Camera della moda italiana: la lunga marcia verso la sostenibilità e l'economia circolare
Agire sulla filiera produttiva per regolare l'uso di prodotti chimici e ridurre l'impatto sull'ambiente: le nuove linee guida.
di Caterina Maconi
2' di lettura
Che l'industria della moda sia una delle più inquinanti al mondo è tema ormai noto: si stima che solamente la coltivazione del cotone immetta nell'ambiente il 16% di tutti gli insetticidi mondiali. C'è l'inquinamento delle acque e delle falde acquifere a opera di coloranti e materiale chimico, le microplastiche che vengono diffuse in acqua a ogni lavaggio di indumenti sintetici. E poi il fast fashion che colloca sul mercato decine di collezioni ogni anno, una dopo l'altra, producendo tonnellate di rifiuti tessili che finiscono nell'ambiente.
Per questo l'attenzione nei confronti della sostenibilità produttiva è ormai un mantra per gli operatori del settore, dai grandi player ai piccoli produttori. Anche perché sempre più persone, soprattutto tra i giovani, prestano grande attenzione al tema della sostenibilità e, nel momento dell'acquisto, optano per indumenti che siano rispettosi dell'ambiente e dei lavoratori. La moda sostenibile è ormai una tendenza: la qualità, i materiali, la manodopera, il made in Italy sono segni distintivi per gli appartenenti alla generazione z e per i millennial.
Il tema è molto caro anche alla Camera nazionale della moda italiana (Cnmi), che promuove lo sviluppo della moda italiana e mira a proteggerne l'immagine nel mondo e che con i suoi 114 soci per 230 brand rappresenta oltre il 50% del giro d'affari dell'intera industria della moda, che in Italia occupa oltre 1milione e 100mila persone tra industria, commercio e servizi. L'associazione da anni si batte per una radicale trasformazione ed evoluzione verso la sostenibilità di tutta la filiera, ufficializzata nel 2012 con la pubblicazione del Manifesto per la Sostenibilità.
Ha appena pubblicato delle nuove linee guida, “Le buone prassi di fabbricazione”, che spiegano come regolare l'uso dei prodotti chimici nelle filiere produttive. Si tratta di indicazioni che seguono quelle già pubblicate anni fa proprio sull'utilizzo delle sostanze chimiche nei prodotti e nei processi produttivi. L'obiettivo è quello di aiutare le aziende a implementare criteri e controlli che permettano di realizzare prodotti di qualità, conformi ai requisiti di sostenibilità più avanzati.
Il processo per arrivare a creare un prodotto contempla ovviamente numerose fasi, molto diverse tra loro e inquinanti a vario grado. Spesso ci si concentra sui parametri chimici da seguire, su quelli che hanno a che fare con le miscele chimiche utilizzabili ma, per minimizzare i rischi ambientali e sociali, anche la fase di confezionamento è molto importante, sia nelle sue variabili creative e tecniche che influenzano il consumo di energia e di risorse, sia nella funzione di dare origine al prodotto finito, contribuendo a determinarne qualità e durabilità.
È su quest'ultimo tassello che si soffermano le nuove indicazioni elaborate in un protocollo patrocinato dal ministero della Transizione ecologica e messo a punto dalla Commissione chemicals di Cnmi, con la collaborazione di numerose associazioni. Il documento parla anche di economia circolare, spiegando come Cnmi abbia avviato un gruppo di lavoro dedicato per approfondire ulteriormente il tema.
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