Carige, i dubbi della vigilanza Bce sulla sospensione dei diritti di voto
Vigilia dell'appuntamento decisivo per l'approvazione del piano di salvataggio. La prospettiva di un intervento su Malacalza non appare concreto
di Laura Serafini
3' di lettura
La Banca centrale europea non sarebbe intenzionata a intervenire nel percorso approvativo del progetto di salvataggio di banca Carige, guidato dal Fondo di tutela dei depositi e supportato da Cassa centrale banca. Un intervento potrebbe in teoria essere possibile qualora il primo socio della banca genovese, la famiglia Malacalza che possiede il 27,6 per cento del capitale, decidesse di presentarsi all’assemblea di venerdì 20 settembre per votare contro l’operazione o astenersi (che porterebbe allo stesso risultato). Nell’eventualità che si avverasse questo scenario, nei giorni scorsi era emersa in modo informale la possibilità che la vigilanza si avvalesse dei poteri di far riconvocare l’assemblea e sterilizzare i voti del socio Malacalza, motivandolo con ragioni di stabilità. Questo percorso è stato adottato in passato in via estrema dalla Banca d’Italia, ma non è mai stato seguito dalla Banca centrale europea. La quale non avrebbe intenzione di cominciare proprio ora. In verità nessuno si è mai espresso ufficialmente su questa ipotesi, tantomeno ci sono posizioni ufficiali di Francoforte sul caso Carige, soprattutto in vista dell’assemblea di domani.
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La prospettiva di una sterilizzazione dei diritti di voto del primo socio di Carige potrebbe essere stata immaginata come grimaldello per spronare la famiglia Malacalza a prendere una posizione che consenta di risolvere senza traumi la crisi della banca genovese. Ma se dovesse davvero essere attuata implicherebbe una presa di posizione da parte della vigilanza europea troppo netta in un contesto che tra l’altro fuoriesce dai binari della risoluzione - o in alternativa della liquidazione per le banche non sistemiche - previsti dalla pur indigesta direttiva Brrd sul bail in.
In ogni caso potrebbe accadere che lo scenario peggiore non si verifichi e che l’assemblea si possa concludere con un esito positivo. Il meeting dei soci di Carige è chiamato ad approvare il progetto di rafforzamento patrimoniale della banca da 900 milioni, di cui 700 milioni di aumento di capitale che sarà sottoscritto dal Fitd, da Cassa centrale banca e si auspica anche dai soci attuali, tra cui Malacalza. L’inoptato verrà comunque sottoscritto dal fondo. A questo si affianca poi l’emissione di un bond subordinato Tier 2 da 200 milioni, che sarà sottoscritto da Ccb da istituti come Credito sportivo e Mcc.
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L’obiettivo principale resta il quorum del 20 per cento, che si cerca di raggiungere comunque nel caso in cui Malacalza decida di non presentarsi in assemblea. Se non si arrivasse a questo limite minimo di partecipazione, per la banca si prospetterebbe probabilmente la liquidazione, come del resto hanno evidenziato gli stessi commissari, Fabio Innocenzi, Raffaele Lener e Pietro Modiano, nella relazione depositata in vista dell’assemblea spiegando che la banca si troverebbe in crisi, sarebbe sottoposta a misure straordinarie, che «potrebbero determinare la liquidazione coatta amministrativa» o, in alternativa, la ricapitalizzazione precauzionale «qualora ne sussistano i presupposti».
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Per questo motivo Carige si è attivata per promuovere una sollecitazione di deleghe di voto tra i piccoli soci, che valgono circa il 40% del capitale della banca. Per incentivare la loro presenza è prevista l’assegnazione di 10 milioni di euro in azioni gratuite agli azionisti che prenderanno parte fisicamente o per delega all’assemblea, indipendentemente dal loro voto. Secondo le indiscrezioni emerse, il raggiungimento del quorum sarebbe ormai a portata di mano. Per essere approvato, però, il piano di rafforzamento necessità deò voto favorevole dei due terzi del capitale presente in assemblea: se Malacalza si presentasse e votasse contro o si astenesse ogni sforzo sarebbe vanificato.
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