ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl peggior dato da gennaio 2021

Cade il Made in Italy a settembre: -7,2%

di Luca Orlando

2' di lettura

India, Giappone, America Latina. L’elenco delle aree positive in termini di vendite di merci italiane termina qui, offrendo subito a colpo d’occhio il senso della rilevazione Istat. Negativa a settembre sotto ogni punto di vista, con un calo di quasi sette punti rispetto al mese precedente, del 7,2% nel confronto annuo: per trovare dati peggiori occorre tornare ai tempi del Covid, a gennaio 2021. In valore assoluto si tratta di quasi due miliardi di incassi in meno per le aziende rispetto a settembre 2022.

Frenata, quella dell’export extra-Ue che coinvolge ogni area geografica, con riduzioni a doppia cifra per Stati Uniti, Regno Unito, Medio Oriente e Cina. A cui si aggiunge la conferma della riduzione verso la Russia, in calo del 9%. Discesa che in termini settoriali risparmia solo i beni strumentali, mentre cedono terreno beni di consumo durevoli e non, così come gli intermedi. Con il dato di settembre va così a restringersi il guadagno del 2023, limitato ora al 3,7% per le vendite extra-Ue.

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Un quadro, quello che si delinea ora, radicalmente diverso rispetto a quanto accadeva nel 2022, caratterizzato da una domanda globale ancora tonica e da una spinta inflattiva rilevante che spingeva verso l’alto i listini, in particolare per i beni ad alto contenuto di energia. Nei primi nove mesi del 2022 l’export extra-Ue poteva così superare i 215 miliardi di euro, in crescita di oltre il 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ogni mese dell’anno, ininterrottamente, aveva presentato un incremento a doppia cifra, spesso superiore al 20%. Con il picco di crescita (+26,9%) evidenziato proprio nel mese di settembre. Dati non brillanti che probabilmente non verranno ribaltati dalle commesse europee, tenendo conto dei risultati recenti dei nostri due principali mercati di sbocco, Germania e Francia, entrambi in territorio negativo dal lato degli acquisti nell’ultima rilevazione Istat di agosto. E in effetti, nelle valutazioni delle imprese sugli ostacoli alla produzione, in quasi 23 casi su cento si segnala al primo posto la debolezza della domanda: si tratta del dato più alto dalla fine del 2020.

Se dal lato delle vendite non c’è euforia, il cambiamento intervenuto in termini di importazioni (-32%) è invece benvenuto. Lo scatto dei prezzi del gas lo scorso anno aveva generato un deficit commerciale rilevante (28 miliardi di euro nei nove mesi) mentre ora la discesa dei listini ha ribaltato la situazione, producendo tra gennaio e settembre un attivo di oltre 28 miliardi.

L’impatto geopolitico sugli scambi è visibile in particolare nei confronti della Russia. Nei primi nove mesi del 2022 la frenata dell’export e il balzo delle importazioni in valore per effetto della corsa dei prezzi del gas producevano un disavanzo commerciale nei confronti di Mosca superiore ai 18 miliardi, oggi siamo addirittura in attivo per 17 milioni di euro.

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