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Calzature, ricavi trimestrali a +13,6%. Restano i timori su costi e manodopera

L’export (+16%) traina i conti ma in generale arrivano i primi segnali di rallentamento sia nelle quantità esportate sia nella produzione. L’84% degli imprenditori ha il problema del reperimento della manodopera

di Marta Casadei

(Adobe Stock)

2' di lettura

È partito all’insegna della crescita il 2023 del settore calzaturiero made in Italy. Nel primo trimestre 2023, secondo i dati elaborati dal Centro studi di Confindustria moda per Assocalzaturifici, l’industria italiana delle scarpe ha registrato una crescita del fatturato del +13,6% rispetto al periodo gennaio-marzo 2022. In salita a doppia cifra (+21%) anche il saldo commerciale.

I dati arrivano dopo un 2022 “da record” con ricavi per 12,65 miliardi di euro in salita del 23% rispetto al 2021, spinti anche dall’aumento dei prezzi legato sia all’inflazione sia all’incremento dei costi delle materie prime e dell’energia. Tema, questo dei costi di materie prime ed energia, che non ha smesso di preoccupare gli imprenditori italiani del settore, ma rappresenta - secondo un’indagine condotta sempre da Confindustria moda per conto di Assocalzaturifici - il problema più impattante sul bilancio delle aziende del settore. «L'indagine presso i nostri associati – rileva Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici – ha evidenziato come i costi elevati di energia e materie prime rappresentino attualmente il problema maggiore per le imprese calzaturiere, per il forte impatto sui bilanci aziendali. Le risposte raccolte hanno altresì confermato l'irrigidimento negli ultimi mesi dell’offerta di credito bancario segnalato da Banca d'Italia e da Istat: ben il 39% del campione (quota che sale al 51% non considerando le imprese che hanno dichiarato di non farvi attualmente ricorso) ha sperimentato un peggioramento in tal senso. L'analisi ha infine ribadito come il problema del reperimento di manodopera qualificata sia ritenuto rilevante per la propria realtà aziendale dall'84% degli imprenditori del settore».

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Tornando ai numeri del settore, i dati evidenziano l’ormai consolidato ruolo chiave delle esportazioni che nei primi tre mesi di quest’anno sono salite del 16,1% in valore. Se i primi 20 clienti stranieri delle calzature italiane (eccetto la Svizzera, hub di alcuni gruppi del lusso) hanno messo a segno incrementi in valore, lo stesso non vale per i volumi: «Rallenta vistosamente il Nord America (-19,4%) e frenano la Germania (-8,8%), il Regno Unito (-10,1%) e i flussi diretti in Svizzera (-24,8%). Rimbalzo in Russia e Ucraina, anche se va tenuto conto che nel marzo dello scorso anno, subito dopo l'avvio del conflitto, le vendite verso i due mercati erano crollate; risultati premianti in Kazakistan (+77% in valore)», spiega la presidente di Assocalzaturifici. Andando ad analizzare le esportazioni per tipologia merceologica emerge come il comparto delle calzature con tomaio in pelle – primo per importanza con un'incidenza del 63% sulle vendite estere in valore – sia l’unico a presentare nel primo trimestre incrementi dell'export sia in valore (di poco superiori alla media, +18,6%) che in volume (+1,4%) a confronto con gennaio-marzo 2022. Il dato in volume, tuttavia, è ancora inferiore (-16,6%) a quello registrato nel 2019.

In generale, dalle aziende arrivano i primi segnali di rallentamento rispetto ai tassi di crescita registrati nel 2021 e nel 2022 con il rimbalzo post Covid: nei primi 3 mesi, seppur lievemente, sono infatti calate le quantità esportate (-2%) e quelle prodotte (-1% l'indice Istat della produzione industriale).

Un dato positivo, tuttavia, arriva dalla ripresa dei consumi nel nostro Paese: «Continua il recupero sul mercato interno, +8,2% in spesa gli acquisti delle famiglie su gennaio-marzo 2022», conclude Ceolini.


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