Carni bianche, calo della produzione ma buoni risultati per le aziende
Al via Fieravicola a Rimini. La scarsità di offerta dovuta all’influenza aviaria e la tenuta dei consumi hanno permesso di adeguare subito i prezzi al balzo dei costi. Bilancia commerciale per la prima volta in negativo
di Emiliano Sgambato
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Forte calo della produzione e la bilancia commerciale che vede per la prima volta l’import superare l’export. Il tutto in un periodo di costi record per i mangimi e l’energia. La fotografia sull’ultimo anno del settore delle carni bianche scattata da Ismea potrebbe far configurare un saldo negativo per i bilanci degli allevatori. Che invece hanno registrato soddisfacenti livelli di redditività, oltre che un fatturato in crescita, spinto dall’inflazione.
La filiera « attraversa un periodo assolutamente positivo», ha affermato a margine di Fieravicola a Rimini Fabio Del Bravo, responsabile della Direzione Servizi per lo sviluppo rurale dell’ Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare: «Dopo un paio d’anni di montagne russe in cui i costi e i prezzi erano fuori controllo anche per la filiera delle uova e della carne avicola, il 2022 si è chiuso, e il 2023 è iniziato, con un processo di normalizzazione – spiega –. I costi stanno ritornando a livelli ragionevoli e i consumi si sono stabilizzati. Anzi, nel caso della carne avicola, nel 2023 hanno ripreso a crescere, anche per un contesto di prezzi favorevole». In crescita anche la vendita di uova, spiega Del Bravo, che «a fronte di un incremento di prezzi, che erano rimasti piuttosto bassi negli anni precedenti, non incontrano problemi nella vendita che anzi, in termini di volume, è aumentata».
Il paradosso dell’aviaria
«L’impatto dell’influenza aviaria, che ha ridotto molto la quantità di carni sul mercato, ha permesso un rapido adeguamento dei prezzi finali di vendita ai costi di produzione, che sono esplosi – spiega Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, l’associazione che raggruppa i produttori di carni avicole –. In un altro momento probabilmente l’offerta abbondante avrebbe frenato l’aumento dei prezzi e influito negativamente sulla marginalità. Ovviamente è stato importante anche che la richiesta delle famiglie sia rimasta buona, nonostante i prezzi più alti. Le promozioni sulle carni bianche, che in genere sono sempre molto praticate dai supermercati, per un certo periodo dello scorso anno sono state praticamente azzerate».
Consumi senza crisi
La domanda dei consumatori si è dimostrata quindi rigida: secondo le rilevazioni Ismea, -0,2% in volume nel 2022 per un +18% di euro spesi. Un aumento in valore che di conseguenza farà lievitare il giro d’affari del settore che nel 2021 valeva 5,8 miliardi alla produzione.
Nello stesso periodo in cui la domanda interna registrava un «progressivo consolidamento», i mangimi e l’energia «hanno segnato un’impennata che si è tradotta in un consistente aumento dei costi di produzione» (l’indice Ismea è passato in poco più di un anno da 127 a 156 punti), e in una «rapida e rilevante crescita dei listini». L’incrocio dei due trend ha portato a un «miglioramento della redditività degli allevamenti per tutto il 2022», si legge nel report che sarà diffuso oggi.
Se a livello europeo nel 2022 la produzione è rimasta stabile (+0,3%) – «dopo la costante crescita nel decennio 2010-2020 e il sensibile ripiegamento nel 2021 (-1,9%)» – in Italia è invece calata del 12% in un anno, «al minimo degli ultimi dieci» per «problematiche di ordine sanitario»: secondo i dati di Efsa l’ondata di aviaria è stata la più grande mai riscontrata in Europa (2.467 i focolai osservati nel pollame e 48 milioni gli uccelli abbattuti).
Volumi in ripresa e prospettive
Ora però l’emergenza sembra essere rientrata – «anche se alcuni focolai sono stati rilevati a inizio primavera, probabilmente dovuti all’impatto del cambiamento climatico sulle migrazioni degli uccelli», nota Forlini – e le promozioni sono riprese. La tendenza rilevata da Ismea nei primi mesi dell’anno è infatti di una diminuzione dei listini (che si accompagna comunque anche al calo dei costi per i produttori) che ha portato anche a una accelerazione degli acquisti in volume, cresciuti del 12% nel bimestre gennaio-febbraio su base annua, ben al di sopra dei livelli pre Covid. I consumi di carni avicole sono infatti quelli che «hanno mostrato la miglior performance nell’arco del quinquennio (+14%): l’indice di penetrazione nelle famiglie è del 93% e il consumo medio pro capite ha superato i 20,5 kg», si legge nel report. Un trend che non è stato interrotto da crisi e inflazione probabilmente anche perché, nonostante i rialzi, i prezzi sono competitivi rispetto ad altri tipi di carne.
«Considerato il quadro economico generale e se non ci saranno pur possibili nuove emergenze – prosegue il report – per il 2023 è ipotizzabile una sostanziale tenuta degli attuali livelli di prezzo». Tuttavia a inizio 2023 «l’indice dei costi scende in misura meno importante di quello dei prezzi, ma i risultati reali saranno chiari solo tra qualche mese, quando il ridimensionamento di alcuni fattori di costo saranno evidenti sul mercato di energetici e mangimi». Ismea prevede comunque una fase caratterizzata da costi di produzione relativamente elevati, a cui «si aggiungono le difficoltà riscontrate in diverse regioni nel reperire animali da riproduzione, con possibili conseguenze sulla futura produzione. D’altro canto, però, «l’elevata inflazione in corso metterà sotto pressione il potere di spesa dei consumatori» con un probabile «rafforzamento della domanda di pollo, uova e dei tagli più economici».
Bilancia commerciale negativa
Meno offerta interna e prezzi più alti hanno comportato più importazioni, cresciute in «maniera eccezionale» nel 2022. Di conseguenza la bilancia commerciale del settore è scesa «per la prima volta in negativo con un deficit di 15,5 milioni di euro». Un dato significativo se si considera che il settore delle carni bianche è uno dei pochi in cui l’Italia è tradizionalmente autosufficiente e dove anzi in genere si riesce ad esportare il surplus prodotto. «Forse non basterà un anno – commenta Forlini – ma contiamo di tornare presto ad un surplus come in passato. Per farlo, in un contesto di costi elevati, occorrerà continuare a puntare su competitività, innovazione e integrazione di filiera».
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