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Carige, Malacalza non svaluta: «Valore interamente recuperabile»

Nel bilancio della holding la quota del 27,5% rimane al prezzo di 412,9 milioni. L'esercizio 2018 della Malacalza Investimenti si chiude a -8,5 milioni

di Raoul de Forcade

(Ansa)

4' di lettura

Malacalza Investimenti crede ancora nel valore di Banca Carige. Lo dimostra il fatto che la società, la quale controlla il 27,5% dell’istituto genovese, ha deciso di non svalutare la partecipazione in Carige: è quanto si legge nella relazione di bilancio al 31 dicembre 2018. Non lo ha fatto perché, a dispetto di una riduzione del patrimonio netto della banca, si ritiene, recita il documento, che «il valore di carico della partecipazione sia ancora integralmente recuperabile».

E così, mentre prosegue il silenzio dei Malacalza sull’operazione messa a punto dai commissari di Carige, Pietro Modiano, Fabio Innocenzi e Raffaele Lener, che prevede, per la banca genovese, una ricapitalizzazione da 900 milioni e l’ingresso dei trentini di Ccb, si palesa ancora una volta (era già successo nella relazione del bilancio 2017), la convinzione della famiglia che sia possibile ancora un «progressivo riassorbimento della perdita di valore dell’investimento» in Carige. Anche se, bisogna rilevarlo, questa convinzione si basa sul piano industriale presentato nel febbraio 2019, in cui si prevedeva, a fronte di una determinata situazione patrimoniale, un aumento di capitale di 630 milioni. Una somma diversa da quella prospettata oggi.

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Nella relazione di Malacalza Investimenti (partecipata per un 48% da Hofima, la holding guidata da Davide Malacalza, per un altro 48% dal fratello Mattia, e per il 4% dal padre, Vittorio) si ricostruisce l’acquisizione, da parte della società, delle azioni che hanno fatto salire la quota di Carige controllata dal 20,639% (per un importo 377,1 milioni) al 27,555%, a seguito dell’acquisto di ulteriori azioni che hanno portato «il valore di carico della partecipazione fino a 412,9 milioni». Il tutto prima dell’assemblea del settembre 2018 quando si è consumato lo scontro tra azionisti della banca, con Raffaele Mincione, da un parte, e i Malacalza (alla fine vincenti), dall’altra. Assemblea che ha avuto come conseguenza l’uscita di scena dell’ad Paolo Fiorentino e l’arrivo, alla guida della banca, di Modiano e Innocenzi (prima come presidente e ad, in seguito in qualità di commissari).

Nel bilancio di Malacalza Investimenti (chiuso in data 25 giugno 2019) si sottolinea che Carige «ha conseguito nel trascorso esercizio un’ulteriore perdita». Il riferimento è alle rettifiche su crediti per 219,2 milioni contabilizzate nella trimestrale di novembre 2018 e ai -279,7 milioni di chiusura d’esercizio. E che, «a seguito della riduzione del capitale sociale per perdite», deliberata dall’assemblea del 22 dicembre 2018 (quando i Malacalza, astenendosi, bocciarono un aumento di capitale da 400 milioni proposto dal board di Carige) «il patrimonio netto della partecipata si è ridotto dal 2,14 miliardi a 1,64 miliardi». Riduzione che ha «determinato un decremento della quota di patrimonio netto posseduta al 31 dicembre 2018, ammontante a 453,8 milioni» e di quella del bilancio consolidato «ammontante a 482,1 milioni».

Nonostante questa riduzione, si legge nel documento, «alla fine della data di esercizio il valore della quota posseduta di patrimonio netto della partecipata è ancora superiore al valore di carico della stessa, sicché, sotto questo profilo, non sussistono ragioni per ridurre il valore della partecipazione iscritta al costo storico». Il testo ricorda poi la sospensione del titolo da parte della Consob, l’1 gennaio 2019, e il commissariamento della banca, disposto il 2 gennaio dalla Bce (con un provvedimento che non risulta ancora trasmesso a nessuno degli azionisti di Carige).

A fronte di questi avvenimenti e delle misure di concessione di garanzie dello Stato su nuove emissioni obbligazionarie disposte da Mef, evidenzia il documento, «si ritiene che la persistente riduzione del valore di mercato» di Carige «rifletta un evidente peggioramento della situazione patrimoniale». Vi sono tuttavia, prosegue il testo, «importanti elementi idonei a far ritenere che la perdita di valore dell’investimento, pur persistendo, non abbia caratteri di durevolezza che ne impongono una svalutazione».

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E qui il documento si sofferma sul piano industriale presentato dai commissari il 27 febbraio 2019. Piano che prevedeva due scenari: il salvataggio della banca stand alone, con un aumento da 630 milioni, o la business combination (cioè l’ingresso nel capitale di altri soggetti, cioè la strada presa ad oggi).

L’esame di quel piano industriale, scrivono i Malacalza, «evidenzia che la realizzazione di almeno uno dei due scenari alternativi ipotizzati dai commissari sarà idonea a consentire un progressivo riassorbimento della perdita di valore dell’investimento in un orizzonte temporale coerente con le prospettive durevoli che lo caratterizzano». Non si può non rilevare, peraltro, che la manovra oggi prospettata, da 900 milioni (700 di aumento più 200 di bond Tier 2), sia diversa da quella ideata per il piano di febbraio e possa sottendere (anche se non sono state ancora pubblicate trimestrale e semestrale 2019 di Carige) a valori patrimoniali diversi da quelli allora registrati.

Oltre al bilancio 2018 della Malacalza Investimenti, che si chiude con un risultato di -8,5 milioni, al Registro delle imprese è stato depositato anche quello della holding Hofima, che segna risultato di gruppo di -243.718 euro, a causa soprattutto della liquidazione della controllata Omba Impianti. Tra le partecipate spicca, però, segna una buona performance, con un utile di 507.677 euro, Asg Superconductors, l’azienda produttrice delle mega bobine che costituiscono il cuore del reattore sperimetale Iter, per la fusione nucleare (energia atomica pulita). Asg, nel 2018, ha proceduto anche all’incorporazione delle ex controllate Paramed e Columbus superconductors.

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