Caro affitti, il commercio chiede al governo una moratoria sui canoni
Il retail deve già affrontare gli aumenti di luce e gas, trasporti e materie prime
di Enrico Netti
2' di lettura
Una moratoria contro gli aumenti dei canoni delle locazioni commerciali. A chiederla è Confimprese, l’associazione del commercio moderno, preoccupata per l’aumento dell’inflazione. «Serve un intervento a livello governativo che preveda la moratoria dell’aumento Istat per l’affitto di immobili commerciali, senza peraltro escludere la necessità di rivedere i modelli contrattuali in essere qualora la crisi dovesse protrarsi nel medio-lungo periodo» dice Mario Resca, presidente Confimprese. L’aumento degli affitti andrebbe a pesare ancora di più sul conto economico del retail insieme alle altre voci di costo a partire luce e gas, trasporti, materie prime e personale mentre i fatturati sono in sofferenza. Il peso dell’affitto sul giro d’affari finora è cresciuto al 22,2% dal 18% degli anni pre Covid per un negozio di abbigliamento mentre per un ristorante si è passati dal 12 al 12,6%. «Se vogliamo evitare la chiusura dei negozi e il ridimensionamento dell’occupazione il Governo deve intervenire subito sull’esempio di quanto fatto con il Decreto legge 95 del 2012 per la pubblica amministrazione, per cui l’aggiornamento Istat dei canoni di locazione è stato congelato per dieci anni» continua Resca. Per quanto riguarda il domani il presidente prevede che nei prossimi mesi i ricavi del retail caleranno mentre per gli affitti si prevedono «aumenti a doppia cifra, superiori al 10%, mettendo in crisi le imprese».
All’estero il problema è già stato affrontato. In Francia si cercano di contenere i rincari con misure specifiche per le attività del retail e per le famiglie e lo scorso 16 agosto è stato introdotto un tetto massimo al 3,5% all’aumento dei canoni. In Germania sono in corso discussioni sulle misure da adottare mentre in Spagna a fronte di un’inflazione che ha superato il 10% è stato introdotto un tetto massimo dell’indicizzazione pari al 2%, applicabile fino a fine anno ai contratti d’affitto per gli immobili ad uso residenziale. Secondo Confimprese andrebbe reso obbligatorio un principio generale di rinegoziazione del contratto qualora si verifichino eventi imprevedibili e incontrollabili non imputabili alle parti che alterano le condizioni pattuite. Al momento in Italia si potrebbe seguire la via dell’eccessiva onerosità sopravvenuta che porta, nel caso di indisponibilità dell’altra parte a una equa revisione, tra la continuazione del rapporto alle stesse condizioni o la risoluzione del contratto.
Anche Aires, in nome dei gruppi specializzati di elettrodomestici ed elettronica di consumo, in vista dell’emanazione del prossimo decreto sostegni chiede che «il Governo tenga conto che i costi energetici pesano su queste aziende erodendo margini fisiologicamente bassi» segnala Andrea Scozzoli, presidente Aires. Per alcune aziende il margine è intorno al 2% delle vendite. Da qui la richiesta che il Governo voglia tenere in considerazione il fatto che indipendentemente dalla quantità di energia che viene utilizzata nello svolgimento dell’attività di impresa, è importante anche considerare l’incidenza di questi nuovi costi sul conto economico.
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