Calcio, Giorgetti: regole chiare per sostenibilità sistema, società contribuiscano a costruzione stadi
Il ministro dell’Economia è intervenuto alla presentazione del libro: “Soldi vs Idee. Come cambia il calcio fuori dal campo”: «Lo Stato può aiutare ma i proprietari delle squadre devono metterci del loro»
di Andrea Carli
I punti chiave
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Se, come diceva Agatha Christie, un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi fanno una prova, allora il fatto che il termine “sostenibilità” sia ricorso come un mantra nelle parole del presidente della Figc Gabriele Gravina, del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e di Carolina Morace, una sportiva che il calcio lo ha fatto e lo ha allenato, mette in evidenza che probabilmente è proprio lì la chiave di lettura per il presente e il futuro del sistema del pallone. I tre sono intervenuti alla presentazione a Roma del libro “Soldi vs Idee. Come cambia il calcio fuori dal campo” (edito da Mondadori Electa), scritto a quattro mani da Michele Uva e Maria Luisa Colledani.
«La Premier League - ha ricordato Colledani - da sola ha sommato in occasione del calcio mercato estivo circa due miliardi di euro, un budget pari a quello messo sul piatto dalle altre leghe europee. Questo dato ci ha fatto pensare che forse i soldi non ci sono più, e che fosse giunto il momento delle idee. Gli inglesi hanno abbandonato il campanilismo e hanno fatto sistema. Basta osservare quello che accade Oltremanica per capire come si fa». Anche perché, come ha spiegato Uva, «il calcio è un volano positivo per l’economia, purché il tutto rimanga nelle regole e nel rispetto della sostenibilità».
Giorgetti, regole chiare per sostenibilità sistema
Giorgetti ha posto l’accento sui due volti del calcio attuale. «Lo sport e il calcio hanno una dimensione sociale pazzesca, ma hanno anche una dimensione economica - ha ricordato il responsabile dell’Economia -: il movimento è uno, indissolubile, ma lo sport di vertice esige, proprio perché mobilita tanti interessi e ha a che fare con la competizione internazionale, un sistema di regole, anche sotto il profilo della sostenibilità finanziaria. Regole chiare e trasparenti, uguali per tutti e che permettano al sistema di sostenersi». Giorgetti ha sottolineato che «è difficile per la politica stanziare risorse per lo sport professionistico in una fase in cui non ci sono risorse per gli altri settori. Il sistema calcio oggi consuma ricchezza, non la produce. È un vero peccato che il nostro prodotto calcio non riesca ad avere uno spazio nel sistema globale».
«Le società devono contribuire alla costruzione degli stadi»
Il responsabile del Mef ha portato l’esempio della Premier League, la massima serie del campionato inglese di calcio: «È in atto un effetto di polarizzazione - ha spiegato : ma il campionato che polarizza, in questo caso quello inglese, attrae i migliori talenti, a discapito degli altri». Che fare? Secondo il responsabile del Mef «occorre trovare la formula che valorizza il calcio come espressione del territorio e dei tifosi». La partita si gioca anche sul campo delle infrastrutture, a cominciare dagli stadi: «Non si può pretendere che se ne occupino i Comuni, lo Stato può aiutare ma devono contribuire anche le società, i proprietari delle squadre devono metterci del loro. Non si può aspettare che le risorse piovano dal cielo. L’idea imprenditoriale deve essere alla base del sistema, in un’ottica industriale».
Gravina: spesso si confonde sostenibilità con crescita
Gravina ha posto l’accento sul fatto che troppo spesso si confonde il concetto di “sostenibilità” con quello di “crescita”. «Il calcio italiano ha problemi, non lo nascondiamo - ha affermato -. Ma sta scoprendo il senso della sua multidimensionalità. «Lo stato di salute del calcio è strettamente legato a un fenomeno che purtroppo si trascura sempre di più, quello della globalizzazione e dell’impatto delle regole di mercato - ha aggiunto -. Quando si parla di sostenibilità c’è confusione, è un termine abusato. La si confonde con la crescita e quando si lavora solo sulla crescita ma non si valutano nella maniera corretta i costi è un disastro. Non ci può essere un’azienda solida e solvibile e quindi sostenibile con un rapporto del genere. Detto questo c’è un modello, quello inglese, che tuttavia ha avuto 62 amministrazioni controllate. Quindi la crisi economica legata alla solvibilità non riguarda solo il calcio italiano». Il calcio italiano «ha un disavanzo cronicizzato che supera abbondantemente i 4 miliardi di euro, coperto dai presidenti delle società».
«Progetto squadre B non arenato, va ripreso»
«Squadre B? Non è un progetto che si è arenato. È un progetto che bisogna riprendere e sarà fatto nel giro di 15-20 giorni, perché proprio oggi abbiamo istituito tavolo tecnico», ha continuato il presidente della Figc, commentando le seconde squadre in Italia. Secondo Gravina «bisogna riformare il calcio italiano. Il mondo del calcio ha una dimensione straordinaria che merita di essere valorizzata nei suoi due asset fondamentali: giovani e infrastrutture. Sono gli unici che creano patrimonializzazione nei club». Poi, parlando del Decreto Crescita, ha concluso: «È stato un disastro per il calcio italiano, incentivando a prendere un calciatore straniero. Se non si crea premialità sul calciatore italiano perché io club devo investire su un nostro calciatore? Noi viviamo una crisi entropica. Se pensiamo di uscirne con piccoli provvedimenti federali o di governo sbagliamo. Non è il modo migliore. Si esce solo in un modo: cambiando verso e con una nuova cultura del mondo del calcio». Partendo dalla considerazione di Arrigo Sacchi. «Il calcio - ha detto l’allenatore che alla guida del Milan ha rivoluzionato negli anni Ottanta il modo del pallone - è la cosa più importante delle cose meno importanti».
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