare l'immigrazione». Soprattutto quella dall'Unione. La tassa sui lavoratori Ue rischiava di arrivare negli stessi giorni in cui inizia la trattativa sulla Brexit destinata a cominciare subito dopo il 30 marzo, data ultima che Londra si è data. Un inzio col botto, al netto delle smentite.
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