ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’emissione per il retail

BTp Valore e l’obiettivo di un debito più «italiano»

I titoli in mani nazionali saliti oltre il 10% del totale: il 34% in più rispetto al 2022. Da gennaio il rendimento medio all’emissione dei bond è al 3,62%: oltre il doppio rispetto allo scorso anno

di Maximilian Cellino

3' di lettura

Continua inesorabilmente a crescere l’onere del debito pubblico per lo Stato italiano. Da gennaio il rendimento medio all’emissione dei titoli del Tesoro si è attestato al 3,62 per cento: oltre il doppio quando ci si confronta con i livelli dello scorso anno e senza arrivare a fare i paragoni con il quasi costo zero (0,10%) spuntato nel 2021 dei tassi negativi e quindi irripetibile. Per trovare un dato simile occorre risalire a quel 2011 che rievoca ricordi poco piacevoli per il nostro Paese, coinvolto allora in una crisi isolata dal contesto globale ed europeo.

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L’impatto della Bce

Oggi il rincaro per le casse pubbliche dipende quasi esclusivamente dal generale aumento dei tassi di interesse su scala mondiale e la pressione sui rendimenti, va detto, si sta progressivamente riducendo nella speranza che la politica monetaria Bce possa arrivare presto al capolinea del ciclo rialzista più rapido e incisivo della sua storia. Al tempo stesso anche le ansie specifiche degli investitori nei confronti del nostro Paese paiono in gran parte al momento sopite, come dimostra lo spread fra BTp-Bund, abituale barometro della tensione che staziona ormai da mesi in un intervallo ristretto e sotto l’ipotetica «soglia di dolore» fissata a 200 punti base.

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La strategia

Ciò non toglie che il Tesoro sia costantemente all’opera per ridurre il danno, anche perché i rendimenti ai quali i nuovi titoli vengono emessi sono mediamente superiori rispetto a quelli che finiscono in scadenza e che vanno rinnovati. Con la conseguenza di un aumento del rapporto fra interessi e stock del debito che a fine 2022 era già risalito al 3,11% dopo quasi un decennio di erosione. E la strategia principale del Mef pare proprio essere quella di attirare nuovi investitori verso i BTp in modo da rimpiazzare la domanda mancante per lo stop ai piani di riacquisto della Bce dopo anni di quantitative easing.

Il record del primo BTp Valore

La platea rappresentata dai risparmiatori italiani è sotto questo aspetto un obiettivo chiaro e mai nascosto. Grazie alla precedente emissione legata al BTp Valore di giugno (chiuso con una raccolta superiore ai 18 miliardi) e al BTp Italia collocato a marzo (quasi 10 miliardi), l’ammontare di titoli del Tesoro in mano alle famiglie nazionali è tornato a crescere dopo anni di contrazione coincisi anche con la presenza di tassi poco appetibili. Secondo le stime di UniCredit Research a fine giugno erano infatti 267 miliardi, il 34% in più rispetto ai 199 miliardi di fine 2022 per una quota risalita rispetto al totale oltre il 10% dopo lungo tempo.

Il funding per il 2023

A livello di mercato, occorre ricordare che l’Italia si presenterà all’appuntamento con il BTp Valore avendo già svolto larga parte dei compiti assegnati per l’anno in corso. Alla data odierna il Tesoro ha infatti emesso nel 2023 titoli a medio/lungo termine per un controvalore lordo di circa 244 miliardi (oltre a 110 miliardi di BoT). Si tratta di quasi l’80% dell’obiettivo annuale che si è posto nel suo piano di finanziamento e questo potrebbe contribuire a ridurre la pressione in offerta. Al netto dell’emissione annunciata ieri e destinata alla platea retail, UniCredit ipotizza una raccolta mensile di 20 miliardi, inferiore al quantitativo in scadenza (circa 90 miliardi) e che consentirebbe persino la cancellazione dell’asta di dicembre.

I nodi per il 2024

I nodi si ripresenterebbero poi nel 2024, che secondo Luca Cazzulani, strategist sul reddito fisso di UniCredit, si presenta come «un anno impegnativo, con rimborsi in aumento rispetto al 2023 e una probabile accelerazione del quantitative tightening», l’operazione inversa di riduzione del bilancio e quindi dei titoli di Stato in portafoglio alla quale Bce si sta preparando. A maggior ragione acquistano quindi importanza le discussioni che al momento stanno prendendo corpo in seno al Governo attorno la Legge di Bilancio 2024 e non è forse un caso che lo spread abbia proprio in questi giorni manifestato qualche inquietudine risalendo fino a 175 punti base.

Le mosse degli investitori esteri

«In tale contesto è probabile che gli investitori in BTp siano particolarmente sensibili alle esigenze di finanziamento netto», sottolinea Cazzulani e il bello e il cattivo tempo, sotto questo aspetto, lo fanno quasi sempre quei fondi internazionali che dopo aver a lungo ridotto le posizioni sembravano tornati a riaffacciarsi sui BTp, pur a fasi alterne. L’ultimo dato BankItalia a disposizione vedeva le partecipazioni in mani straniere di nuovo in aumento di 21,7 miliardi a giugno dopo l’accelerazione di aprile (15,4 miliardi) e la frenata del mese successivo (4,3 miliardi).

Nel complesso sono 492 miliardi, al netto della quota detenuta da residenti italiani e presente in prodotti di investimento a marchio estero. «Il posizionamento degli investitori, come si evince dall’open interest del BTp Future, sembra essere moderatamente corto e anche questo dovrebbe fornire un certo sostegno», rassicura Cazzulani. Ma gli occhi resteranno inevitabilmente puntati sulle schermaglie attorno alla Finanziaria in preparazione.

Riproduzione riservata ©
  • Maximilian CellinoRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: italiano, inglese, tedesco

    Argomenti: Mercati finanziari, politiche monetarie, risparmio gestito, investimenti, fonti alternative di finanziamento, regolamento del sistema finanziario

    Premi: Premio State Street 2017 per il giornalista dell'anno - Categoria Innovazione

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