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Carni bianche, assemblea Unaitalia: costi dei mangimi insostenibili per la filiera

Bruciati 800 milioni in un anno. Il presidente Forlini: «Fino ad oggi il settore ha tenuto testa alla crisi grazie al suo alto livello di integrazione verticale, ma siamo molto preoccupati per il futuro».

di Giorgio dell'Orefice

3' di lettura

Oltre 800 milioni di euro bruciati in un anno, di cui 450 solo nella fase agricola per effetto dei rincari delle materie prime agricole (in primo luogo mangimi) e dell’energia. È la “conta dei danni” dovuta alla congiuntura internazionale per il settore avicolo made in Italy, uno dei comparti più virtuosi dell'agroalimentare italiano, tra i pochi ad avere un grado di autosufficienza del 108% per le carni bianche e del 95% per le uova. Una penalizzazione significativa e che sta rischiando anche di compromettere un quinquennio di continua e rilevante crescita con la prima battuta d'arresto nei consumi registrata nel primo trimestre del 2022.È quanto è emerso a Roma nel corso dell'assemblea di Unaitalia, l'associazione delle industrie del settore avicolo italiano.

Anche una filiera che soddisfa appieno con la propria produzione il fabbisogno interno è esposta ai mercati internazionali e lo è in particolare con i mangimi (che rappresentano il 60% dei costi di produzione e sono aumentati del 33% nel primo trimestre 2022). Solo ad aprile 2022 il mais è cresciuto del 59%, la soia del 15% e l'orzo del 90%.
Nel complesso questi aumenti hanno provocato una crescita generalizzata dei costi agricoli del 18,4% con incrementi dei costi produttivi che sono stati del 21,1% per la carne e del 50% per le uova (dati Ismea).

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«Sui prezzi delle materie prime – ha commentato il presidente di Unaitalia, Antonio Forlini – dobbiamo però essere chiari: oltre che ad aumenti derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, dalla corsa all'approvvigionamento preventivo da parte della Cina ed alle difficoltà di produzione legate ai cambiamenti climatici, siamo di fronte a dinamiche speculative, in atto da quasi 2 anni, che devono essere fermate. I dati forniti dal Cftc Usa dimostrano infatti come i rincari su grano, mais e soia siano anche legati all'ingresso, da metà 2020, di investitori “non commerciali” nel mercato delle materie prime. Da allora i prezzi sono arrivati ai massimi storici, con valori raddoppiati rispetto alle medie del 2015-2020. Anche l'Indice Igc Grains&Oilseeds evidenzia una forbice del +80% tra i valori medi del 2015-2020 (primo semestre) e quelli attuali. Così non è sostenibile – continua Forlini –. Fino ad oggi il settore ha tenuto testa alla crisi grazie al suo alto livello di integrazione verticale, ma siamo molto preoccupati per il futuro. I cambiamenti dello scenario mondiale, a livello sanitario, politico ed economico ci stanno insegnando l'importanza della sovranità alimentare e dell'accesso al cibo».

Con 6mila allevamenti professionali e 64mila addetti (38.500 nella fase di allevamento e 25.500 addetti alla trasformazione), il settore avicolo made in Italy nel 2021 ha prodotto 1.374.000 tonnellate di carne (-1,14% sul 2020), pari al 108% dei consumi. A questi si aggiungono 12,1 miliardi di uova prodotte, con un tasso di approvvigionamento pari al 97%. Complessivamente il settore vale 5,9 miliardi di euro (4.830 milioni per le carni e 1.070 milioni per le uova). In ripresa l'export delle carni (+8,3%), soprattutto il pollo, che ha raggiunto quota 131mila tonnellate (+12,2%).Numeri, quelli forniti nel corso dell'assemblea di Unaitalia - di un comparto in salute e che ha beneficiato di ben 5 anni di crescita sostenuta ma che ora comincia a registrare qualche segnale di rallentamento. Le carni avicole hanno registrato un aumento degli acquisti del 9% in quantità e del 19% in valore, mostrando una dinamica di gran lunga più favorevole rispetto all'intero comparto delle carni, il comparto registra ora i primi segnali di riallineamento al 2019. In lieve flessione l'utilizzazione interna, pari a 1 milione 267mila tonnellate (-2%) e i consumi pro-capite (-0,5%), arrivati a 21,43 kg (Dati Ismea/Unaitalia).

Ma nel primo trimestre 2022, in risposta all'incremento dei prezzi medi, la domanda al consumo mostra i primi segni di contrazione (-11% a volume sul I trim. 2021), riallenandosi ai volumi pre-pandemia del I trimestre 2019 (86mila tonnellate). Tuttavia, la carne di pollo - hanno aggiunto a Unaitalia - rimane di gran lunga la carne più consumata dagli italiani, anche nel 2021: il 72% lo mangia almeno una volta alla settimana, al pari di carne e pesce, seguita a lunga distanza da manzo (54%), maiale (50%), vitello (46%). In media il pollo è consumato quasi 2 volte a settimana (dati Doxa 2021).


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