Buone prestazioni e robustezza leggendaria per le Fiat 1.300 e 1.500
Dimensioni giuste, proporzioni perfette ed equilibrato uso di parti cromate ne fecero una delle berline più accattivanti degli anni 60
di Vittorio Falzoni Gallerani
3' di lettura
Poche auto, nel ventesimo secolo, sono state l’emblema del decennio insieme al quale hanno debuttato come la Fiat progetto 116 di cui ci occupiamo in questo articolo; un caso quasi certamente fortuito ma è indubbio che il clima di ottimismo di quegli anni fecondi sia plasticamente rappresentato sia nell’aspetto sia nella caratura complessiva di questa automobile. Nato nell’Aprile del 1961 con due cilindrate differenti, 1300 e 1500 cc, questo modello della Fiat denominato semplicemente con la sua cilindrata come era costume della Casa torinese in quegli anni, sprizzava gioia di vivere in tutti i suoi aspetti, a cominciare dalla linea che rappresentava un salto di classe e di modernità epocale nei confronti di quello della Fiat 1100/103; per non parlare di quello della Fiat 1400, uscita di produzione nel 1959, che essa andava sostanzialmente a sostituire.
È stata ricordata fino alla noia l’ispirazione del suo stile a quello della americana Chevrolet Corvair ed è anche un fatto che nel secondo dopoguerra, in campo automobilistico, ci sia ispirati spesso alla moda d’oltreoceano; la differenza grande fu che in questo caso il risultato perdette ogni velleitarismo: dimensioni giuste, proporzioni perfette, viso aperto in un largo sorriso, equilibrato uso di parti cromate ne fecero una delle berline più accattivanti del periodo.
Il successo venne di conseguenza aiutato anche dalle prestazioni molto buone offerte dai nuovi propulsori che, forse non tutti lo sanno, erano grosso modo i due terzi dei sei cilindri in linea montati rispettivamente sulle Fiat 1800 e 2100: un motore moderno che, nonostante conservasse la distribuzione ad aste e bilancieri con albero a camme nel basamento, presentava camere di scoppio polisferiche ad alto rendimento: 65 CV per la 1300 e 72 per la 1500.Una dotazione quindi che, seppur non al livello delle pari cilindrata Alfa Romeo, era comunque in grado di soddisfare l’esigente automobilista italiano: oltre 140 km/h anche per la più piccola 1300 ed una terza marcia da 100 km/h che rendeva facile qualsiasi sorpasso erano, allora, quanto serviva; il tutto con una robustezza che diventò presto leggendaria.
Molto buono anche il tradizionale telaio con ponte rigido posteriore sospeso da molle a balestra ed i freni che, pur a tamburo su ambedue gli assali, furono definiti potenti, progressivi e resistenti; meno soddisfacenti apparvero la manovrabilità del cambio al piantone e, non sorprendentemente visto il Casato di provenienza, il grado di finitura che, almeno sulla 1500, avrebbe meritato un tappeto in moquette al posto della gomma nera.
Abbiamo sottolineato la validità estetica delle Fiat 1300 e 1500 berlina e vogliamo ripeterlo ora con ancor maggiore forza a proposito delle versioni Familiari presentate al Salone di Torino dell’Ottobre 1961 alle quali il lunotto sportivamente inclinato donava un dinamismo che, allora, sulle SW era di là da venire; purtroppo rimasero quasi sconosciute se non fosse stato per la Polizia di Stato che ne assunse parecchi esemplari con motore 1.500 cc al proprio servizio.
Nel 1964 la Fiat decide di differenziare la versione da 1,5 litri rinominandola 1500 C e facendola oggetto di importanti modifiche: passo allungato di 8 cm, motore potenziato d i 3 CV, freni a disco anteriori con servo freno: l’auto cresce ancora di livello ma a costo di un leggero imbruttimento generale: la calandra anteriore diventa otticamente più pesante ed i fanalini posteriori, nell’intento di radunare tutte le segnalazioni in un corpo unico, perdono originalità nel disegno; molti plaudirono allo spostamento del bocchettone carburante dalla coda alla fiancata nascosto da uno sportello, a noi invece è sempre piaciuta l’originaria idea di rendere simmetrici il tappo del serbatoio e la luce di retromarcia.
La versione italiana della Fiat 1300 venne sostituita dalla Fiat 124 nel 1966 mentre la 1500 C passò il testimone alla Fiat 125 nel 1967 dopo circa 1.900.000 esemplari complessivamente costruiti ai quattro angoli del mondo; la robustezza cui abbiamo accennato la portò infatti ad essere prodotta su licenza in Germania, Yugoslavia, Spagna ed Argentina fino al 1979.
Molto soggetta alla ruggine, la Fiat 116 in tutte le sue varianti a quattro porte è pressoché sparita dalle strade italiane; ne sopravvivono pochi esemplari quasi sempre molto ben conservati (nessuno si è mai sognato di restaurarne uno) cui però pare che nessuno sia interessato. È un peccato e non ne capiamo la ragione, dal momento che si tratta di un’automobile di importanza storica rilevante, capace di qualsiasi viaggio anche impegnativo, con un motore facilmente elaborabile, divertente da guidare e molto affidabile; per 6/7.000 Euro crediamo che il pacchetto sia sostanzioso, anche se difficilmente incontrerete poi un vero intenditore in grado di apprezzare la vostra scelta.
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