Carige, il futuro è nelle mani di Bce, clienti e Governo
di Alessandro Graziani
2' di lettura
Tredici miliardi e settecento milioni. A tanto ammontava a fine settembre (ultimo dato disponibile) la raccolta diretta da clientela privata e imprese di Banca Carige. Come si comporteranno i depositanti nelle prossime settimane, a partire da giovedì 27 dicembre quando le filiali riapriranno dopo la pausa natalizia? Il futuro di Carige dipende ormai soprattutto dalla fiducia dei clienti, dopo che ieri l’assemblea non ha approvato la proposta del cda - avanzata in accordo con la Vigilanza Bce - di aumentare il capitale sociale di 400 milioni. Decisivo il non voto della Malacalza Investimenti, primo azionista di Carige con il 27,5% del capitale, che ha sconfessato la proposta del cda nominato appena tre mesi proprio dalla lista di maggioranza presentata dagli stessi Malacalza. Un cda sfiduciato dagli azionisti, in condizioni normali, non potrebbe fare altro che dimettersi. Se non lo farà, forse anche su richiesta della Vigilanza, sarà per tamponare la nuova fase di emergenza che potrebbe aprirsi malgrado l’ottimismo dell’assemblea dei soci.
Il punto critico della banca resta la dotazione di capitale. Carige ha tamponato il deficit di total capital ratio al 31 dicembre grazie al bond subordinato da 320 milioni sottoscritto dallo schema volontario del Fondo interbancario di garanzia, ovvero da quasi la totalità del sistema bancario. Un sostegno che è arrivato, è bene ricordarlo, perché né il mercato né i principali soci di Carige erano disponibili a prestare soldi alla banca. Quel bond, che in teoria doveva essere rimborsato con i 400 milioni dell’aumento che è svanito, doveva pagare una cedola annua del 13%. Secondo le clausole dell’accordo siglato col fondo, essendo saltata la ricapitalizzazione, l’aumento della rischiosità del bond fa salire da subito il suo rendimento annuo al 16%. Il che comporta che Carige in un anno dovrà pagare interessi per 51,2 milioni di euro per un solo subordinato. Improbabile, dopo ieri, che possa emetterne altri nel 2019. Che accadrà? Le sorti della banca sono nelle mani, oltreché della clientela, della Vigilanza Bce. Alla fine di settembre Carige aveva un Cet1 del 10,8% rispetto a un requisito Srep Bce per il 2018 del 9,625% (senza considerare le richieste di Pillar2). Per il 2019 Carige si aspetta, come estrapolazione dei dati 2018, che Bce alzi la soglia al 10,25% (sempre escludendo il pillar2). Ma non vi è alcuna certezza che il Cet1 a fine 2018 sia ancora al 10,8% né si sa quali saranno le richieste di Srep 2019 che la Vigilanza renderà note alle banche tra fine gennaio e inizio febbraio. Se il capitale fosse insufficiente rispetto ai minimi chiesti da Bce, come reagirà la clientela? Il cda, sempre che sia ancora in carica, può provare a riconvocare un’assemblea dei soci e riproporre la ricapitalizzazione. Oppure, in caso di emergenza, chiedere al fondo di garanzia interbancario di convertire il bond in equity valido come Cet1. Ipotesi mai verificata per ora in Italia e più teorica che pratica. Interverrà il Governo? Presto per dirlo ma da ieri sera tra Autorità, banche e sindacati è scattato lo stato di allerta per il rischio che a Genova si apra una nuova crisi bancaria.
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