l’inchiesta sulla vendita in italia

Business illecito di gasolio libico: i presunti rapporti fra i trafficanti e il ministero degli Esteri di Malta

di Ivan Cimmarusti

(Agf)

2' di lettura

Una rete di amicizie ai più alti vertici del ministero degli Esteri di Malta avrebbe permesso gli illeciti traffici di gasolio dalla Libia verso l’Italia, dove il «prodotto petrolifero veniva nazionalizzato nei porti di Venezia Porto Marghera, Augusta e Civitavecchia». La vasta truffa che ha «inquinato» il mercato petrolifero italiano ed europeo, ora trova nuovi spunti nelle informative investigative della Guardia di finanza catanese. Accertamenti che implicitamente vanno a confermare la presunta corruzione di parte della politica maltese, come già denunciata nelle note inchieste della blogger uccisa Daphne Caruana Galizia.

Immessi 82 milioni di kg di petrolio illecito
L’inchiesta nei giorni scorsi ha consentito di portare all’arresto di «un’associazione per delinquere» composta da italiani, maltesi e libici, che importava dalla raffineria di Zuwara (circa 100 chilometri a ovest di Tripoli) prodotto petrolifero illecito con la presunta compiacenza di alcuni soggetti legati alla National Oil Company (Noc), compagnia nazionale libica che ha il monopolio delle esportazioni di greggio. Stando alle rielaborazioni investigative, risulta trafugato «gasolio 0,1 di zolfo, pari a kg. 82 milioni 109mila 550, per un ammontare complessivo di 26 milioni 826mila 416 euro». Gasolio che una volta nazionalizzato in Italia «veniva re-immesso nel circuito economico legale» dalle società «Maxcom Petroli e Delta Energy, appartenenti - si legge negli atti - alla holding del gruppo Maxcom». C’è da dire che con una nota la società ha già dichiarato «la propria completa estraneità ai reati che vengono contestati e la propria profonda sorpresa per l’accaduto» aggiungendo che «la società procederà ad una indagine interna, anche avvalendosi di advisors indipendenti di elevato profilo».

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La riunione al ministero degli Esteri di Malta
Gli accertamenti investigativi hanno permesso di far luce sulla rete di documentazioni illecite, confezionate appositamente per consentire il traffico del petrolio. Ed è indagando su questo fronte che sono emersi i contatti con personaggi influenti del ministero degli Esteri. Addirittura, in almeno una occasione, uno dei principali indagati, il maltese Darren Debono, risulta aver partecipato a una riunione al ministero del 29 gennaio 2016. In una telefonata del 3 giugno 2016, invece, Debono parla col referente in Italia della Maxcom, Marco Porta. Spiega che si trova al ministero assieme a una dirigente: «C’è una donna di 55 anni che è 30 anni che lavora qua e sta dicendo: “Ahh io comando, io faccio questo perchè solo io posso firmare”…ehm e prima il ministro neanche mi dice…ehm…di firmare ma era tutto ok». Il riferimento, secondo gli inquirenti, è ad alcune documentazioni che la dirigente doveva confezionare.

I documenti maltesi per agevolare il commercio illecito
Gli investigatori hanno ricostruito la vicenda: si tratta di due atti riportanti l’effige “Legalisation Officer” del ministero degli Affari Esteri maltese, a firma di K. M., utilizzati per «legalizzare» i certificati relativi alla provenienza del gasolio. Secondo la Guardia di finanza «tale complesso stratagemma documentale, evidenziava la notevole capacità del gruppo criminale di produrre, di volta in volta, documenti mendaci sfruttando la rete di complicità possedute a Malta da Darren Debono. La predetta condotta delittuosa veniva posta in essere attraverso la fattiva collaborazione del predetto funzionario maltese, il quale legalizzava ufficialmente un documento utilizzato nelle operazioni commerciali ai fini doganali».

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