Burberry, Daniel Lee al debutto non sorprende
L’esordio di Daniel Lee alla direzione creativa di Burberry è stato l’atteso clou della breve fashion week londinese. Ma forse la pressione è stata troppa
di Angelo Flaccavento
2' di lettura
L’ansia del debutto non è certo facile da gestire. Si rischia di fare troppo, o troppo poco. Se poi il business è da tre miliardi di sterline, ce ne è abbastanza da far tremare le vene e i polsi. L’esordio di Daniel Lee, già mastermind del fortunato capovolgimento di Bottega Veneta, alla direzione creativa di Burberry, il gigante britannico del trench e di una britishness accattivante e comprensibile, è stato l’atteso clou della breve fashion week londinese. Così atteso da mancare il colpo. Troppa pressione, da ogni lato. Di certo ci si aspettava il turnaround immediato, dimenticando forse che quello con Bottega è stato un rapporto interruptus, bruscamente e platealmente.
La sindrome di Bottega peró è evidente: ricerca spasmodica di un cool factor fatto di gigantismo delle forme, di una certa ruvidità e crudezza, di contrapposizioni eclatanti - piume e stivaloni di gomma, ad esempio. Ma a questo giro manca la volontà di sintesi. Forse per paura di dimenticare qualche segmento di mercato, dai giovani logomaniaci alle sciure con la vestina e la borsa dell’acqua calda, si aggiunge roba su roba, si impila invece di sottrarre, e il risultato è un po’pasticciato, deragliante per ogni dove.
Senza dire che certo, qui lo spirito Brit è importante, ma ridurlo a tartan e rose è un po’ un luogo comune da manuale. Sia chiaro: si tratta di un esordio, e come tale va valutato: il tentativo di percorrere una strada, da aggiustare e calibrare in corso d'opera. È che da Daniel Lee ci si aspettava un segno più forte e personale, un rifiuto più deciso dei cliché a questo punto ovvi come qualche omaggio di troppo a Vivienne Westwood.
Quel che si è visto invece è stato l’accrocchio tipico di certo stile londinese: comune e nulla affatto sorprendente. Ciò detto, il marasma pullula di pezzi desiderabili, scarpe e maglioni in primis, e non c’è nulla che un buon piano di merchandising non possa trasformare in hit, subito, al primo colpo. La moda con la M maiuscola, peró, è altro.
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