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BTp, è ancora «tregua» sullo spread. Ma i costi per il Tesoro salgono oltre l’1%

I mercati continuano a ignorare le vicende politiche italiane. Ma l’aumento generale dei tassi si fa sentire: da inizio anno il costo medio all’emissione dei titoli italiani è decuplicato.

di Maximilian Cellino

Il Bund fiuta la recessione. Cosa cambia per i BTp?

3' di lettura

«I differenziali di rendimento dei titoli di Stato dell’area dell’euro sono tornati su livelli più elevati, con l’evolversi della crisi politica in Italia». L’avvertimento arriva da una fonte autorevole: quella Banca centrale europea (Bce) che, pur non avendo come noto fra gli obiettivi del proprio mandato il controllo dei tassi a cui si finanziano i singoli Stati, ha a cuore il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Tanto da aver creato uno strumento (Transmission protection instrument, Tpi) per favorirlo in caso di dinamiche «disordinate e non giustificate» sul mercato che ha guadagnato il centro dell’attenzione nelle settimane recenti.

Il Bund fiuta la recessione. Cosa cambia per i BTp?

Pur rappresentando un timore unanime nel mondo finanziario, le parole contenute nel bollettino economico dell’Eurotower diffuso ieri non hanno per il momento assunto il tono dell’allarme. Sui mercati pare infatti proseguire quella sorta di «tregua» che accompagna finora il nostro Paese nella difficile strada verso le urne. Anche giovedì lo spread fra Italia-Germania, tradizionale termometro della tensione attorno al Paese, si è attestato a 213 punti base. Il rendimento del decennale italiano staziona intanto sotto il 3% e fa tirare un sospiro di sollievo visto che a metà giugno si era issato ben oltre il 4%, perché alla fine i conti si fanno con i tassi nominali più che con i differenziali.

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I costi per il Tesoro

Proprio sotto questo aspetto occorre prendere atto di quanto il finanziamento del debito pubblico italiano sia diventato più oneroso nel 2022, più per la piega generale assunta dal mercato obbligazionario in un contesto di inflazione e banche centrali aggressive sui tassi che per «demeriti» nostri per la verità. Da inizio anno a fine luglio il costo medio all’emissione dei nostri BoT, BTp e CcT è tornato infatti a superare l’1 per cento.

COSTI MEDI ALL'EMISSIONE DEI TITOLI DI STATO
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Non accadeva dal 2018 e il dato si confronta con un 2021 irripetibile in cui ci si era fermati dieci volte più sotto (0,1%), ma soprattutto è destinato a essere aggiornato al rialzo ogni mese - tensioni politiche o no - proprio perché nel frattempo il livello generale dei rendimenti sovrani viaggia molto più in alto in tutto il mondo. E il Tesoro, pur avendo già nel complesso fatto quest’anno provvista per quasi due terzi del fabbisogno, dovrà emettere da qui a fine dicembre titoli a medio-lungo termine per ulteriori 100 miliardi di euro.

In tutto questo la buona notizia risiede almeno nel fatto che il Mef stia dopotutto ancora mediamente piazzando i nuovi titoli a un costo inferiore rispetto a quelli che nel frattempo giungono a scadenza, cosa che favorisce una riduzione del rapporto fra spesa per interessi e stock di debito esistente. «Il rendimento dei titoli decennali italiani è sceso nettamente al di sotto della crescita nominale del Pil, per cui il Paese sta attualmente riducendo il proprio rapporto fra debito e Pil», aggiunge di Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors, che pone l’attenzione anche sull’elevata scadenza media dei BTp (oltre 7 anni) e non vede quindi una «crisi imminente» per la sostenibilità del debito.

Lo spread? Faccenda «politica»

La questione spread potrebbe a parere dell’esperto contare di più in ottica di lungo termine, e qui torna in ballo il discorso sul Tpi. «La faccenda sarà però essenzialmente politica - avverte Hentov - perché lo strumento di sostegno si basa su una condizionalità non legata alla Bce per quanto riguarda l’approvazione degli investimenti fiscali da parte della Commissione europea e ricadrà quindi all’interno delle strategie di Bruxelles».

Nel lungo periodo i rendimenti italiani avranno un tetto massimo determinato dalla stabilità macroeconomica e da fattori politici

State Street Global Advisors Elliot Hentov

Un modo per dire che, se pure nel breve e medio termine non si passono escludere episodi di maggiore volatilità, «nel lungo periodo i rendimenti italiani avranno un tetto massimo determinato dalla stabilità macroeconomica e da fattori politici» e che sotto questo aspetto siano da temere più «i dissensi dell’Europa, che non l’Italexit». E una via alternativa per spiegare, forse, il motivo di questa apparente tranquillità degli investitori internazionali di fronte agli sviluppi delle vicende politiche italiane.

Riproduzione riservata ©
  • Maximilian CellinoRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: italiano, inglese, tedesco

    Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario

    Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione

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