Camicia bianca for ever, la nuova evoluzione di un classico del guardaroba
Uguale e sempre diversa. La white shirt è un caposaldo dello stile. E oggi esplora varianti inedite in passerella e sul red carpet
di Sofia Gnoli
4' di lettura
In un mondo che si muove sempre più veloce, dove le novità svaniscono in un soffio, la moda riparte dalla purezza della camicia bianca. Al posto di chiassose stravaganze e stridori cromatici, questo indumento, come una parentesi silenziosa, sembra costituire la base di un nuovo lessico vestimentario. Non che sia una novità, se si pensa che la prima epoca d'oro della camicia bianca risale al Rinascimento. Allora, dopo essere stata considerata per secoli un indumento intimo, la camicia uscì allo scoperto, trasformandosi in un paradigma di eleganza. La amavano Lucrezia Borgia, del cui corredo, pare, facessero parte ben 200 camicie, Isabella d'Este, marchesa di Mantova, che si fece ritrarre con raffinatissime camicie bianche da sfilze di pittori (uno su tutti Tiziano), e Caterina de' Medici. Vera e propria influencer del suo tempo, quest'ultima, incoronata regina di Francia nel 1547, oltre a diventare una delle donne più potenti d'Europa, si impose presto come vera trendsetter. Accanto alla moda dei tacchi alti, che lanciò per minimizzare la sua bassa statura, Caterina de' Medici diffuse quella di attillatissimi corsetti e candide camicie, impreziosite da trine e ricami.
Tutti indumenti che oggi Maria Grazia Chiuri ha rivisitato nella collezione estiva per Dior . Sempre cinquecentesca, ma di matrice romantico-shakespeariana, in sintonia con l'estro della regina della moda britannica, è la camicia bianca riletta da Andreas Kronthaler per Vivienne Westwood . Di segno diverso, essenziali con dettagli couture, sono le interpretazioni che ne hanno fatto Pier Paolo Piccioli per Valentino e Daniel Roseberry per Schiaparelli . Ma, per la prossima stagione, gli inni alla camicia bianca accomunano molti altri brand, da Tod's a Miu Miu , fino a Slowear . Tutti esercizi sartoriali che fanno ritornare alla memoria le parole di Gianfranco Ferré quando diceva: «La camicia bianca è un termine di uso universale. Che ognuno, però, pronuncia come vuole». Lo stilista di Legnano l'ha resa un simbolo del suo stile a tal punto che, anni fa, a quelle che la stampa ha definito le sue “sculture di luce” è stata dedicata anche una mostra: La camicia bianca secondo me (2014). Ma Ferré non è certo l'unico, perché a cimentarsi con il fascino dell'indumento ci sono stati nel tempo una quantità di designer, a partire da Karl Lagerfeld .
Lo stilista tedesco, che a maggio sarà protagonista di Karl Lagerfeld: A Line of Beauty, la grande mostra annuale del Metropolitan Museum , nutriva per la camicia bianca una vera ossessione, al punto da confessare: «In genere gli stilisti dicono: mi piacerebbe aver inventato i jeans. Il mio capo preferito del guardaroba è la camicia bianca». Al di là della frecciata a Yves Saint Laurent, amico/nemico per tutta la vita (sua la memorabile frase a cui si riferiva Karl: «Ho un unico rimpianto nella vita: quello di non avere inventato i jeans»), la camicia è un classico dei classici. Soprattutto se bianca. Lo sosteneva anche Coco Chanel: «Il bianco è tutto. È di una bellezza assoluta. È la perfetta armonia».
Diversi secoli prima su Le blason des couleurs en armes, livrées et devises, volume anonimo della fine del Quattrocento, si legge: «Il bianco è il primo dei colori. Assomiglia alla luna, alle stelle, alla neve, ad altri fattori naturali». A quella gradazione ha dedicato un volume (Bianco. Storia di un colore, Ponte alle Grazie, pp. 240, 32 euro) Michel Pastoureau, direttore dell'École pratique des hautes études. L'autore svela simboli e significati del tono immacolato. Come la luna, che «per la forma mutevole, la luce bianca che rischiara le tenebre e per il suo crescere e calare», divenne un oggetto di culto sin dall'antichità, «ancor prima del sole, del vento e del tuono». In seguito Pastoureau si sofferma sulla simbologia dei candidi animali dei bestiari medioevali, dall'agnello (purezza e innocenza) alla colomba (pace e speranza), fino al cigno (creatura ambigua e misteriosa) e all'unicorno che nel Medioevo non era considerato né un mostro, né un essere chimerico. Un capitolo è poi dedicato al vestiario e al rituale del bianco, vero e proprio grado zero del gusto. A pensarla così sono in molti, incluse diverse sacerdotesse dello stile che riservano alle camicie di questo colore un posto d'onore.
Nel suo, ormai classico, La Parisienne, Inès de la Fressange piazza la camicia bianca tra i fondamentali del guardaroba definendola: «Il tocco che dà tono a qualsiasi look». Franca Sozzani, quando nel 1988 divenne direttrice di Vogue Italia, sulla copertina del suo primo numero (luglio) fece immortalare da Steven Meisel la modella giamaicana Robyn MacKintosh s-vestita soltanto da una camicia bianca oversize in cady di seta firmata Gianfranco Ferré. Prova della sua universalità è il fatto che la camicia, nelle sue innumerevoli declinazioni, è stata amata da donne agli antipodi. Liz Taylor la prediligeva iper-femminile e vezzosa, Lauren Bacall aveva un debole per le fogge sofisticate, fitte di pieghe e nervature. Katharine Hepburn difficilmente rinunciava ai modelli da uomo che esibiva con nonchalance accostati a pantaloni dall'allure maschile. Dopo di lei, soltanto la Diane Keaton di Io e Annie (1977) ha saputo interpretarla con uguale charme.
In seguito sono entrate nel mito la camicia con collo oversize e polsini con doppi gemelli smaltati disegnata da Betsy Heimann per Uma Thurman in Pulp Fiction (1994) così come quella indossata da Angelina Jolie in Mr. & Mrs. Smith (2005). A riprova dell'atemporalità del capo, ecco Zendaya sul tappeto rosso degli Oscar: total look Valentino con camicia bianca crop-top e lunga gonna a strascico dai bagliori argentei. Non stupisce che all'ultimo Pitti Uomo , Yohji Yamamoto abbia presentato il suo nuovo brand, che si chiama proprio power of the WHITE shirt. Una collezione in 20 modelli, 14 maschili e 6 femminili, e la purezza di un'esposizione essenziale e scultorea. Ultima, provvisoria, tappa di una scelta senza fine.
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