Caro-vita, gli (eventuali) effetti a cascata su tutti gli altri asset
di Marcello Frisone
5' di lettura
Non si fa in tempo a guardare al rialzo (forse ancora per poco) del prezzo del petrolio per sfruttare magari ancora qualche opportunità, che subito dopo gli operatori del mercato monitorano un altro rialzo: quello dell'inflazione. Sì perché il rincaro dell'oro nero, assieme al costo del lavoro, influenza proprio il caro-vita che poi, a cascata, ha riflessi su tassi di interesse, azioni , obbligazioni , valute . Insomma, se tutto ciò dovesse avvenire allora è forse arrivato il momento di controllare come sono diversificati i propri investimenti e, se del caso, riposizionare al meglio il proprio portafoglio. Facciamo però un passo indietro e vediamo cosa è bene sapere per fare scelte di investimento consapevoli.
Il trend del prezzo del petrolio
Si fa un gran parlare di recente di petrolio a 100 dollari o forse più. Anche se siamo molto lontani dai livelli toccati nel 2008 (in questi giorni il Brent veleggia a circa 81 dollari al barile) vale la pena domandarsi: cosa potrà succedere in caso di continuo rialzo (e ciò non è detto cha avvenga ancora per molto) del prezzo del barile? La risposta è, appunto, l'aumento anche dell'inflazione.
Da cosa è composto il caro-vita
L'inflazione è fatta sostanzialmente da due componenti: il costo del lavoro e quello delle materie prime. Il primo, a sua volta, si compone in sintesi di due misure: il livello di disoccupazione e il livello di utilizzo della capacità produttiva.
La situazione della disoccupazione è molto diversa negli Stati Uniti, in Europa e in Italia (nel grafico in grigio sono indicati i periodi di recessione). Mentre negli Stati Uniti la disoccupazione è bassa quanto non mai e l'Europa a 27 è prossima al livello minimo di disoccupati toccato prima della “grande crisi” del 2008, in Italia le cose non stanno così: da noi la disoccupazione fatica a scendere. Ma nel complesso dei Paesi industrializzati la disoccupazione è ormai prossima a livelli compatibili con una spinta inflazionistica a livello dei salari (se vi sono pochi disoccupati i salari tendono a salire).
Per quanto riguarda l'utilizzo della capacità produttiva degli impianti industriali, l'Europa è sui valori massimi da sempre, l'Italia è sui valori massimi storicamente raggiunti e gli Usa hanno ancora un margine di recupero da attuare
In termini di “output gap” (cioè di divario tra la produzione potenziale e quella effettiva, ), dopo quasi dieci anni di produzione inferiore al potenziale, sia l'Europa sia gli Stati Uniti veleggiano su livelli positivi, cioè a livelli compatibili con la produzione/aumento di inflazione. L'Italia, invece, è un po' più attardata intorno allo zero. «Questo vuol dire che - spiega Giampaolo Galiazzo, economista di Tiche di Treviso - l'Italia ha ancora un margine di crescita senza generare inflazione, margine che invece non hanno Europa e Stati Uniti: dovremmo approfittare di questo spazio perché, vista la situazione generale, le banche centrali non tarderanno a intervenire con aumenti dei tassi d'interesse a breve termine».
Le commodity
Le materie prime si muovono di concerto con il petrolio, anche se su scale diverse (o il petrolio si muove insieme alle materie prime) e negli ultimi due anni hanno registrato un rialzo continuo, collegato alla situazione congiunturale di ripresa economica globale. Tutto ciò porta naturalmente un effetto di crescita sull'inflazione.
Come si blocca l'inflazione
L'inflazione negli Stati Uniti è al 2,7%, in Europa ha toccato il 2%, in Italia si mantiene all'1,48% grazie alla debole crescita complessiva.
In questo scenario, le Banche centrali potrebbero intervenire per mettere sotto controllo il caro-vita. Negli Usa il livello di inflazione (2,7% appunto) è già al di sopra di quanto desiderato (2%) dalla Federal Reserve (Fed): i tassi d'interesse a breve termine hanno infatti già iniziato a salire per effetto degli interventi della banca centrale. I tassi d'interesse a breve termine sono infatti collegati con l'inflazione e di solito salgono quando sale quest'ultima e scendono (o al massimo non salgono) quando il caro-vita scende.
I riflessi dei tassi di interesse sui bond
I tassi di interesse, poi, sono inversamente collegati ai prezzi delle obbligazioni già emesse. Se questi infatti salgono, i rendimenti delle obbligazioni già emesse a tassi inferiori saranno meno appetibili e il loro prezzo dovrà scendere (viceversa se i tassi d'interesse scendono). Il rischio è tanto maggiore quanto più lunga è la durata residua dell'obbligazione. Nella scelta di acquisto di un'obbligazione il risparmiatore deve dunque farsi prima un'idea precisa su cosa succederà all'inflazione nel suo periodo di investimento per capire bene i rischi a cui andrà incontro. Negli Usa, infatti, i tassi d'interesse a breve termine sono passati da 0 a 2,18%, mentre quelli a lungo termine da valori prossimi al 2% sono cresciuti (meno però) fino al 3,23 per cento.
In Europa le cose stanno diversamente: nonostante l'inflazione sia arrivata al 2%, i tassi a lungo e a breve termine continuano a essere molto bassi, segno che la Bce (Banca centrale europea) continua nella sua opera di contenimento dei tassi d'interesse .
Ma questo comportamento non dovrebbe continuare per molto, soprattutto se gli Stati Uniti procedono nella strada già intrapresa e se l'inflazione, per effetto degli elementi già visti sopra, proseguirà nella sua corsa nei prossimi mesi.
I riflessi sulle valute
Questa situazione non potrà non influenzare il cambio euro/dollaro , che a sua volta influenza anche il prezzo del petrolio, essendo questo prevalentemente pagato in dollari. Il risultato potrebbe essere un sostanziale apprezzamento della valuta Usa che potrebbe causare problemi importanti a tutti i Paesi che usano questa moneta per indebitarsi nel sistema finanziario internazionale e, specialmente, le economie dei Paesi emergenti. «Da questo punto di vista - continua Galiazzo - sembra che gli operatori si stiano già muovendo in questa direzione poiché i contratti short sull'euro (cioè che prevedono un ribasso) stanno negli ultimi giorni superando i contratti long (che prevedono un rialzo dell'euro sul dollaro.
È possibile che tutto ciò alimenti ulteriormente i prezzi di petrolio e materie prime, componendone gli effetti inflazionistici a livello mondiale e la necessità da parte di una Bce accomodante di cambiare il proprio comportamento in direzione di un rialzo dei tassi a breve».
Come orientare il portafoglio
Cosa deve dunque fare un investitore europeo? «Le obbligazioni potrebbero risentirne negativamente - conclude Galiazzo - in particolare per quanto riguarda le scadenze lunghe e a tasso fisso; da privilegiare dunque le durate brevi e il tasso variabile. Le azioni, invece, potrebbero beneficiare in un primo tempo di questi cambiamenti che segnalano un ciclo economico in forte espansione. Bisogna però tener d'occhio l'evolvere della congiuntura economica per valutare nel tempo gli effetti recessivi del rialzo dei tassi (in America per ora e di là da venire in Europa)».
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