Canepa inizia una seconda vita: il tribunale approva il piano di rilancio
Uscito nel 2000 per guidare la Taroni, Michele Canepa, membro della famiglia fondatrice, guiderà il turn around
di Giulia Crivelli
4' di lettura
«Sono stupito anch’io di essere già entrato nella seconda fase del nostro progetto: abbiamo presentato il piano di rilancio al tribunale di Como all’inizio di giugno e in dieci giorni è stato approvato dal giudice». Michele Canepa non è uomo dai facili entusiasmi, la forma mentis è quella dell’imprenditore tessile lombardo che prima fa, poi parla. Prima raggiunge concretamente un obiettivo, poi lo comunica per raccogliere le reazioni positive. E in quel momento, di fatto, sta già lavorando a un nuovo obiettivo. Ma le notizie arrivate dai giudici che si occupano della procedura di “concordato preventivo in continuità aziendale” della Canepa, l’azienda tessile che Michele Canepa ha rilevato 19 anni dopo esserne uscito, pur facendo parte della famiglia fondatrice, sono oggettivamente buone e meritano un moto di sano entusiasmo.
L’articolo del 10 aprile sull’acquisizione di Canepa
La nuova proprietà
L’ammissione al concordato preventivo (una soluzione che permette alle aziende in gravi difficoltà economiche e finanziare di continuare a operare, “congelando” una serie di obblighi verso i creditori, detto in modo molto semplificato) avvalora, di fatto, il percorso di rilancio della Canepa, avviato e promosso dalla nuova proprietà: Michele Canepa e Maurizio Ceriani, collaboratore di lunghissima data dell’imprenditore, che due mesi fa ha acquisito tutte le società del gruppo Canepa da DeA Capital Alternative Funds SGR, fondo di private equity che era entrato con quote di maggioranza in Canepa nel giugno 2018.
«Pericolo» scampato
L’iniziativa di Canepa, che nel 2000 lasciò l’azienda di famiglia per comprare un’altra eccellenza tessile, la Taroni, famosa soprattutto per i tessuti serici, ha evitato che si concretizzassero le offerte di altri potenziali acquirenti, italiani e non, interessati all’acquisizione di rami aziendali. «Intendo dare a questo gruppo un futuro, altre soluzioni lo avrebbero condannato a un destino diverso, di probabile “spezzettamento” – racconta Canepa –. Ci siamo già confrontati con le organizzazioni sindacali per trovare soluzioni per attenuare l’impatto del nuovo piano industriale sul fronte occupazionale e contenere il più possibile gli esuberi».
La strategia
La ristrutturazione, legata al piano industriale presentato al tribunale, prevede «l’applicazione di una strategia mirata a una qualità totale che salvaguardi l’heritage produttivo e creativo dell’azienda, che conosco molto bene perché fino al 2000 ho contribuito anch’io a crearlo», aggiunge Canepa. L’azienda ha oltre 60 anni, ma le origini risalgono alla fine del ’700; è specializzata nella produzione di tessuti di pregio al 100% made in Italy. I clienti sono i brand della moda internazionale, i grandi marchi del retail e dello sportswear e alcune aziende attive nell’arredo.
Le sinergie con Taroni
Taroni e Canepa, sottolinea il neo proprietario, non sono concorrenti. «Anzi, possiamo trovare interessanti sinergie e il modello Taroni su innovazione e parco macchinari possiamo replicarlo per Canepa. I lavori per ristrutturare le fabbriche partiranno a giorni, approfitteremo dei ritmi estivi, che in Italia sono sempre rallentati dal punto di vista del business, per farci trovare pronti in settembre». Il terreno da recuperare è tanto: nel 2017 il fatturato di Canepa era di 80 milioni, sceso a 50 nel 2018 e previsto a 40 milioni per il 2019. «Punteremo sulle risorse interne e su un asset che oggi è diventato uno dei più ambiti, la certificazione di sostenibilità e trasparenza», aggiunge Canepa. Il 25% dei dipendenti dell’azienda (800 nel 2018) sono tecnici creativi ed è grazie a loro che nello scorso anno, pur tra le tante difficoltà, sono stati creati 25mila disegni originali, per una produzione di circa 3 milioni di metri di tessuti jacquard, uniti e stampati (tradizionale e ink jet) su oltre 160 telai e stamperie di proprietà tutte localizzate in Italia.
Sostenibili di nome e di fatto
«Capisco che la sostenibilità in particolare quella ambientale, sia diventata una priorità e una scelta da dichiarare per sembrare al passo coi tempi. Ma posso garantirle che molti annunci sono superficiali e che l’impatto sull’ambiente si riduce davvero solo controllando la filiera , certificando la materia prima e adottando ogni tecnica produttiva che faccia risparmiare acqua ed energia e diminuisca le emissioni di materiali di scarto», conclude Canepa. L’azienda ha già molte certificazioni internazionali e punta a ottenerne altre: «Non basta dire di essere sostenibili, non mi piace il green washing. Come è successo, in fondo, con le carte presentate al tribunale, vogliamo dimostrare di essere seri, coerenti, di credere in quello che facciamo e di non fare promesse irrealizzabili». Canepa è stata la prima impresa tessile al mondo ad aderire alla campagna Detox di Greenpeace, per una supply chain della moda trasparente e libera da sostanze tossiche e negli anni in cui Michele Canepa era impegnato con Taroni il dipartimento di ricerca e sviluppo interno CanepaEvolution, ha ideato e realizzato il brevetto Kitotex SAVEtheWATER, depositato addirittura nell’ottobre 2012, che elimina l’utilizzo delle microplastiche nella lavorazione dei filati sostituendo la metacrilammide generalmente utilizzata nella fase di tintura e nobilitazione con il chitosano, una sostanza di origine naturale, atossica, biocompatibile e biodegradabile, ottenuta dalla chitina contenuta nell’esoscheletro dei crostacei, scarto dell'industria alimentare, approvata anche dalla Food & Drug Administration americana.
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