ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùGrande traversata elbana

Camminare fra verde e blu nell’essenza dell’Elba

Guida al trekking che attraversa l’isola da est a ovest immersi in borghi e profumi di elicriso e lavanda, ricordando anche i lasciti di Napoleone

di Maria Luisa Colledani

La zona nord ovest dell'Elba: sulla sinistra, Marciana Alta, e, sulla costa, Marciana Marina. Sullo sfondo, il promontorio dell'Enfola, la zona orientale dell'isola e la Toscana

4' di lettura

Mettetevi in cammino lungo la Gte, la Grande traversata elbana: è arte prodromica della diplomazia. Dalla vetta del Monte Capanne, 1.019 metri, nel cuore verde dell’Elba, il Mediterraneo appare nella sua vita eterna di Mare Nostrum, con le isole di Pianosa, Capraia, Giglio, Montecristo, Gorgona e il profilo seducente della Corsica pronti per una carezza. Eccolo il nostro Mediterraneo dove storia e cultura sono nate e, in queste giornate luminose di maggio, dalla cima la prospettiva storica è chiara e, a suo modo, confortante rispetto ai venti guerra che soffiano da Est.

Il Monte Capanne è la vetta più alta di un trekking tutto su e giù, che unisce Cavo, punta Nord Est dell’isola, a Pomonte o Pratesi, lungo la costa occidentale, per scoprire cime e sentieri, orizzonti e spiagge (sono circa 200), e ritrovarsi in una frase di Napoleone, ospite all’Elba nel 1814: «Ciò che cerco, prima di ogni altra cosa, è la grandezza: ciò che è grande è sempre bello». La Grande traversata elbana, che si può dividere in quattro giorni di cammino per una settantina di chilometri totali, è semplicemente bellissima, soprattutto se assaporata nella tarda primavera, quando la fioritura è trionfale e c’è poca gente in giro, o nel primo autunno, anche per evitare temperature troppo alte.

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Il percorso

I

Quattro tappe

Da Cavo si inizia a salire verso le prime cime avvolti nella gariga, la bassa vegetazione arbustiva del Mediterraneo, e gli occhi hanno spazi infiniti: percorrendo la dorsale Nord-Sud della zona orientale dell’Elba si spazia da Portoferraio, immortalata da Paul Klee nel 1926 nel suo La città fra due colline, alla Fortezza del Volterraio, che sembra ergersi quasi in un paesaggio da Texas, fino alla Punta del Calamita. Già la prima vetta, il Monte Grosso, è un assaggio di beatitudine per gli occhi, come lo sono gli asfodeli, i cisti maschi dai fiori rosa stropicciati o quelli marini, di bianco abbaglianti. La natura è compagna fedele dei sentieri, soprattutto nelle ascese più complicate, come al Monte Strega o al Monte Castello, e anche nello svelare le antiche miniere di ferro ormai in disuso (gli antichi chiamavano l’Elba Ilva, cioè “ferro” in etrusco), ma ecco la fine della prima tappa, quel Porto Azzurro, forse il Porto Longo menzionato dalla Tabula Peutingeriana, meraviglioso “atlante” che racconta il mondo conosciuto in epoca romana.

Da Porto Azzurro a Marina di Campo

La Gte può essere vissuta come un cammino, zaino in spalla, dormendo nel borgo conclusivo di ogni tappa da cui ripartire il giorno seguente oppure scegliendo un punto base per l’intero percorso e farvi ritorno ogni sera, magari approfittando di soluzioni come quelle proposte dal centro escursionistico Il Viottolo, che offre trekking con guida e transfer quotidiano verso l’inizio del sentiero. Qualsiasi sia la scelta, tanta acqua nello zaino - sull’isola le fonti scarseggiano - e abitudine ai dislivelli: la seconda tappa, da Porto Azzurro a Marina di Campo, ricalca per lunghi tratti, e all’ombra di una macchia mediterranea profumata di lavanda, la via di comunicazione voluta da Napoleone per dare un’arteria Est-Ovest all’isola. L’imperatore, a queste latitudini, è ancora amatissimo e presente: in 300 giorni, modernizzò l’Elba grazie alle strade, al codice civile che permetteva il divorzio, all’istituzione delle scuole di secondo grado, all’obbligatorietà del vaccino contro il vaiolo e alla prima Doc a tutela del vino dell’isola. Un gigante anche in esilio e calpestare queste lastre in pietra vecchie duecento anni ci fa sentire parte di una storia secolare imbevuta di ginestre odorose, orchidee selvatiche ed elicrisi spumeggianti.

Dal Monte Tambone, 373 metri, la vista su Marina di Campo e la costa Sud è una cartolina e, a fine tappa, è tempo per una fetta di Schiaccia Briaca, dolce super energetico con uvetta, noci, pinoli, mandorle bagnato - ubriaco, appunto - con l’Aleatico, il Moscato o l’Alchermes.

L’ascesa al Monte Capanne

Il magnifico della Gte è alla terza tappa con l’ascesa al Monte Capanne, piramide di granito piantata in quest’isola-pesce che celebra la sua anima di roccia al Mum, il museo mineralogico di San Piero di Campo. Fatica, certo, ma caprili a secco, carbonaie e una macchia mediterranea che si fa bosco di lecci e castagni immensi ripagano dell’andare. I lastroni degli ultimi 200 metri di dislivello sono ebbrezza del cuore e misura dei propri limiti. Lassù, a un passo dal cielo, l’Elba si mostra nella sua poliedricità, è un coltellino svizzero delle vacanze. Dai 1.019 metri del Capanne si scende al borgo di Marciana (375 m), fra strade strette, il romitorio romanico di San Cerbone, la fortezza pisana, un bicchiere di birra alle castagne e i saponi artigianali creati da Agnese Innocenti con i fiori e le erbe locali.

Foto Cai - Isola d’Elba

A Pomonte, dove sbarcò il pirata Dragut

La costa occidentale si avvicina: sosta alla Madonna del Monte, cara anche a Napoleone (da lì, Bastia sembra di toccarla), poi la vallata del Bollero e, fra lecci e corbezzoli, inizia la lunga discesa verso Pomonte, poche case che si srotolano lungo il mare. Qui i pirati Khayr al-Din Barbarossa e Dragut distrussero il villaggio con due attacchi nel 1544 e nel 1553, qui si era sviluppato nell’Ottocento un importante scalo marittimo per servire le saline. Qui il sentiero si tuffa nel mare e le gambe si distendono felici sul bagnasciuga perché camminare è il disegno di un altrove che bramiamo ma che non sempre ci appartiene.

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