ASPETTANDO IL BAZOOKA DEI RISTORI

Cannoni sparaneve accesi ma la stagione non parte: parlano i gestori

Nell’attesa del via libera all’apertura degli impianti che forse arriverà solo a inizio 2021 i gestori innevano artificialmente le piste e attendono gli aiuti di stato per risanare le perdite: per ogni 10 euro spesi da uno sciatore ne corrispondono 60/70 di indotto turistico

di Gianni Rusconi

Natale sugli sci?

5' di lettura

«La Svizzera manterrà aperte le sue stazioni sciistiche a condizione che siano attuate rigorose misure di sicurezza per limitare la diffusione del coronavirus»: frasi pronunciate pubblicamente da Alain Berset, il ministro della salute del Paese elvetico. La questione della chiusura (o della non apertura) degli impianti di risalita è diventata un affare internazionale e i motivi (economici) sono noti. Italia, Francia e Germania, appellandosi all'idea di definire regole comuni europee che evitino spostamenti non controllabili, sono allineate per ritardare l'avvio della stagione invernale mentre Austria e Svizzera sono di parere opposto. E in Svizzera, ha detto ancora testualmente Berset nel corso di una conferenza stampa, «la situazione è semplice, si può ancora sciare e questo è sempre stato l’obiettivo».

Il “caso” di Zermatt

Cosa potrebbe succedere durante le festività natalizie, con molti appassionati di sport invernali pronti a invadere le piste e le strutture ricettive di St. Moritz, Andermatt, Crans Montana e via dicendo, non è dato a sapersi, neppure per le autorità elvetiche. Lo stesso Berset ha ammesso in proposito che «la situazione rimane grave e molto instabile e non sappiamo oggi cosa faremo in futuro». A Zermatt sono però particolarmente ottimisti: il presidente del comprensorio, Franz Julen, ha confermato all'agenzia Ansa che, pur stimando un 25-30% di passaggi in meno durante l'inverno, verrà aperta la totalità di impianti e piste per offrire agli sciatori le stesse opportunità degli scorsi inverni, senza compromessi». Anche se un disagio per i turisti della neve, in realtà, ci sarà ed è il mancato collegamento con Cervinia. Per i fortunati che raggiungeranno Zermatt sotto Natale, «soprattutto svizzeri, ma anche europei e forse italiani», ha confermato infine Julen, la sicurezza sarà in ogni caso una priorità e sarà assicurata con restrizioni nei ristoranti e nel dopo-sci «per evitare gli errori commessi a marzo», prima del lockdown che mise fine in anticipo alla stagione sugli sci.

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Il confronto in Lombardia

Di misure e limitazioni stanno discutendo da settimane anche i vari operatori della Lombardia, che con i suoi 700 chilometri di piste da sci alpino distribuiti fra una trentina di comprensori (di cui Livigno è il più grande) è con il Trentino Alto Adige il fulcro del turismo sciistico nazionale. Se, come probabile, la Regione passasse dallo status di rossa ad arancione cosa cambierebbe? Poco o nulla, visto che – Dpcm alla mano – in queste zone potrebbero teoricamente sciare sulle piste di una determinata località solo i residenti. Troppo pochi per sostenere i costi dell'innevamento artificiale e del personale adibito al funzionamento degli impianti. E il rischio di una chiusura preventiva per evitare perdite, in caso di restrizioni prolungate, è quindi palese per tante stazioni, dalla Valmalenco ai piccoli comprensori della bergamasca.

Aperture in stand by, ma la neve artificiale non può aspettare

La probabilità che gli impianti di risalita possano aprire liberamente agli appassionati amatoriali prima di Natale, stando alle ultime dichiarazioni del premier Conte e del ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, sono comunque poche. Pochissime. Non ci sono al momento le condizioni per dare il via alla stagione sciistica, assicurano dal Governo, e fino al varo del nuovo Dpcm (quello in essere scade il 3 dicembre) la situazione rimane congelata allo stop delle attività sulla neve. E anche il documento stilato di comune accordo dalle Regioni e delle Provincie autonome che vivono di turismo invernale, per definire tutte le misure di prevenzione per l'utilizzo in sicurezza degli impianti di risalita nelle stazioni sciistiche, rimane per il momento un progetto sulla carta. O meglio.

Dal Piemonte all'Alto Adige gli operatori sono da tempo al lavoro per essere pronti ad avviare la macchina in caso di semaforo verde e valgono in tal senso le parole di Ferruccio Fournier, presidente dell'Avif (l'Associazione valdostana impianti a fune). Visto lo scarso innevamento naturale, le principali stazioni sciistiche della regione hanno iniziato a produrre neve artificiale: «Non si può più aspettare, perché lo scorso anno in questo periodo c'era già oltre un metro di neve sulle piste e avevamo gli impianti aperti».

Il disorientamento degli operatori della Valle d'Aosta

L'incertezza, però, rimane totale, e lo ribadisce al Sole24ore.com anche Davide Vuillermoz, Presidente di Pila Spa, il consorzio che riunisce (dal 2013) i comprensori di Pila, Cogne e Crévacol. «Non sappiamo dove andremo e cosa faremo perché nessuno ci ha ancora detto se e quando apriremo», spiega ricordando come i problemi siano comuni per tutti: la gestione e l'organizzazione dei dipendenti (Pila Spa ne ha 160), l'innevamento artificiale, la preparazione delle piste, il controllo degli impianti. «L’input che abbiamo è quello di prepararci per aprire ma la produzione della neve non è a comando, va effettuata quando le condizioni climatiche lo permettono e stiamo quindi procedendo. Non avanziamo rivendicazioni sotto il profilo sanitario – sottolinea con lucidità Vuillermoz - ma assicuriamo il fatto di essere assolutamente in grado di operare nel rispetto di un protocollo di sicurezza che per la prima volta è stato definito in modo congiunto da tutti i gestori degli impianti italiani».

Difficile chiedere altro a chi non può decidere se è meglio chiudere o aprire, perché a prendere questa decisione, come ricorda ancora Vuillermoz, «è il Comitato Tecnico Scientifico. Noi possiamo solo stimare le perdite che potremo subire, calcolando che per ogni 10 euro spesi da uno sciatore che usa i nostri impianti ne corrispondono 60/70 di indotto turistico fra pernottamenti e spese varie, e sperare di avere gli adeguati ristori». Per il momento ciò che traspare è un grande disorientamento, dettato dalla sensazione che, ad oggi, le vacanze di Natale sono ormai perse nella speranza di partire a gennaio, subito dopo le feste o anche alla fine del mese.

Alto Adige: ripartiremo in modo nuovo rispetto al passato

Da lunedì 30 novembre, l'Alto Adige cambierà di nuovo approccio nella lotta al Covid: stop al lockdown totale (autoproclamato prima del provvedimento che inseriva la Provincia autonoma di Bolzano fra le zone rosse) e riapertura di tutte o quasi le attività commerciali, bar e ristoranti compresi. Lo screening volontario di massa con più di 350mila test effettuati in pochi giorni ha prodotto a quanto sembra gli effetti sperati e se la strada intrapresa sarà quella giusta lo diranno i dati dei contagi e dei ricoveri ospedalieri di dicembre. La stagione dello sci, invece, rimane in sospeso anche in Sud Tirol. «La situazione in cui ci troviamo è particolarmente sfidante – ci dice Erwin Hinteregger, Direttore Generale di Idm Alto Adige - ma vogliamo mantenere un approccio positivo e costruttivo con tutti gli attori coinvolti: la nostra speranza è ovviamente quella di poter aprire il prima possibile gli impianti, ma lo faremo solo nel momento in cui le condizioni lo permetteranno. Alcuni comprensori hanno già iniziato ad innevare (dalla Val di Fiemme a Plan De Corones, ndr) e a prepararsi per la stagione perché non possiamo perdere l'opportunità di essere pronti qualora avremo il nulla osta all'apertura». La stagione invernale, insomma, è destinata prima o poi a decollare - alcune località ospiteranno fra l'altro gare della Coppa del mondo di sci, manifestazione che non conoscerà fermi - e lo farà, a detta di Hinteregger, «in totale sicurezza e in un modo nuovo rispetto al passato e a come siamo sempre stati abituati».


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