Canada, al via il test per depenalizzare l’uso di droghe pesanti
Nella Columbia Britannica verrà consentita una dose personale fino a 2,5 grammi. Intervento contro l'aumento delle morti per overdose causate da eroina e fentanyl
di Luca Veronese
3' di lettura
Quattro anni dopo aver legalizzato la marijuana (anche per uso ricreativo), il Canada è oggi a un’altra svolta progressista nelle politiche sociali sugli stupefacenti: entra in vigore infatti, nell’ultimo giorno di gennaio, una legge che depenalizza il possesso personale di droghe pesanti nella Columbia Britannica. La più occidentale delle province canadesi non perseguirà più penalmente i cittadini, di almeno 18 anni, che verranno fermati con meno di 2,5 grammi di droghe pesanti, destinati all’uso personale: eroina, morfina, cocaina, metanfetamina, ecstasy, e fentanyl, l’oppioide sintetico, cento volte più potente della morfina, che dopo avere travolto gli Stati Uniti è diventata la droga più diffusa in Canada.
«Chi verrà trovato in possesso di questa modica quantità di droghe pesanti non sarà arrestato e incarcerato, gli verranno invece offerte informazioni sui programmi sociali e sul trattamento da fare per disintossicarsi, se lo richiederà. Resterà invece illegale e punibile penalmente il traffico di droga, indipendentemente dalla quantità posseduta», spiega Jennifer Whiteside, ministro della Salute mentale e delle dipendenze della Columbia Britannica. «Siamo convinti che sia un problema di salute, non un problema penale: dobbiamo fare questo ulteriore passo per permettere di superare la vergogna e lo stigma», afferma Whiteside, spiegando che la nuova legge aiuterà le persone a cercare supporto.
L’esperimento del governo socialdemocratico (deciso a maggio in deroga al Narcotics Act) avrà una durata di tre anni: l’obiettivo del governo della provincia è prima di tutto ridurre il numero di morti causate dalle droghe pesanti; in secondo luogo, arginare i reati riconducibili all’uso di droghe e al traffico di stupefacenti; e inoltre contenere i costi altissimi, di sicurezza pubblica e sanità, direttamente legati alle droghe pesanti. «Ma - rimarca un comunicato delle autorità - la vendita o il traffico rimane illegale: la depenalizzazione del consumo personale di stupefacenti non significa in alcun modo la legalizzazione del narcotraffico».
Già nel 1959 nella Columbia Britannica apriva la prima clinica al mondo per il metadone. Ma nel 2016 è stata costretta a dichiarare lo stato di emergenza sanitaria: nonostante ogni anno spenda 2,8 miliardi di dollari canadesi (oltre due miliardi di dollari Usa) per servizi di sostegno a chi fa uso di droghe, le morti per overdose nel 2022 - secondo i dati ufficiali - sono state 41,7 per 100mila persone, più di cinque volte il tasso del 1996, molte di più rispetto alle 28,3 per 100mila abitanti dichiarate dagli Stati Uniti.
A Vancouver, a pochi passi dai palazzi del distretto degli affari, intere aree sono diventate zone dello spaccio e dei tossicodipendenti alla ricerca di una dose: Zombieland la chiamano in Canada. Sulla costa pacifica, il centro della crisi, questa silenziosa epidemia ha causato quasi tanti morti quanto il Covid: da due anni i servizi di polizia provinciale contano circa 4.400 decessi per overdose, contro i 5mila dovuti al coronavirus.
«La situazione in città non è mai stata così grave», dice Kevin Sabet, presidente della Foundation for Drug Policy Solutions, già consigliere nelle amministrazioni Bush, Clinton e Obama, e residente a Vancouver. «Non accuso i tossicodipendenti, non si tratta di metterli in prigione, credo tuttavia che ci sia bisogno di politiche molto più integrate: su casa, lavoro, assistenza sanitaria. Non di una semplice risposta libertaria», aggiunge Sabet.
La depenalizzazione nella Columbia Britannica ricalca esperimenti simili condotti dal Portogallo, a partire dal 2001, e dallo Stato americano dell’Oregon, dal 2020. In entrambi i casi con risultati apprezzabili nel complesso, soprattutto nel calo delle morti per overdose o dei contagi da Hiv, «ma difficili da mettere in relazione diretta e univoca con la depenalizzazione piuttosto che con altre tendenze economiche e sociali», dice Jason Hockenberry, della School of Public Health dell’Università di Yale.
La crisi sociale e i problemi di salute mentale, provocati dalla pandemia da Covid, innescando un maggiore consumo di droghe (incluse quelle devastanti come il fentanyl) impongono ai governi di cercare nuove soluzioni: secondo il World Drug Report dell’Onu, 284 milioni di persone di età compresa tra 15 e 64 anni hanno fatto uso di sostanze illecite nel 2020, con un aumento globale del 26% in dieci anni.
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