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Cambio di rotta per salvare la specie umana

I goal 6, 13, 14 e 15 chiedono azioni urgenti su gestione delle acque, rifiuti e clima. Un'azione chiara sull'ambiente consente anche di accedere a nuove fonti di finanziamento

di Maria Cristina Ceresa

Campi allagati dall'alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna (Ansa)

2' di lettura

Ci obbligano a riflettere sul Pianeta in cui viviamo e sviluppiamo business i Goal ambientali dell’Onu. In particolare, il 6 e il 14 ci chiedono di tutelare le acque, gestire al meglio i rifiuti che finiscono nelle acque e tutelare gli esseri che vivono immersi negli oceani. Il 13, invece, ci invita a prendere posizione e - oltre a limitare la nostra impronta ambientale - adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze. Il 15esimo Goal ci chiede di proteggere l’ecosistema terrestre nella sua interezza.

Tutti obiettivi che hanno a che fare con il nostro poter sopravvivere su questo Pianeta. A scanso di equivoci, in ballo c’è la sesta estinzione di massa. Il biologo statunitense Edward Osborne Wilson pensa che l’abbiamo già fatta grossa. Sua è la teoria dell’HippoC, dove H sta per Habitat fragmentation, che possiamo ricondurre a quelle attività umane come lo sfruttamento dei terreni, che alterano l’ambiente molto rapidamente causando l’estinzione di molte vite. La “I” ci riporta alle specie invasive. La prima P, invece, si riferisce all’aumento della popolazione (abbiamo già superato gli 8 miliardi di umani sul Pianeta), mentre la seconda P delineata da Wilson sintetizza il nostro tasso di inquinamento (pollution). La O, infine, è la capacità - tutta umana - di essere al di sopra degli schemi ammissibili dalla natura (over fishing/over hunting).

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Urge un’inversione di rotta, come ha ben delineato l’ultimo rapporto Ipcc. L’idea potrebbe essere l’adozione - anche da parte delle aziende - di un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Chiamiamolo così per ricondurci al Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) che – come auspica anche Enrico Giovannini, direttore scientifico di Asvis - il nostro Paese dovrebbe rilasciare breve.

Ne gioverebbe anche il livello finanziario. Avere ben chiara la propria azione sull’ambiente e recepirla nel proprio bilancio di sostenibilità vuol dire - come consiglia anche una recente indagine di Boston Consulting Group – avere strumenti in più per accedere a nuove fonti di finanziamento. Per stare sul mercato e, nello stesso tempo, non tradire i propri stakeholder che ormai sono molto attenti anche all’Agenda 2030.

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