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Bruxelles, sull’asse Schaarbeek-Molenbeek dove crescono i jihadisti

Nella città vivono 250mila musulmani con 77 moschee. I due sobborghi con più alta criminalità e disoccupazione da dove vengono gli attentatori

di Roberto Galullo

Il terrorista islamico Abdelsalam Lassoued durante il duplice omicidio di due tifosi svedesi a Bruxelles

3' di lettura

Quando nel 2016 Jan Hertogen, sociologo presso l’Università cattolica di Lovanio, calcolò che in Belgio vivevano oltre 780mila musulmani, pari a circa il 7% della popolazione belga, le polemiche non tardarono. Ancora oggi c’è chi contesta la veridicità dei numeri di quel censimento che per molti aveva il gusto amaro della “schedatura”. Secondo quelle stime, almeno la metà dei musulmani è concentrata nella cerchia di Bruxelles. Negli anni sono saliti alle cronache il sobborgo Schaarbeek – nel quale ha trovato ospitalità anche il presunto terrorista tunisino Abdelsalam Lassoued accusato del duplice omicidio pochi giorni fa nella capitale di tifosi svedesi – e quello di Molenbeek-Saint-Jean.

Quest’ultimo è una municipalità-dormitorio di circa 98mila abitanti a nord-ovest di Bruxelles nella quale, nel 2016, quattro moschee su 24 erano riconosciute dalla Regione di Bruxelles e l’anno prima altre 16 affiliate al Consiglio consultivo delle moschee avevano ricevuto 45mila euro dal Comune. A distanza di qualche anno – il 2022 – la situazione nella “cintura musulmana” di Bruxelles si è assestata: 20 moschee a Molenbeek, 35 tra le vicinissime Anderlecht e Koekelberg, 77 in tutta Bruxelles. A queste bisogna aggiungere le associazioni islamiche, le librerie islamiche e i luoghi di formazione.

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Problema interno

Fatto sta che è principalmente lungo l’asse Schaarbeek-Molenbeek - dove secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio dell’organizzazione comunale “safe.brussels” c’è il più alto tasso di spaccio di droga e disoccupazione al 31% - che si concentrano da decenni le attenzioni della politica belga e, solo da otto anni, quelle dell’opinione pubblica e delle autorità internazionali. Già, perché proprio dalla municipalità di Molenbeek partirono alcuni terroristi autori degli attacchi a Parigi il 13 novembre 2015 nei quali morirono 130 persone, oltre a 450 feriti.

Questa stessa rete, collegata a jihadisti belgi partiti a combattere in Siria tra le fila dello Stato Islamico nel biennio 2013/2014, si è resa protagonista dell’attentato all’aeroporto e alla stazione “Maalbeck” della metropolitana di Bruxelles il 22 marzo 2016. Molenbeek dista una ventina di minuti a piedi dalla Grande Place e poche fermate di metropolitana dal centro, dal quale lo separa il canale che collega Bruxelles con il porto di Anversa.

Secondo la Fondazione internazionale Oasis, fondata a Milano dal Cardinale Angelo Scola per studiare le società musulmane contemporanee, con una particolare attenzione alla loro dimensione religiosa, nella cintura di cui Molenbeek fa parte si concentra almeno l’80% dei 250mila musulmani che abitano a Bruxelles. Sono in gran parte cittadini belgi, visto che il Belgio ha adottato dagli anni ’90 una politica spinta di integrazione attraverso la cittadinanza. Se si tiene conto - prosegue la Fondazione - che il 40% dei musulmani è nato in Belgio, «non è più possibile associare i musulmani all’idea di straniero, di immigrato, anche se la storia della loro presenza inizia da lì».

Radicamento favorito dalle istituzioni

A Molenbeek - secondo le stime della Fondazione - vivono circa 36mila musulmani, 27mila dei quali di origine marocchina. Abitano nelle zone centrali, mentre i quartieri più periferici e verdi sono abitati dalla classe media. Oltre ai ricongiungimenti familiari, molto ha pesato un mercato immobiliare secondario che offre case in affitto a basso costo. Come accade in tutta Europa, la popolazione musulmana di Molenbeek si è fortemente islamizzata a partire dagli anni 1975-1980.

Si tratta di un radicamento religioso favorito da istituzioni e gruppi specifici: la Jamā‘at al-Tablīgh, il movimento che ha fortemente contribuito all’islamizzazione marocchina rigorista negli anni ’80-’90; la moschea al-Khalil, fondata dal ramo siriano dei Fratelli musulmani, con la sua scuola privata; la moschea vicina al Partito della Liberazione (Hizb al-Tahrīr), una formazione islamista radicale che auspica l’instaurazione del Califfato e infine diversi luoghi di predicazione e insegnamento salafiti. Non va però mai dimenticato che ci sono moschee e luoghi di preghiera prive di connotazioni politiche o radicali. Ma nel corso dei decenni a Molenbeek – così come in altre municipalità, dove tuttavia il fenomeno è meno visibile, ricorda la Fondazione Oasis – «è stato seminato un tipo di Islam che, se non era radicale, ha comunque preparato il terreno sul quale il radicalismo avrebbe poi attecchito».

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