C’è sempre il Piano B: parla italiano la pizzeria dei nuovi Erasmus a Maastricht
di Alessandro Marzo Magno
4' di lettura
La scena si ripete quasi tutti i giorni, qualcuno entra nella group room della biblioteca universitaria di Maastricht dove si ritrovano gli studenti italiani – un nucleo di anno in anno sempre più numeroso – e dice ad alta voce: «Piano B». Due, tre ragazzi si alzano, escono, e vanno a mangiarsi una pizza che non ha nulla da invidiare a quelle che si potrebbero trovare in Italia.
Già, perché la storia di questo locale in Olanda è significativa ed è legata alla crescente presenza di studenti italiani all'estero.
Sarebbe però ingeneroso definire il Piano B un locale per italiani: è stato votato al secondo posto tra le pizzerie dei Paesi Bassi, le ferrovie olandesi lo hanno inserito tra le dieci cose da vedere a Maastricht (dopo la strepitosa cattedrale/sepolcreto dei re carolingi), è stato il primo forno a legna della città e ora ce ne sono cinque e c'è chi viene dai vicini Germania e Belgio per gustarsi le pizze: la medaglia va a una coppia belga che si sobbarca ogni volta quaranta chilometri per raggiungere il locale.
La storia della prima a più celebre pizzeria di Maastricht comincia nel 2014, quando quattro distinti signori abruzzesi, per la precisione di San Salvo, in provincia di Chieti, decidono di aprire un locale all'estero. Sono un architetto, un esperto contabile, un factotum e un pizzaiolo, pensano all'Australia, ma le difficoltà burocratiche e i costi per i permessi sono troppo alti e così optano per il piano B: Maastricht, per l'appunto e il ripiego diventa anche il nome del locale, al tempo pizzeria per asporto.
Non è un successo, nessuno la conosce e i soci cominciano a litigare, non passa neanche un anno e decidono di vendere. Ed ecco che la pizzeria- zucca si trasforma in pizzeria-cocchio dorato. La notizia che il locale fosse in vendita giunge all'orecchio di Andrea Massari, nato a Verona da genitori pugliesi e poi rientrato a Lecce, laurea in giurisprudenza a Pavia, master in risorse umane, un'esperienza di due anni in un'azienda avicola marchigiana, e un matrimonio con una ragazza belga conosciuta durante l'Erasmus a Bercellona. Andrea aveva deciso di trasferirsi nel paese della moglie, non lontano dal confine con l'Olanda e aveva trovato lavoro proprio a Maastricht.
Location, location, location
Sa, quindi, che il vero asso nella manica della pizzeria è la posizione: a duecento metri all'università, con il suo continuo via vai di studenti che beneficiano di uno sconto del 10 per cento.
Andrea trova due colleghi, Stefano e Alessandro, entrambi romani, disposti a seguirlo nell'avventura (tutti e tre rimangono dipendenti e dopo il lavoro si dedicano alla pizzeria che è aperta solo la sera, dalle 17 alle 22). Dei vecchi soci abruzzesi uno, Daniele, il factotum, decide di rimanere e di mettere a disposizione la propria esperienza. Aveva aiutato il pizzaiolo originario, e pensa di potercela fare a diventare pizzaiolo a sua volta. Ce la fa. È lui la colonna del locale, quello sempre presente.
La pizzeria Piano B riapre, questa volta anche con i tavolini per mangiare nel locale, nel febbraio 2015: va come un treno. Anno dopo anno, cresce, il lavoro è tanto e i soci si trasformano in datori di lavoro. Ora nel locale ci sono anche Mattia e Daniele (un altro Daniele), di Trani; Luca, di Tivoli; Lorenzo, di Rizziconi, in provincia di Reggio Calabria. E alla reception aiutano Tommaso, Valerio ed Alessandra.
Le incomprensioni burocratiche
Piano B, come detto è diventata un esempio, come detto: le altre quattro pizzerie con forno a legna sono pure quelle gestite da italiani o, in un caso, da una pizzaiola olandese che aveva imparato a Napoli a fare la pizza gourmet.
Proprio il forno a legna è stato al centro di un'incomprensione burocratica, era stato costruito dai precedenti gestori, quindi del tutto artigianale. Andrea ricorda: «Viene l'ennesima ispezione da parte di un vigile del fuoco: controlla, vede, misura, ispeziona. A un certo punto fa: “Ok, va bene, però dovete praticare un foro qui” e indica la parte opposta della bocca. Lo guardiamo e gli rispondo: “Se vuoi il foro te lo facciamo, ma poi qui non abbiamo più un forno, bensì una caldaia”. Lo convincemmo che l'unico buco doveva rimanere la bocca».
Poco marketing, solo sostanza e passaparola
«Prepariamo una pizza tipo napoletana», continua Andrea Massari, «nel senso della preparazione, della cottura e cornicione alto, ma non abbiamo alcun attestato che fa di noi una pizzeria napoletana tanto è vero che non ci permettiamo di attribuirci titoli che non ci spettano. Non abbiamo alcun sito – ci stiamo lavorando adesso, dopo cinque anni è tempo – non facciamo pubblicità, abbiamo solo una pagina Facebook. La pizzeria non ha insegne. I clienti sono venuti da noi solo perché la pizza è piaciuta. Tramite il passaparola ci hanno conosciuto prima e fatti conoscere poi. Abbiamo cercato di portare un po' di Italia fuori dal confine, una Italia che rispetti i cliché che nei Paesi Bassi si aspettano da noi: un locale rumoroso, del personale amichevole ed una buona pizza. È esattamente ciò che offriamo. Adesso a Maastricht ci conoscono tutti».
Il pizzaiolo ha cambiato un po' la composizione delle farine, in modo da ottenere una pasta più croccante, quella che va di più, spiega Massari, è sicuramente la pizza con la mozzarella di bufala. «Ma va benissimo anche quella col salame piccante tipico dell'Abruzzo, la ventricina. Gli ingredienti sono tutti italiani, certificati. Il fatto che gli italiani siano emigrati ovunque ci ha aiutato, basta cercare che trovi praticamente tutto: un sardo ha quel prodotto lì, un siciliano quell'altro. Altri li ordiniamo direttamente dall'Italia».
Benvenuti al Piano B, ma più che un piano B il locale sembra essere una pizzeria-Erasmus, più che mai la passo con la voglia di abolire i confini.
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