Cartiere in allarme: rincari record per la cellulosa
di Sissi Bellomo
2' di lettura
È la voce di costo principale per il settore cartario. E sta diventando pesante come un macigno. I prezzi della cellulosa stanno salendo vertiginosamente, con rialzi a doppia cifra percentuale dall’inizio dell’anno tanto per le fibre lunghe quanto per quelle corte: un rincaro in tandem che si verifica solo sporadicamente e che stavolta si accompagna ad aumenti anche per le fibre di riciclo, ossia la carta da macero.
L’allarme materie prime è finito un po’ in secondo piano alla recente assemblea di Assocarta, messo in ombra dal lancio della Roadmap europea per la riduzione della Co2 e dai consueti appelli al Governo per una bolletta energetica meno penalizzante rispetto ai concorrenti stranieri. Ma il rincaro della cellulosa è un problema tutt’altro che secondario: la commodity costituisce oltre metà del prezzo di vendita della carta, che si tratti di una risma di fogli per la stampante o di un pacco di fazzoletti.
Il trend degli ultimi mesi è impressionante, in particolare per le fibre corte, impiegate soprattutto in carte per uso igienico e domestico: la cellulosa bianchita d’eucalipto (Bek) è rincarata di oltre il 30% da gennaio, raggiungendo 860 dollari per tonnellata, un prezzo che non si toccava dal 2011 e che è sempre più vicino a quello delle fibre lunghe, in teoria più pregiate. La cellulosa nordica bianchita di resinose al solfato (Nbsk), benchmark per queste ultime, vale 910 $/tonnellata, il massimo da tre anni, in rialzo del 12% da gennaio.
I listini, rilevati da Ppi Europe, evidenziano aumenti anche per il materiale di riciclo (carte e cartoni misti): in maggio il prezzo aveva raggiunto 128 euro per tonnellata, +5,7% da inizio anno e addirittura +35,6% per i primi cinque mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Cosa sta succedendo? «Non ci sono stati eventi traumatici – spiega Lorenzo Pasquini, direttore acquisti di Lucart –I rincari dipendono in buona parte dal boom della domanda asiatica, in particolare ma non solo in Cina. E poi c’è stato qualche intoppo sugli impianti che producono cellulosa vergine».
In particolare è partito in ritardo il nuovo maxi-impianto indonesiano Oki Pulp & Paper, del gruppo App, una fabbrica contestatissima dagli ambientalisti perché accusata di contribuire alla deforestazione: «L’anno scorso – ricorda Pasquini – era previsto che Oki avviasse due linee di produzione da 1,4 milioni di tonnellate ciascuna, invece ne è stata avviata una sola e ci sono anche stati problemi tecnici».
In un mercato con pochi fornitori, com’è quello della cellulosa a fibra corta, ci sono state ripercussioni immediate. Molti operatori avevano rinviato gli acquisti, contando sul nuovo impianto e fidandosi degli analisti, che per il 2017 avevano previsto una stabilizzazione dei prezzi.
Anche per le fibre lunghe, ricorda Pasquini, ci sono stati problemi tecnici in diversi impianti, nell’Unione europea e negli Usa. «Qualche cartiera è forse stata costretta a comprare affannosamente sul mercato spot, sta di fatto che abbiamo osservato anche una vera e propria scarsità di materiale. A meno di non essere stati previdenti, è difficile reperire quello che serve per far girare le macchine».
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