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Italia in crisi demografica: i giovani e le donne emigrano

Il Rapporto Italiani nel mondo 2023: «Grave questione giovanile». Sempre più donne con la valigia. E non si parte più solo dal Sud

di Manuela Perrone

Rientro dei cervelli, la paura e la delusione di chi ora teme di non rientrare

6' di lettura

Bye bye Italia. Negli ultimi 18 anni la comunità degli italiani residenti all’estero è aumentata del 91%, sfiorando i 6 milioni: le donne sono cresciute del 99,3%, i minori del 78,3% e gli over 65 del 109,8%. Le partenze per espatrio sono salite del 44,9%. E sono i giovani gli expat per eccellenza: ben il 44% degli 82mila espatriati nel 2022 (diretti al 75,3% verso l’Europa) sono italiani tra i 18 e i 34 anni, aumentati del 2% rispetto al 2021, nonostante per questa motivazione si sia registrato un calo generale del 2,1% (-1.767) nelle iscrizioni all’Anagrafe degli italiani all’estero e nonostante i numeri non siano tornati ai livelli prepandemici. Come se la decisione di lasciare il Paese venisse presa con meno spavalderia e più preoccupazione.

Di «grave questione giovanile di cui farsi carico» parla esplicitamente il Rapporto italiani nel mondo 2023 della Fondazione Migrantes presieduta da monsignor Gianfranco Perego, presentato oggi a Roma con la partecipazione del presidente della Cei, il cardinale Matteo Maria Zuppi, il presidente dell'Istat, Francesco Maria Chelli, e Mauro Magatti, sociologo ed economista dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

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L’Italia nel mondo cresce: 5,9 milioni gli iscritti all’Aire

Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’Aire erano 5,93 milioni, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti entro i confini nazionali. Il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni, i minori sono più di 855mila (14,4%). Il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni, mentre gli over 65 anni sono il 21,1%. Il cammino è inverso: si gonfia il Paese fuori (+2,2% in un anno, +127.350 unità), si svuota quello dentro (-132.405 persone, -0,2%). La pandemia ha soltanto rallentato il fenomeno: le iscrizioni all’Aire aumentavano con un ritmo verso il 3% annuo, circa 150mila in più ogni dodici mesi. Ma ormai «la mobilità - si legge nel documento - è per l'Italia un fenomeno strutturale alla sua dinamica economica, sociale e culturale, in quanto continua e permanente». Dal 2006, anno della prima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo – a oggi, la presenza degli italiani residenti all'estero è aumentata del 91 per cento.

Dal 2020 persi oltre 790mila residenti

Parallelamente, tutte le Regioni presentano popolazioni residenti in decrescita. In cima alla classifica, guardando ai valori assoluti, ci sono la Toscana (oltre 25mila residenti in meno), il Veneto (-16mila) e la Lombardia (-14 mila). Solo Campania e Sicilia marciano debolmente in direzione opposta, con la prima che annovera quasi 1.500 residenti in più e la seconda con quasi 500. Dal 2020, l'Italia ha perso oltre 790mila residenti e proprio la Campania (-2,1%), la Calabria (-2,8%), a Sardegna (-2,3%) e le Marche (-2,1%) registrano le percentuali più alte rispetto al livello nazionale (-1,3%). La Sicilia, invece, dal 2020 ha perso l'1,5% della sua popolazione residente.

Le due “falle” del Paese

Il Rapporto identifica due “Italie”: una che «si perde tra spopolamento, longevità, crisi demografica e sfiducia diffusa»; l’altra che invece all'estero «si rinvigorisce sempre più aumentando le sue dimensioni e la sua forza e accrescendo la sua complessità». Nel tempo, si è ridotta la quota degli italiani residenti all’estero di origine meridionale: era il 58,5% nel 2006 contro il 31,2% del Nord; è il 46,5% oggi, contro il 37,8% del Nord. Nell’ultimo decennio, in particolare, le partenze dal Centro-Nord sono diventate importanti. Ma spesso la mobilità interna precede quella verso l'estero. L’itinerario parte dal Mezzogiorno per dirigersi prima nel Settentrione e poi all’estero.

Sempre più donne con la valigia

Dal 2006 è praticamente raddoppiata (+99,3%) la presenza di donne tra gli iscritti all’Aire: oggi le residenti all’estero sono 2,8 milioni, il 48,2% del totale. Se nelle precedenti ondate migratorie, le partenze erano spinte dai ricongiungimenti familiari con gli uomini già partiti in precedenza, stavolta a lasciare il Paese sono donne moderne e dinamiche, dotate di competenze qualificate, motivate spesso «dalla prospettiva di una vita indipendente, di un maggior benessere economico e di una carriera professionale più gratificante». È l’aspirazione a fare carriera e a livelli retributivi più alti, traguardi difficili per le italiane in patria, a spingere la migrazione.

Il gender gap nelle pensioni

Se le pensionate residenti all’estero sono più rappresentate rispetto agli uomini (53%), l’importo totale loro destinato è però solo il 41,5% del totale pagato all’estero. Come mai? In parte - spiega il Rapporto - conta il numero elevato, tra le diverse tipologie di pensione, di quelle ai superstiti (53,9%) loro destinate, caratterizzate da importi più bassi rispetto agli assegni diretti; in parte dipende dal fatto che molte pensioni di vecchiaia sono destinate a straniere, spesso conseguite con il minimo contributivo e derivanti da lavori poco retribuiti. Naturalmente incide anche il gender pay gap: per le sole pensioni di vecchiaia pagate all'estero, infatti, l'importo medio degli uomini è pari a 574,64 euro (per i residenti in Italia a 1.703,15 euro), mentre quello delle donne è di 387,46 euro (960,7 euro in Italia). Nella media generale, l'importo delle pensioni delle donne residenti all'estero risulta essere di 354,05 euro (in Italia di 772,75 euro), a fronte di quello maschile che risulta di 563,4 euro (in Italia di 1.333,54 euro).

In Europa il 58% degli assegni previdenziali all’estero

Il numero di pensioni pagate all'estero negli ultimi cinque anni è in diminuzione (-6,2%), ma non in tutte le aree: in Europa, dove viene pagato il 58% del totale degli importi fuori confine, aumentano (+4,3%) e, per quanto riguarda le sole pensioni di vecchiaia, che rappresentano il 71,8% del totale delle pensioni pagate nella nostra area continentale, l'incremento è addirittura pari a +10%. Crescono anche nel quinquennio le pensioni che Inps paga in America centrale, in Asia e in Africa (rispettivamente + 38,9%, + 34,9% e +30,3%). Quanto agli importi, l'Europa incide per il 65,8%, seguita, a distanza, da America settentrionale (10,4%) e America meridionale (9,1%).

Gli anziani si spostano verso figli e nipoti

La particolarità nelle partenze degli over 65 - nel 2023 sono state 4.300 quelle con la sola motivazione “espatrio” (+17,8% per chi ha 65-74 anni, + 15,1% per chi ha 75-84 anni e +5,3% per gli over 80) - sta nelle cause: certo incidono la ricerca di luoghi esotici più amati dal punto di vista culturale o climatico, l’attrazione dei Paesi con politiche di defiscalizzazione, come il Portogallo, o il desiderio di posti sponsorizzati anche dalle agenzie nate proprio per accompagnare la terza età nel processo migratorio, ma - osserva il rapporto - «quella che, dall'incrocio dei dati, appare come la ragione più battuta è che gli anziani vanno negli stessi luoghi dove si sono trasferiti figli e nipoti». Una sorta di processo di ricongiungimento familiare moderno» fortemente sottostimato, perché spesso non accompagnato da un cambiamento formale di residenza.

In dieci anni 443mila rientri

Nel decennio 2012-2021 i rimpatri dall’estero dei cittadini italiani sono più che raddoppiati, passando da 29mila a 75mila. In tutto i rientri sono stati 443mila, due su cinque da un Paese dell’Unione europea, Germania e Regno Unito (da Brexit in poi) in testa. Ma il volume dei connazionali che tornano in patria non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all'anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole, facendo registrare saldi migratori sempre negativi. Le agevolazioni fiscali contro la “fuga dei cervelli” introdotte con il Dl 34/2019 sono state efficaci: il numero dei rientri è raddoppiato. Dove si fa più fatica a essere attrattivi è sulla classe di età 30-40 anni, «perché è in questa fascia che si concentrano le famiglie con figli minori, che sono più difficili da spostare». L’Italia non è un Paese per giovani e nemmeno per famiglie.

I tre diritti: a restare, a migrare e a tornare

«Il diritto a restare, il diritto a migrare, il diritto di ritornare sono tre facce dello stesso dilemma esistenziale provato dal migrante», scrivono monsignor Perego e monsignor Pierpaolo Felicolo, rispettivamente presidente e direttore generale della Fondazione Migrantes. «Il ritorno presuppone un territorio e una comunità che siano rimaste ad aspettare, che ti riconoscano e che ti valorizzino nel cambiamento che la migrazione ha necessariamente prodotto nella persona migrante, nel suo status (di persona, lavoratore, genitore, membro di una coppia e di una comunità) e nei suoi ruoli. Fare della migrazione un diritto davvero libero è il compito che ci attende come persone e come Chiesa».

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