Carlo Bonomi: «Fare impresa è fare cultura»
Con il presidente di Confindustria gli imprenditori ribadiscono il loro ruolo nella promozione culturale ed economica del paese
di Nicoletta Picchio e Marco Carminati
2' di lettura
Agli Stati Generali della Cultura di Torino si è spaziato dal PNNR alla vita dei musei, dal ruolo dei privati nell'economia della cultura e sulle nuove frontiere nell'editoria, nei media, nelle tecnologie a servizio dell'arte. E poi si sono allargati gli sguardi ai musei e alle città, agli live events, ai brand e al lavoro degli artisti (con la testimonianza di Andrea Bocelli).
Fin dall'inizio non sono mancati momenti “caldi”: la. dichiarazione del ministro Dario Franceschini che le imprese, soprattutto le grandi imprese, si «dovrebbero vergognare» di non destinare una parte dei propri utili al patrimonio culturale del proprio Paese, non è piaciuta. «Fare impresa è fare cultura.
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi
Le parole di Franceschini sono l'ennesima riprova del sentimento anti-industriale che c'è nel Paese» ha dichiarato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi a margine del convegno “Digitale per crescere” organizzato da Anitec-Assinform a Milano. «Certe espressioni - ha aggiunto - non dovrebbero appartenere a un Ministro della Repubblica. Posso elencare tante iniziative di imprese private nel settore della cultura. Mi vengono in mente le grandi donazioni di Squinzi, Pirelli e Prada. Anche il sistema bancario nel 2020 ha donato quasi 1 miliardo di euro per la cultura, per non citare musei di impresa che sono una emanazione diretta delle stesse. Mi auguro che sia stata una espressione non ben colta. Voglio ribadire ancora una volta che l'industria è un tema di sicurezza nazionale: la dimostrazione è arrivata durante la pandemia, senza le imprese non ci sarebbero stati i farmaci, gli alimenti, i beni di prima necessità».
Luigi Abete
Anche Luigi Abete, Presidente Associazioni Imprese Culturali e Creative, presente agli Stati generali, non ha gradito la sortita ministeriale: «Chi vuol fare donazioni le fa in coscienza e senza essere sollecitato. C'è una legge dello Stato che consente a chi può e pensa che sia una buona utilizzazione di farlo. Non penso che le imprese debbano essere messe sotto schiaffo psicologico perché non lo fanno». «Gli imprenditori devono innanzitutto investire nella crescita economica della propria azienda perché in questo modo difendono il paese e difendono le attività economiche che a loro volta contengono cultura - ha sottolineato Innocenzo Cipolletta, presidente di Confindustria Cultura Italia, interpellato a margine degli Stati Generali - Dopodiché molti imprenditori investono in cultura, e siamo contenti che lo facciano». La garanzia di fondi e sostegni economici (pubblici e privati) continuano a essere strategici nel futuro del settore, ma anche lo sono anche l'innovazione tecnologica, l'importanza di “fare squadra” (come Bergamo e Brescia, capitali della cultura nel 2023), il rinnovamento dei musei e l'apertura di nuovi nel nome dell'accessibilità e nell'inclusione.
Gli assessori alla cultura Miguel Gotor e Tommaso Sacchi
Molto interessanti si sono rivelate anche le linee di azione proposte in particolare dagli assessori alla cultura Miguel Gotor per Roma e Tommaso Sacchi (che hanno annunziato importanti progetti per le periferie urbane, con l'apertura di spazi espositivi per la cultura e nuove biblioteche).E anche se gli italiani leggono poco il mondo dell'editoria (lo ha confermato Riccardo Levi) e quello dei festival filosofici e letterari (lo ha ribadito Giulia Cogoli) offrono concrete possibilità di rilancio per la cultura diffusa e partecipata, soprattutto nelle più giovani generazioni.
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