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Candidature e questione morale, Pd siciliano alla resa dei conti

Si riunisce la direzione regionale: da sciogliere il nodo dei candidati su cui Caterina Chinnici, candidata alla presidenza della Regione, ha posto il veto

di Nino Amadore

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I punti chiave

  • Le candidature paracadutate da Roma
  • Il segretario regionale fa il pompiere
  • Lo scontro interno sugli impresentabili
  • La levata di scudi del Pd catanese

4' di lettura

Le polemiche sui candidati alle politiche paracadutati da Roma, quelle sui candidati alle regionali con procedimenti penali in corso, i rapporti da definire con il Movimento Cinque Stelle in vista delle elezioni regionali. È una matassa davvero aggrovigliata quella del Pd siciliano che oggi domenica 21 agosto, dopo un secondo rinvio di 24 ore, riunisce a Palermo la direzione regionale. Si arriva all’appuntamento con una lista di nomi già definiti per la candidatura alle politiche ma con tanta incertezza su altre questioni che tanto irrilevanti non sono. Non è il caos ma assomiglia molto alla vigilia di un non rinviabile regolamento di conti tutto interno alle varie anime che agitano il Pd siciliano di cui è segretario Anthony Barbagallo.

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Le candidature paracadutate da Roma

Per le politiche sembra superata, per il momento, la grana della candidatura di un pezzo forte del partito democratico siciliano come Antonello Cracolici, deputato regionale da almeno quattro legislature, già assessore regionale all’Agricoltura, oltre ad aver ricoperto le principali cariche prima nel Pci, poi nei Ds e infine nel Pd. Esponente dell’anima rossa del Pd siciliano, Cracolici si è visto piazzare come candidata al Senato davanti a lui l’ex segretario nazionale della Cisl Annamaria Furlan e nell’incertezza di non farcela ha deciso di rinunciare a Palazzo Madama ma lo ha fatto con un messaggio possiamo dire poco distensivo: «Ho comunicato a Letta e a Barbagallo (segretario nazionale e regionale del partito ndr) la mia decisione di rinunciare alla candidatura al Senato. Considero un grave errore politico, aver indicato nelle posizioni eleggibili nei due collegi siciliani, due persone che non hanno un radicamento in Sicilia – ha scritto Cracolici –. Il Senato, anche per legge, è espressione delle regioni italiane. Il Pd ha deciso di non dare voce alla Sicilia nel Senato della Repubblica. Questo errore è tanto più grave perché avviene nello stesso giorno in cui i siciliani sono chiamati ad eleggere il nuovo governo e i parlamentari della Regione. Neanche Renzi, che ha fatto una carneficina, con le liste fatte per la Sicilia cinque anni fa, aveva scelto parlamentari non siciliani per rappresentare la Sicilia al Senato. La mia amarezza è secondaria rispetto alla gravità dell’errore politico fatto che, temo, peserà sull’esito del voto. La vita va avanti».

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E siccome la vita va avanti qualche giorno dopo lo stesso Cracolici ha annunciato la sua “ridiscesa in campo” per un posto all’Assemblea regionale siciliana: «Ho vissuto queste ore con rabbia per quanto avvenuto, portandomi a rinunciare alla candidatura al Senato, ma consapevole che la battaglia elettorale che ci attende è più importante del destino personale di ognuno di noi. Tanti mi avete sollecitato a non mollare, chiedendomi di esserci comunque in questa battaglia per le elezioni regionali. Ho deciso di esserci, accettando di candidarmi» ha scritto ancora Cracolici. Ovvio che queste vicende, che coinvolgono uno degli esponenti più rappresentativi del Pd siciliano, non potranno che essere al centro del confronto della direzione regionale.

Il segretario regionale fa il pompiere

Barbagallo, il segretario regionale, ha provato a prendere tempo puntando a presentarsi con un minimo di certezza (nell’elenco dei candidati Pd nei collegi uninominali di Camera e Senato: Annamaria Furlan è la candidata al Senato nel collegio di Marsala ) ma soprattutto con una soluzione di quello che è ormai il caso principale che ruota attorno alla cosiddetta questione degli impresentabili. Di circostanza la dichiarazione del segretario regionale allegata al comunicato stampa che comunicava l’elenco: «Amministratori, dirigenti di partito, sportivi, personalità impegnate nel sociale – dice Barbagallo – questi gli identikit dei candidati con cui il Pd Sicilia affronterà la sfida alle elezioni politiche nei collegi uninominali. Siamo pronti, così come ha detto Enrico Letta, a scendere in campo con gli occhi della tigre per contendere ogni singolo voto al centrodestra».

Lo scontro interno sugli impresentabili

La questione morale, dunque, diciamo così. Caterina Chinnici, figlia del magistrato ammazzato dalla mafia Rocco Chinnici ed eurodeputata, candidata alla presidenza della Regione siciliana della coalizione che comprende (fin qui) il Pd, i Cinque Stelle e il movimento Cento passi di Claudio Fava, ha detto chiaro e tondo che è contraria anzi non accetterà le candidature di soggetti che hanno pendenze con la giustizia. Uno di questi è Giuseppe Lupo, capogruppo del Pd all’Assemblea regionale siciliana ed eletto giusto qualche mese fa consigliere comunale a Palermo, su cui pesa un rinvio a giudizio per una presunta vicenda di corruzione nell’ambito del cosiddetto sistema Saguto nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Il veto della Chinnici riguarda anche due esponenti catanesi del Pd: Angelo Villari e Luigi Bosco, imputati da ex componenti della giunta guidata da Enzo Bianco nel procedimento per il dissesto del Comune. Una posizione quella della candidata alla presidenza della Regione che non è piaciuta nemmeno a uno come Claudio Fava, di solito abbastanza intransigente su questioni del genere: «Non entro, per dovuto rispetto, nel merito della lista del Partito Democratico – ha detto Fava –, ma mi sembra sproporzionato e irrituale il veto posto da Caterina Chinnici alle candidature di Lupo, Bosco e Villari. Se per essere messi fuori da una campagna elettorale basta un procedimento penale in corso per reati minori, il rischio di una deriva frettolosamente giustizialista diventa reale ed umiliante per tutti».

La levata di scudi del Pd catanese

Resta fuori dai veti della Chinnici l’ex assessore della giunta Bianco a Catania Valentina Scialfa che corre per le politiche. Ma su di lei pesa il pesante veto del Pd catanese la cui direzione ha approvato nei giorni scorsi un ordine del giorno di peso: «La direzione provinciale invita la Direzione Regionale e il Segretario Nazionale all'immediato ritiro della Candidatura di Valentina Scialfa sconosciuta all'intera comunità politica del Pd Catanese e in netto contrasto con anni di militanza di tante donne iscritte loro si al nostro Partito sin dalla sua nascita – si legge –. Per questo si invita la direzione Regionale ad approvare senza alcuna modifica la lista che il partito Catanese ha formalmente approvato». Con un riferimento alla questione dei cosiddetti impresentabili: «La direzione, nell'approvare la lista dei candidati, si ritiene fortemente contrariata della discussione che si è aperta su due dirigenti storici del nostro partito (Angelo Villari e Luigi Bosco, di cui si diceva ndr), due personalità riconosciute per la loro specchiata moralità». 

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