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Buon compleanno alla “schedina”

Il 5 maggio del 1946 nasceva la schedina

di Marco Onnembo

2' di lettura

Almeno tre generazioni di italiani hanno sognato di poter urlare “ho fatto 13!” al telefono chiamando qualche familiare o saltando felici per il soggiorno di casa. Il 5 maggio del 1946 nasceva la schedina. E si era capito subito che si trattava di qualcosa in più di quello che sarebbe diventato, nel giro di pochi mesi, un fenomeno di costume. Anzi, “il” fenomeno di costume.

Vincere al Totocalcio era la possibilità di poter urlare al mondo che la propria esistenza aveva preso una piega diversa. Per sempre. E poi, nell'Italia del Dopoguerra «svoltare» significava tante cose. In primis, dimenticare morti, feriti, dolore. È stato un anno indimenticabile quel 1946. Le donne hanno votato per la prima volta nel referendum per la Repubblica o la Monarchia, Gino Bartali vinceva il giro d'Italia per la terza volta e in edicola sono arrivate le riviste «Grand Hotel» e «Oggi».In realtà, all'epoca, i pronostici da indovinare erano 12 e non 13. Solo quattro anni più tardi arriverà il tredicesimo.

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Nell'immaginario collettivo, però, rimarrà sempre – anche in chi non l'ha sentito con le proprie orecchie - l'urlo di un impiegato romano di nome Emilio Biasotti che centrando il 12 della prima schedina del primo concorso Sisal vinse 462mila ottocentoventisei lire, quasi l'intero ammontare del montepremi, che era di 463mila e rotti.Per avere un'idea di quanto valesse quel sogno, basti pensare che lo stipendio di un operaio oscillava allora fra le undici e le tredicimila lire al mese. Qualcosa non lontano da quattro anni di stipendio e da qualche sfizio che andasse oltre un vestito nuovo di zecca.

30 lire per la schedina

Il costo della schedina era di trenta lire e, in fondo, la meccanica era pure semplice: bastava segnare 1 per indicare la vittoria della squadra di casa, 2 per quella in trasferta e x per un pareggio. Insomma, era qualcosa alla portata da tutti i punti di vista. Il primo colpo milionario arrivò all'ottavo concorso quando la vincita del dodici fruttò al fortunato scommettitore più di sessanta milioni di lire.

Ad ideare il gioco, fu un giornalista sportivo, Massimo Della Pergola, che aveva intuito come tramite questo concorso si potesse finanziarie il calcio e in generale lo sport. A cominciare dall'impiantistica. Ma, anche, per inventarsi quello che sarebbe diventato – ben in anticipo rispetto alle esasperazioni finanziarie degli ultimi decenni – uno spettacolo che attraesse milioni di appassionati. Una curiosità: quel concorso, che dal 1948 prenderà il nome di Totocalcio e che sarà gestito dai Monopoli di Stato, nelle battute iniziali, incontrerà maggior favore al sud che al nord.


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