NECESSARI 78 accordi bilaterali entro il 29 marzo

Brexit, May chiede tempo per l’accordo. Imprese e Bank of England temono il no deal

di An.Man.

Brexit: May prende tempo, voto a fine mese

2' di lettura

Poco più di un mese e mezzo al ritiro del Regno Unito dalla Unione europea e ancora nulla di fatto, l’accordo non c’è, la premier Theresa May chiede ai deputati di mantenere i nervi saldi e di darle più tempo per rinegoziare l’accordo con Bruxelles, ma quei parlamentari si stanno preparando, o rassegnando, ad uscire dalla Ue senza un accordo. Il «no deal», lo scenario più temuto è più che una possibilità, visto che Andrea Leadsom, la leader della Camera dei Comuni - la camera bassa di Westminster che il 15 gennaio scorso ha affossato l’accordo chiuso dalla signora May con la Ue il 22 novembre- ha detto che bisogna preparare una legislazione basata sul «no deal».

Certo non lo dirà a cuor leggero perché anche lei, esponente conservatrice leale con la premier May, è consapevole dei rischi di una uscita senza «deal». Rischi che Andrew Adonis, deputato laburista nonché una delle poche chiare voci dell’opposizione che da più di un anno chiede un secondo referendum sulla Brexit e ancora si batte per restare nella Ue, sintetizza su Twitter così: «45 giorni all’uscita dalla Ue, accordi alternativi zero, accordi commerciali (bilaterali ndr) raggiunti la settimana scorsa 2 (Isole Faroe e Svizzera), accordi commerciali di cui il Regno Unito ha bisogno prima dell’uscita: 78 (tra cui quello con la Ue a 27)».

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Il mondo dell’economia e in particolare le associazioni imprenditoriali continuano a lanciare allarmi: «un no deal è la più grande minaccia alla economia dal 1939» dice il ceo della Food and Drink Federation (qui in basso il tweet con la sua dichiarazione); «i dati del 2018 hanno rilevato che il paese è nella emergency zone di Brexit con la crescita più bassa degli ultimi sei anni e gli investimenti crollati del 4% nell’ultimo trimestre» dice Carolyn Fairbairn della Confederatione britannica dell’Industria. Il governatore della Bank of England Mark Carney ricorda oggi i rischi di un no deal per le prospettive economiche del Regno ma le stanze del parlamento di Londra sembrano sorde a questi richiami e ancora preda di confusione.

La premier May ha ancora oggi assicurato in una dichiarazione ai parlamentari di poter ottenere un accordo su Brexit che il Parlamento può appoggiare, il tutto entro la data fissata per legge, il 29 marzo; chiede a chi l’ha abbattuta solo un mese fa «più tempo per negoziare» e «un voto forte a sostegno dell’accordo». Ma la signora Brexit non ha altra scelta, deve ostentare ottimismo mentre riceve ministri delle Finanze dubbiosi come il maltese Edward Scicluna che ammette «una Brexit senza accordo sarebbe una bomba atomica per tutti» e incassa invece supporto da ministri delle Finanze ottimisti come il tedesco Peter Altmaier, alleato della cancelliera Merkel «Regno Unito e ue possono evitare una hard Brexit».

Intanto il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn attacca la signora May e la accusa di voler far passare il tempo in modo che alla fine sia troppo tardi per qualunque scelta e il parlamento sia costretto anzi «ricattato» a votare un accordo per mancanza di alternative. Un portavoce della primo ministro nel frattempo precisa che la premier non ha alcuna intenzione di dimettersi in estate.

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