Caporalato sui rider, il tribunale di Milano commissaria Uber Italy
L’inchiesta riguarda le accuse di sfruttamento delle consegne di cibo di Uber Eats
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Le accuse sono pesanti: per i giudici , Uber, attraverso società di intermediazione di manodopera, avrebbe sfruttato migranti “provenienti” da contesti di guerra, “richiedenti asilo” e persone che dimoravano in “centri di accoglienza temporanei” e in “stato di bisogno”.
«La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall'ora». La dichiarazione di un rider che ha lavorato per il servizio Uber Eats emerge dal decreto con cui è stata commissariata per caporalato la filiale italiana del gruppo americano.
La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha infatti disposto l'amministrazione giudiziaria, ossia il commissariamento, di Uber Italy srl, la filiale italiana del gruppo americano, per caporalato, in particolare per lo sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats. Lo riporta l’agenzia ANSA.
Il «regime di sopraffazione retributivo» ai danni dei rider del servizio Uber Eats, «reclutati in una situazione di emarginazione sociale», aggiungono i giudici nel decreto di commissariamento, si è aggravato con «l'emergenza sanitaria a seguito della quale l'utilizzo» dei fattorini «è progressivamente aumentato a causa della richiesta determinata dai restringimenti alla libertà di circolazione», tanto che «potrebbe aver provocato anche dei reclutamenti a valanga e non controllati».
Ma anche minacce esplicite. «Ho solo minacciato di venirti a rompere la testa e lo ribadisco (...) ti vengo a prendere a sberle, ti rompo il...». Sono le minacce rivolte da uno degli indagati , che lavorava per una società di intermediazione di manodopera, a un rider che lo aveva definito “schiavista”: «Da noi non lavorerai, perché ho bloccato il tuo account», diceva ancora l'uomo. I giudici parlano anche di «sottrazione “legalizzata” delle mance» e «punizioni» economiche per i rider.
Da parte sua, il gruppo ha diffuso una nota nella quale specifica: «Uber Eats ha messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali. Condanniamo ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia», si legge nella nota. «Inoltre – prosegue Uber Italia – partecipiamo attivamente al dibattito sulle regolamentazioni che crediamo potranno dare al settore del food delivery la sicurezza legale necessaria per prosperare in Italia. Continueremo a lavorare per essere un vero partner di lungo termine in Italia».
Su Uber Italy è in corso un'indagine condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e coordinata dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Paolo Storari.
Nell’inchiesta, che ha portato anche ad una serie di perquisizioni, viene contestato il reato previsto dall'articolo 603bis del codice penale, ossia la «intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro» per la gestione dei fattorini che fanno le consegne di cibo a domicilio per il servizio Uber Eats.
Fattorini che, stando a quanto ricostruito, formalmente non lavorano per Uber ma per altre due società di intermediazione del settore della logistica, tra cui la Flash Road City che risulta indagata nel procedimento.
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