Aumento

Caro container, le filiere si riorganizzano

Il presidente Pitto (Spediporto): i noli in import toccano
i 12mila dollari per container da 40 piedi, contro i 2mila del settembre 2020

di Monica Zunino

Mix esplosivo. II caro noli e container sta impattando pesantemente sulle imprese

3' di lettura

C’è difficoltà a reperire materie prime e stock di rifornimento, trasportare un container da un porto della Cina a un porto del Mediterraneo oggi costa anche sei volte di più rispetto all’anno scorso, i tempi di consegna sono raddoppiati. È un mix letale quello cui si trovano a far fronte le aziende di ogni settore ormai da mesi. Un mix in cui giocano la carenza di stiva a fronte di una domanda di beni esplosa dopo il lockdown per il Covid, e nuove navi in arrivo solo nel 2022, insieme alla mancanza di contenitori vuoti da riempire per le spedizioni. E a complicare le cose sul fronte del trasporto a terra si somma anche il fatto che mancano autisti per i tir: 2mila nella sola area del Nord Ovest.

«I noli in import sono a 12 mila dollari per un container da 40 piedi, contro i 2mila del settembre 2020 - dice Alessandro Pitto, presidente di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri genovesi – e si è allungato, raddoppiando, il transit time cioè il tempo che passa da quando hai la merce pronta a quando arriva a destinazione. Su alcune rotte si può aspettare anche un mese per trovare spazio sulla nave mentre prima la imbarcavamo su una nave che partiva dopo 4 o 5 giorni, poi c’è il viaggio che dura da 30 a 35 giorni. E poi magari quando la merce arriva non riesci a consegnarla perché non trovi il camion che la porti a destinazione. Paghi per un servizio più scadente».

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I porti di Genova e Savona, in questo quadro hanno fatto il pieno di traffico container che nei primi otto mesi 2021 è salito del 6% rispetto ad agosto 2019, prepandemia, cavalcando l’onda della ripresa.

Per le aziende, però, l’altra faccia della ripresa rischia di avere un prezzo salato e qualcuno sta pensando a riorganizzarsi. «Con questo incremento vertiginoso del costo dei noli e noleggio dei container, alcune supply chain vengono di fatto, su merci a basso valore, interrotte, e determinano uno scompenso enorme», commenta il presidente della Camera di commercio di Genova, Luigi Attanasio.

Un esempio? «Il sapone, che prima si produceva in Europa, adesso in larga parte non si produce più perché è basato sull’olio di palma indonesiano e malese – spiega -. Di norma i trucioli di sapone arrivano in Europa e in Italia in sacchi infilati in un container: le fabbriche li estrudono e fanno le saponette del colore e con il profumo preferiti aggiungendoli qui. Ora, a causa un po’ dei costi della materia prima e moltissimo dei trasporti, sono inaccostabili. Quando si esauriranno le scorte nei magazzini si dovrà trovare un altro modo per fare le saponette. Questo implica problemi e opportunità. L’opportunità è che questa situazione indurrà gran parte del mondo produttivo a ragionare sulle distanze delle proprie catene di alimentazione, che anche in logica di riduzione delle emissioni di Co2 non ha senso siano così lunghe e quindi rideterminerà occupazione in Europa. Di negativo c’è che produrre queste cose in Europa non ha gli stessi costi che produrle in Asia».

Ragionare su reti d’impresa per la logistica, da parte delle imprese italiane, potrebbe essere un’altra strada, secondo il presidente di Assagenti, Paolo Pessina. «L’aumento dei noli – dice – è la dimostrazione che qualunque cosa succeda nel mondo ha un impatto anche sulla logistica in Italia, che le aziende hanno demandato al cliente lavorando franco fabbrica».

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