C’erano una volta i Pigs: i tassi decennali del Portogallo finiscono sotto zero
Per la prima volta nella storia il rendimento dei titoli decennali del Portogallo scende sotto lo zero. Merito della Bce, ma non solo. Ecco i numeri
di Morya Longo
3' di lettura
La sorte, talvolta, è davvero ironica. Così capita che mentre è in corso la tanto discussa riforma del Mes, con il Parlamento italiano in subbuglio e il Governo Conte sulle spine, uno dei Paesi che il Mes l’ha usato davvero in passato vede per la prima volta i rendimenti dei suoi titoli di Stato decennali scendere sotto zero. Si tratta del Portogallo: i suoi titoli sono infatti sprofondati sul finire della giornata di martedì 8 dicembre a -0,006%. Sotto zero. Mai accaduto nella storia.
Sembra passato un secondo da quando il Paese iberico apriva, con la sua “P”, l’acronimo «Pigs»: quello che indicava in maniera dispregiativa i Paesi dell’Eurozona in crisi o in difficoltà sui mercati (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna). Sembra passato un secolo da quando, nel 2011, Lisbona ha dovuto chiedere aiuto al Fondo salvastati perché lo spread tra i suoi titoli di Stato decennali e i Bund tedeschi era volato a 1.179 punti base rendendo impossibile reperire fondi sul mercato. Sembra passata un’era geologica dalla crisi dei debiti sovrani: oggi il Portogallo è il primo Paese dei vecchi “Pigs” a varcare la soglia dei rendimenti negativi anche per la scadenza decennale dei titoli di Stato.
L’azione della Bce
Il “miracolo” è dovuto in gran parte alla politica della Banca centrale europea, che con il suo programma di acquisti di titoli di Stato (sia il tradizionale quantitative easing, sia quello pandemico chiamato Pepp) sta schiacciando verso il basso i rendimenti di tutti i titoli di Stato europei.
Ormai solo pochi Paesi dell’Eurozona hanno ancora titoli di Stato decennali costretti a pagare tassi d’interesse positivi: la Spagna (che però sta seguendo le orme del Portogallo dato che i suoi titoli decennali rendono lo 0,031%), l’Italia (ben più alta allo 0,555%), la Grecia (0,641%%) e Stati piccoli come Cipro (0,187%), la Lituania (0,073%) e Malta (0,245%). Ma anche per questi Paesi i rendimenti sono calati tantissimo, raggiungendo in molti casi il minimo storico.
I meriti di Lisbona
Ma se il Portogallo è il primo tra i Paesi un tempo chiamati «Pigs»a varcare la soglia del tasso negativo, un motivo va cercato anche nella sua capacità di ripresa dopo aver usato il Fondo Salvastati nel 2011. Dal 2012 a fine 2019, prima che la pandemia di Covid mettesse il mondo in ginocchio, il Portogallo ha infatti registrato una crescita del Pil cumulata del 26,1% secondo i dati di Datastream: più della media dell’Eurozona (21,7%), più della Spagna (+20,8%) e ben più del doppio dell’Italia (10% cumulato).
Anche il rapporto tra debito pubblico e Pil (guardando i dati Eurostat) è migliorato molto: dopo aver toccato un picco massimo nel 2014 al 132,9% (praticamente pari al 135,4% toccato dall’Italia sempre nel 2014), il Portogallo ha registrato una forte cura dimagrante: a fine 2019 (dunque prima del Covid che ha sconquassato i conti pubblici di tutti) il rapporto tra debito e Pil portoghese era sceso al 117,7%. Nello stesso periodo - per capire la differenza - il rapporto debito/Pil dell’Italia è rimasto sostanzialmente stabile, arrivando a 134,8% nel 2019. Questo ha premiato Lisbona sui mercati, anche se - come detto - i tassi negativi sono dovuti alla straordinaria politica della Bce.
L’impatto sociale della cura
Si potrebbe temere che questa cura dimagrante del debito portoghese sia stata fatta a discapito del tessuto sociale. In realtà, però, anche qui i numeri di raccontano una storia un po’ diversa. Il tasso di disoccupazione in Portogallo era al 12,9% nel 2011 (fonte Datastream), quando il Paese chiese aiuti al Mes. Maggiore dunque al 10,2% medio dell’Eurozona sempre nel 2011. La cura del Mes ha provocato nei primi anni una forte contrazione del lavoro (nel 2013 il tasso di disoccupazione in Portogallo era arrivato al 16,5%, contro il 12% medio dell’Eurozona e il 12,1% dell’Italia), ma poi la situazione è notevolmente migliorata: a fine 2019 il tasso di disoccupazione in Portogallo era al 6,6%, contro il 7,6% medio dell’Eurozona e il 9,9% dell’Italia.
Se si guardano altri indicatori sociali il messaggio è lo stesso: all’inizio della cura il Portogallo ha sofferto, poi è migliorato molto. Secondo l’Eurostat nel 2011 il 24,4% della popolazione portoghese era a rischio di povertà o di esclusione sociale. Più della media europea (22,9%). Poi la situazione è peggiorata, arrivando al picco del 27,5% del 2013 e del 2014. Ma successivamente è migliorata: a fine 2018 (ultimo dato disponibile) il 21,6% della popolazione portoghese era ancora a rischio di povertà. Dato perfettamente in linea con la media dell’Eurozona nello stesso anno: 21,6%. L’Italia ha invece un tasso ancora al 27,3%.
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