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Parlare di globalizzazione e imprese familiari può sembrare un ossimoro. Ma non lo è. Gli sconvolgimenti in atto causati dalla glaciazione economia imposta dal Covid e dalle tragedie della guerra in Ucraina portano a forme di restringimento delle catene del valore, a una sorta di deglobalizzazione. Che impone ripensamenti nelle strategie di business, nell’organizzazione interna, nella scelta dei partner internazionali.
Decisioni rilevanti anche perché cambia il modo di valutare i rischi sempre più difficile in una contemporaneità dominata dall’incertezza. Da qui la necessità di calibrare al meglio l’equilibrio della governance interna alle imprese e, a maggior ragione, alle imprese familiari, che sono il 64% del volto del listino della Borsa in Italia (come risulta dal Rapporto sulla governance diffuso ieri dalla Consob) e gran parte delle 1.500 imprese champion che fanno del nostro Paese l’ottava potenza nel mondo del commercio mondiale.
Ma proprio le imprese familiari sono da sempre alle prese con le «crisi di crescita» legate ai passaggi generazionali. Sono 800mila ogni anno a dover gestire un passaggio di testimone: il tasso di sopravvivenza non supera il 25% per la seconda generazione e il 15% per la terza.
Se ne parlerà al Festival dell’economia di Trento venerdì 3 giugno alle 12 nel Palazzo della Regione autonoma Trentino Alto Adige, in occasione della tavola rotonda «Post pandemia, passaggio generazionale e governance: quale futuro per le imprese a capitale familiare».
Ne parleranno Ornella Barra, Chief operating officer di Walgreens Boots Alliance, protagonista di una straordinaria storia imprenditoriale che l’ha portata da una farmacia di Chiavari con otto addetti ai vertici di un gruppo multinazionale da oltre 400mila dipendenti; Francesco Gaetano Caltagirone, al centro di una delle più rilevanti battaglie finanziarie per il controllo delle Generali e presidente di uno dei principali gruppi italiani (con un fatturato di oltre 1,5 miliardi di euro e un patrimonio netto di oltre due miliardi di euro) che opera nei settori della produzione di cemento e di manufatti, delle grandi opere, dell’editoria, dell’immobiliare e della finanza attraverso tre società quotate – Cementir Holding, Caltagirone Editore, e Vianini – e la non quotata Vianini Lavori; Gian Maria Gros-Pietro, presidente della più grande banca italiana Intesa San Paolo, un passato da economista d’impresa e di studioso del modello di capitalismo italiano caratterizzato da un originale mix tra impresa pubblica (vissuta in prima persona come presidente Iri ed Eni), multinazionali tascabili made in Italy (realtà conosciuta come presidente del gruppo Atlantia nei primi anni Duemila) e piccole e medie imprese spesso raggruppate in filiere o distretti che ha studiato a lungo (e di cui ha scritto molto anche su queste colonne); Dario Tosetti, fondatore della Tosetti Value, uno dei principali player nella gestione dei family office con oltre 5 miliardi di patrimonio mobiliare assistito e dunque testimone diretto delle mutazioni in atto nel mondo delle imprese e nelle loro strategie finanziarie messe a dura prova dagli sconvolgimenti in atto su scala mondiale.
La tavola rotonda, moderata dal vicedirettore del Sole 24 Ore, Alberto Orioli, sarà l’occasione per analizzare il cambiamento di pelle del capitalismo italiano, la sua capacità di cogliere le sfide del post pandemia e di gestire il disordine della guerra nonché di interpretare l’esigenza di calibrare i ruoli di governance. Con l’imperativo _ connaturato alla figura dell’imprenditore _ di guardare al futuro sempre come opportunità.
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