Buti: «Per il patto di stabilità doppio passaggio verso le nuove regole a misura di paese»
Il capo di gabinetto del commissario Ue all'Economia:«In autunno si parte,: prima con una comunicazione della commissione per delineare le linee guida del nuovo meccanismo e poi, dopo la griglia dei confronti con i singoli Paesi, con le proposte legislative destinate a cambiare i regolamenti»
di Gianni Trovati
2' di lettura
Sarà in due tappe il percorso che a partire dal prossimo autunno proverà a portare l'Eurozona verso il nuovo sistema di regole fiscali chiamato ad archiviare l'attuale Patto di stabilità sospeso ancora per tutto il 2023. Sospensione che, ha sottolineato il capo di gabinetto del commissario Ue all'Economia Marco Buti nei suoi interventi al Festival dell'Economia di Trento, non va intepretata come un “liberi tutti” perché livelli di debito troppo elevati come quello italiano vanno ridotti; e soprattutto perché il percorso verso le nuove regole impone un complesso incrocio negoziale negli assi Nord-Sud ed Est-Ovest.
In autunno insomma si parte, ha spiegato Buti: prima con una comunicazione della commissione per delineare le linee guida del nuovo meccanismo e poi, dopo la griglia dei confronti con i singoli Paesi, con le proposte legislative destinate a cambiare i regolamenti. Come?
I principi chiave sono chiari, e arrivano dall'esperienza non felicissima del passato recente con i suoi vincoli uguali per tutti che hanno avuto effetti pro-ciclici e hanno spinto i Paesi più indebitati a frenare gli investimenti più della spesa corrente. Per evitare una replica che nella pioggia attuale di shock esogeni e con i debiti gonfiati dal Covid sarebbe disastrosa, l'idea è quella di un sistema di vincoli sartoriali, adattati alla condizione dei singoli Paesi, con l'obiettivo di delineare una “progressiva e credibile discesa del debito” in rapporto al Pil puntando alla spinta alla crescita più che ai freni generalizzati alla spesa.
La filosofia è quella della Recovery and Resilience Facility: un Patto fra l'Unione europea e il singolo Stato che si “autovincola” al rispetto di obiettivi infrastrutturali, digitali e verdi certificati dalla Commissione in cambio di un percorso più graduale di riduzione del debito pubblico. A patto, ovviamente, di riuscire a costruire un accordo politico in una governance europea che impone una complicatissima ricerca dell'unanimità fra interessi spesso divergenti.
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