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Carne sintetica, dieci anni di storia, tra 20 un business da 450 miliardi $

Nata a Maastricht a un prezzo di 250mila euro per un etto e mezzo, supportata da Brin e Gates, ora è alla portata di tutti. Ma l’Italia si chiama fuori

di Elena Comelli

Reuters

4' di lettura

Il decreto sulla carne sintetica varato nella seduta del Consiglio dei ministri di martedì 28 marzo punisce con sanzioni da 10 a 60mila euro, oppure fino al 10% del fatturato totale annuo, le aziende italiane che producono alimenti, bevande e mangimi realizzati in laboratorio partendo da cellule animali. In questo modo, le aziende italiane resteranno escluse da un settore ancora agli albori ma in fortissima crescita, quello degli alimenti sintetici alternativi ai prodotti animali.

Di cosa si tratta? Il primo hamburger 2.0 è stato prodotto dieci anni fa, nel 2013, nel laboratorio di Mark Post, cardiologo e professore di fisiologia vascolare all’Università di Maastricht, con uno sforzo finanziario non da poco: 250mila euro per 150 grammi di macinato. È un prezzo simbolico, ovviamente, che include i costi di tutta la ricerca alla base dell’hamburger sintetico, nato da una coltura di cellule staminali bovine, a partire da un frammento estratto con una biopsia indolore dai muscoli del collo di una mucca.

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Post stimò allora che in pochi anni i surrogati sintetici sarebbero diventati competitivi con le polpette vendute al supermercato, grazie alle economie di scala. Dopo un decennio, infatti, lo stesso hamburger può stare sul mercato a 4 dollari e gli analisti di Barclays stimano che il giro d'affari della carne sintetica sia destinato a raggiungere i 450 miliardi di dollari nel 2040, ossia il 20% del mercato globale della carne.

Post era così fiducioso nel futuro anche perché i finanziamenti alla sua ricerca sono arrivati da Sergey Brin. Il fondatore di Google scoprì il professore olandese cercando in giro per il mondo chi stesse già lavorando alla coltura di carne bovina in vitro, con l’idea di trovare un’alternativa alla dieta carnivora degli americani, senza rinunciare al sapore dell’originale.

Ma Brin non è l’unico imprenditore californiano a puntare in questa direzione: la carne sintetica è uno dei nuovi pallini della Silicon Valley, insieme alle energie alternative e all’auto elettrica, nell’ottica della tutela ambientale e dell’uso sostenibile delle risorse. Fra gli investitori che ci scommettono ci sono tycoon del mondo tech come Bill Gates e Richard Branson, ma anche celebrità come Leonardo Di Caprio.

A livello di Paesi, fra i più avanzati in questo ambito c’è Singapore, città-Stato che importa il 90% del cibo, e Israele. Qui opera a Tel Aviv il lab-bistrot The Chicken, dell'azienda di tecnologia alimentare SuperMeat, che offre ai clienti carne di pollo sintetica. In Italia la realtà pioniera è Bruno Cell: una startup nata nel Centro di Biologia Integrata di Trento, progetto dell'Università insieme alla Provincia Autonoma.

I sostenitori della carne artificiale, del resto, non sono una novità. Winston Churchill nel 1931 scriveva: «Fra cinquant’anni la smetteremo con l’assurdità di allevare un pollo intero per mangiarne solo il petto o le ali. Faremo crescere queste parti separatamente, con l’aiuto di mezzi adatti».

Il fatto è che per mettere nel piatto un chilo di carne di manzo ci vogliono 192 metri quadri di terreno e 15mila litri di acqua per coltivare 64 chili di grano, emettendo 27 chili di CO2. L’allevamento di animali da macello produce da solo circa il 15% della CO2 emessa globalmente.

La corsa di Brin e compagni punta a trovare un sistema alternativo, più sostenibile e umano, per produrre lo stesso contenuto proteico e lo stesso sapore che oggi si ottiene alimentando miliardi di capi di bestiame, per poi macellarli e farli a pezzi in stabilimenti industriali, con enorme dispendio di energia.

Coltivando cellule animali in un bioreattore con un mix di nutrienti che riproducono le condizioni naturali le cellule si moltiplicano rapidamente e si possono ottenere 10mila chili di carne in poche settimane, rispetto all'anno e mezzo necessario per far crescere i bovini in modo tradizionale. Il tutto, poi, senza uccidere o macellare: un traguardo nell'ottica del benessere animale, oltreché un grande business.

Non tutti i nuovi imprenditori del cibo 2.0, naturalmente, partono dalle proteine animali per arrivare alla carne sintetica. Anzi. Il sistema più diffuso e più semplice è usare proteine vegetali, come fanno da sempre tutti i vegetariani. Pat Brown, di Impossible Foods, produce i suoi hamburger partendo dalle proteine della soia e di altri legumi: costano 5 dollari e ormai si trovano al supermercato.

Brown, ex professore di biochimica a Stanford, ha raccolto 1,3 miliardi di dollari di finanziamenti da una serie di investitori, compreso Bill Gates, per arrivare a questo risultato, molto più sofisticato delle solite “bistecche di soia” già in commercio da anni. E sostiene che la sua non è un’imitazione, ma un «modo migliore di produrre la carne». Il suo processo, che non vuole rivelare nei dettagli, richiede la trasformazione di quantità notevoli di biomasse in un prodotto simile a carne macinata, analoga a quella del manzo, ma senza il manzo.

I pionieri di questa nuova industria si sono messi d’impegno per catalogare tutte le proteine di origine vegetale e hanno trovato una grande varietà di piante, non solo legumi ma anche vari tipi di cereali, per combinarle nella maniera più opportuna e replicare con la maggiore accuratezza possibile l’esperienza fornita dalla carne e dalle uova. C’è chi parte dalle proteine vegetali per arrivare a riprodurre la carne di pollo, come Beyond Meat, fondata da Ethan Brown, che distribuisce già i suoi prodotti in tutti gli Stati Uniti. Beyond Meat è il risultato di un investimento di due dei fondatori di Twitter, Evan Williams e Biz Stone, entrambi vegetariani di ferro, mentre Bill Gates, Li Ka-Shing e Khosla Ventures finanziano una dozzina di progetti di questo tipo.

Se lo sforzo finanziario darà i suoi frutti, presto avremo nuovi stimoli nel piatto e una dieta più sostenibile. Una bella sfida, che potrebbe cambiare il futuro dell’alimentazione.

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