Cantieri da Ciclopi in giro per il mondo
di Giorgio Santilli
5' di lettura
«Il lavoro oggi è la priorità, nel mondo, in Italia, nei nostri cantieri. Ed è il lavoro che vogliamo celebrare con Cyclopica, la mostra fotografica dedicata al lavoro di un secolo nei nostri cantieri in tutto il mondo, che apriamo il 1° maggio alla Triennale di Milano. Il mondo delle costruzioni ha perso in Italia un milione e mezzo di posti di lavoro negli ultimi dieci anni e recuperarli dovrebbe essere la priorità di qualunque governo che si insedi oggi. Bisogna riflettere sul fatto che oggi in Italia i tempi di realizzazione di una grande infrastruttura sono in media di 15 anni contro i due degli Stati Uniti. Questo dato, nella sua chiarezza, spiega più di ogni altra cosa perché in Italia si dichiara una spesa per investimenti del 2%, che nella realtà si ferma allo 0,5%, mentre nei Paesi vicini si viaggia al 5- 6%».
Il racconto di Pietro Salini, amministratore delegato di Salini Impregilo, parte dal lavoro, attraversa le immagini di più di cento anni di storia del gruppo, le sue realizzazioni spettacolari, dighe, ponti, tunnel, ferrovie, strade - la mostra presenta una selezione di 1.200 fotografie del milione e duecentomila immagini e 600 video raccolti nell’archivio multimediale organizzato negli ultimi cinque anni – e arriva fino a oggi. È ancora il lavoro a raccontare il primato italiano di un gruppo che produce il 93% della propria attività all’estero: 65mila persone occupate nel mondo fra dipendenti e subappaltatori, con un’età media di 37 anni (la metà sotto i 35). Negli ultimi tre anni, 25mila assunzioni, il 40% sotto i 30 anni. Nei cantieri Salini Impregilo ogni anno si servono 50 milioni di pasti a lavoratori di 100 nazionalità diverse, si effettuano 370mila interventi di assistenza sanitaria, si dà alloggio a 4 milioni di persone. I villaggi a servizio dei cantieri, dove alloggiano i lavoratori, le loro famiglie, i prestatori di servizi, sono straordinari luoghi di integrazione fra culture, lingue, religioni diverse. E poi c’è la sicurezza del lavoro, un passaggio doveroso verso questa gente. «L’Italia - dice Salini - ha indici che ci dicono che le nostre imprese sono fra le più sicure al mondo, ma dobbiamo ancora migliorare, arrivare al cantiere a incidenti zero, prendere i migliori standard nei Paesi più avanzati, Australia, Usa, Nord Europa , Middle East, e portare queste performance in tutti i posti in cui lavoriamo. Ci posizioniamo nel settore tra le imprese con la minore incidenza infortunistica, continuamente in miglioramento, e abbiamo appena avviato un progetto strategico, Valyou, di formazione e comunicazione interna per creare una nuova cultura di sicurezza. Questo continuo miglioramento è motivo di orgoglio, come il rapporto ottimo che abbiamo con i sindacati nazionali e internazionali».
Ma che cosa è oggi il cantiere? «Quando pensiamo a una fabbrica industriale - dice Salini - pensiamo agli elementi duraturi di civiltà che crea e intorno ai quali si aggregano le città. Il cantiere invece è una macchina potente e volatile: lascia segni duraturi con le opere che crea, ma in sé è una macchina mobile, come un circo si sposta da un paese all’altro, porta in giro le sue straordinarie competenze, crea relazioni complesse al proprio interno. Il tratto caratteristico del cantiere, quello che lo tiene insieme, è l’orgoglio collettivo di partecipare allo sviluppo di un’opera. Qui nessuno pensa di essere solo un piccolo ingranaggio». Il taylorismo esasperato da qui non è mai passato.
Resta qualcosa, ancora oggi, pure in cantieri ciclopici, pure nell’era digitale, di quel nocciolo duro del lavoro artigiano da cui tutto è nato. Lo raccontano i volti stanchi ma fieri ritratti nelle foto, Cyclopica - The human side of the infrastructure. «Il nostro resta un mestiere che si fa con le mani», sono le parole con cui Salini collega passato remoto, presente e futuro.
Ma al tempo stesso tutto cambia. La differenza fondamentale fra 50 anni fa e oggi è la formazione, meglio, alla radice, «come si affronta il tema della formazione: prima i ragazzi rubavano il mestiere con gli occhi agli anziani, imparavano da loro ripetendo ogni giorno un po’ di più i loro gesti; ora i nostri ragazzi - fra cui i 300 giovani nuovi talenti cui abbiamo offerto un percorso accelerato di sviluppo e formazione negli ultimi tre anni - usano i simulatori di guida delle macchine di movimento terra che non hanno livelli di complessità molto differenti da quelli usati per gli aeroplani». I Tomorrow's Builders si creano con programmi formativi massicci in un circuito di trasferimento di conoscenze che parte dal cantiere, passa per l’Università, torna al cantiere. Con le due edizioni internazionali del master organizzato con il Politecnico di Milano, lo scorso anno e quest’anno, sono state fornite a 30 laureati in ingegneria 60mila ore di formazione complessiva. Il 90% di quei giovani sono stati assunti nel gruppo, andranno a portare innovazione nei cantieri del gruppo.
«Oggi in un cantiere abbiamo 250 mestieri», dice Salini. Sono in forte crescita le nuove professionalità, quelle del futuro, quelle che nei cantieri di grandi infrastrutture padroneggiano il Bim, Building Information Modeling, il Lean Construction, il Design challenge. La tecnologia digitale 4.0 è arrivata fin qui, anche se la dimensione di scala resta la grande discriminante nel variegato e multiforme settore delle costruzioni. La parola “industriale” si addice solo a questi colossi che lavorano per le grandi infrastrutture complesse. «Se devi realizzare tutte insieme seimila abitazioni indipendenti, come stiamo facendo in Arabia Saudita, a Riad, devi avere un controllo della gestione del processo produttivo molto vicino a quello di una fabbrica digitalizzata e questo non ha proprio nulla a che fare con la realizzazione di una villetta singola».
La tecnologia Bim è un software complesso che gestisce tutti i flussi in entrata e in uscita del cantiere «e consente - dice Salini - di vedere in anticipo le criticità che il cantiere dovrà affrontare e pianificare per tempo soluzioni capaci di evitarle, nei tempi, nei rapporti con i fornitori, nella gestione dei materiali». Il Lean Construction tiene sotto controllo i costi per unità di prodotto, quindi l’efficienza economica del cantiere, riduce gli sprechi, punta ad aumentare il valore aggiunto e la produttività, migliora anche la qualità del prodotto finale. Il Design challenge consente di aumentare il controllo sulla progettazione. «Sono metodiche senza le quali - dice Salini - non sarebbe possibile realizzare opere come il tunnel idraulico che abbiamo scavato 200 metri sotto terra, sotto il Lake Mead, per portare l’acqua alla città di Las Vegas, nata dal deserto, o il raddoppio del Canale di Panama dove abbiamo impiegato 30mila lavoratori». In fondo, questo è il cantiere, dagli antichi Egizi a oggi, questo è lo spazio (non solo fotografico) che mette in contatto la forza immensa del Ciclope-infrastruttura con quei puntini umani che la realizzano, spinti dalla technè e dal sacro fuoco del fare: «Il pensiero sempre presente nell’uomo di superare i limiti della propria vita e della propria storia».
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