Cacio Romano vince la battaglia contro il Pecorino Romano Dop. I Consorzi: un autogol per l’Italia
Origin Italia critica con la sentenza della Cassazione: servono norme adeguate e precise che non permettano le imitazioni dei prodotti a marchio
di Giorgio dell'Orefice
2' di lettura
Chi pensava che la tutela dei marchi Dop e Igp avesse subito un grave attacco dalla richiesta di registrazione come menzione tradizionale dei nomi “Prosek” (Croazia) e “Balsamico” (Slovenia) e che questo attacco fosse tanto più difficile da digerire perché giunto dall'interno dei confini comunitari doveva ancora vedere la sentenza della Corte di Cassazione italiana sul Cacio Romano. La sentenza giunta il 20 marzo che autorizza la coesistenza sul mercato di Pecorino Romano Dop e di “Cacio Romano” rischia ulteriormente di indebolire la tutela dei marchi Dop. Per giunta il nuovo attacco alle denominazioni avviene all'interno di uno Stato membro, l’Italia, tra i principali produttori di prodotti Dop e Igp.
Sono molto dure le reazioni del mondo produttivo alla sentenza con la quale i magistrati di Piazza Cavour hanno sancito che il “Cacio Romano” potrà continuare a essere commercializzato con questo nome in quanto «non vi è alcun rischio di confusione per la diversità tra i prodotti e considerata l’assenza di similitudine fonetica con il Pecorino Romano».
Con questo verdetto la Corte di Cassazione ha confermato quanto deciso ad agosto 2018 in Corte di Appello, e ha così definitivamente respinto il ricorso presentato dal Consorzio per la Tutela del Pecorino Romano dichiarando lecito l’uso del marchio “Cacio Romano”.
«Una decisione che ovviamente ci lascia molto amareggiati – ha commentato il presidente del Consorzio del Pecorino Romano, Gianni Maoddi –. Si vanificano così tutte le attività dedicate a spiegare al mondo il valore delle nostre eccellenze e il loro impatto sulle filiere, con una sentenza frettolosa che butta via anni di sacrifici e di duro lavoro. La politica non può interessarsi soltanto a quello che succede fuori dai confini nazionali, ma deve apprendere che i problemi seri di evocazione avvengono in casa nostra e pertanto non può girarsi dall’altra parte e ignorare quanto avviene».
«I problemi sulla difesa delle denominazioni ad Indicazione Geografica riguardano anche casa nostra, come dimostra la sentenza della Cassazione sul Pecorino Romano Dop – aggiunge il presidente di Origin Italia (l’associazione dei consorzi di tutela dei prodotti Dop e Igp italiani) Cesare Baldrighi –. Tanto più grave se pensiamo alla battaglia legale europea ancora in corso sul Prosek e sull’aceto balsamico della Slovenia. Come se non bastasse, mentre è in fase di approvazione il nuovo quadro normativo comunitario sulle Indicazioni Geografiche, che sta vedendo il nostro Paese e la nostra organizzazione battersi per una più incisiva tutela verso le emulazioni. Origin fa un appello quanto mai urgente, visto il gravissimo fatto accaduto, alla politica affinché emani norme adeguate e precise contro le evocazioni dei prodotti Dop e Igp che non consentano più interpretazioni così dannose per il sistema food di qualità nazionale da parte dei tribunali italiani».
La sentenza degli ermellini – concludono a Origin Italia – scardina così tutti i progressi fatti nella protezione delle Indicazioni Geografiche che quotidianamente combattono con prodotti che sfruttano la loro notorietà e traggono in confusione i consumatori. Tale decisione rischia pertanto di indebolire l’intero sistema, già oggetto di continui attacchi da parte di imitazioni estere.
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