Cartoline dall'inferno: benvenuti nel Pirocene
Dall'Australia all'Amazonia, dal Continente americano alla Siberia, Il 2020 è stato l'ennesimo anno di incendi di estese dimensioni, alcuni dei quali hanno raggiunto una severità e un'intensità mai viste prima. Tanto che David Bowman, professore di pirogeografia all'Università della Tasmania ha dichiarato: «L'intensità, la portata, il numero, l'ampiezza geografica, la simultaneità degli incendi e la varietà di ambienti che stanno bruciando sono tutte fuori dall'ordinario. Siamo in stato di guerra».
di Emanuele Bompan
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La tracotante idea di controllare l'energia nella forma più pura ed entropica, padroneggiare il fuoco, ricorre costantemente nella mitologia di ogni popolo. Sottratto agli dei, donato dagli angeli, abbandonato dai grandi spiriti, catturato da animali totemici, è l'elemento più ancestrale e simbolico bramato dall'uomo. Prometeo, il più arrogante tra i Titani, rubò il fuoco agli dei per donarlo al genere umano, ponendo quest'ultimo al pari di Dio nel controllare la Fiamma, archetipo di un sapere antropocentrico, illusione di invincibilità e di asservimento della Natura. Oggi questo controllo ci sta sfuggendo di mano, la promessa di sviluppo e di prosperità garantita dal processo di combustione (il fuoco inteso come calore per riscaldarci, alimentarci e fornirci energia) ci si sta ritorcendo contro.
Il 2020 è stato l'ennesimo anno di incendi di estese dimensioni, alcuni dei quali hanno raggiunto una severità e un'intensità maiviste prima, dal continente americano alla Siberia, fino all'Australia. In Amazonia, il 1° ottobre erano attivi simultaneamente 28.892incendi, per la maggior parte innescati dall'uomo. A fine estate, la costa occidentale degli Stati Uniti è stata devastata da oltre 100incendi boschivi che si sono diffusi su vaste aree: le fiamme hanno distrutto interi centri, stroncato decine di vite, provocato blackoute causato miliardi di dollari di danni. La California ha registrato il record di oltre 16mila chilometri quadrati di territorio andati in fumo;sei dei venti peggiori incendi avvenuti negli ultimi decenni nella regione si sono verificati nel 2020. Nel Pacifico nord-occidentale,più fresco e umido, ha sconvolto la rapidità della propagazione: in soli tre giorni, ben 4mila chilometri quadrati di suolo sono statipercorsi dalle fiamme, il doppio dell'area solitamente combusta in un anno.
In Australia, invece, a cavallo tra fine 2019 e inizio 2020, una serie di grandi incendi ha devastato almeno 85mila chilometri quadrati di foreste, e circa altri 10mila chilometri quadrati di aree a diversa copertura: una superficie più grande di quella del Portogallo. Insomma, un quadro inquietante. Per David Bowman, professore di pirogeografia all'Università della Tasmania, «l'intensità, la portata, il numero, l'ampiezza geografica, la simultaneità degli incendi e la varietà di ambienti che stanno bruciando sono tutte fuori dall'ordinario. Siamo in stato di guerra».
Giorgio Vacchiano, docente di gestione e pianificazione forestale all'Università Statale di Milano, parlando con IL adotta un linguaggiopiù sobrio, ma la preoccupazione traspare ugualmente: «Non è ancora chiaro se gli incendi del 2020 siano nel range della variabilitànaturale, che ha sempre avuto annate di picco, o siano invece qualcosa di completamente nuovo. Quello che ci dicono i dati però èche, a causa del cambiamento climatico, questa situazione tenderà sempre di più ad aggravarsi». Un mondo rosso, in fiamme, è l'immaginario che sta velocemente colonizzando il nostro modo di pensare il Pianeta Blu. Stiamo forse entrando in una nuova “era del fuoco”?Da qualche tempo nel dibattito pubblico rimbalza un nuovo concetto, quello di Pirocene, a indicare un'epoca di mega-incendicausati dal peggiorare delle condizioni climatiche.
Il termine è stato coniato da uno storico ambientale, Stephen Pyne, che studia il rapporto tra uomo e fiamme fin dagli albori della civiltà. «Pirocene si può impiegare come alternativa al concetto di Antropocene, definendolo come l'era caratterizzata dall'abilità, che è prerogativa dell'uomo, di manipolare il fuoco in un pianeta ricco di combustibile», racconta Pyne in una lunghissima chiacchierata con IL. «La ragione di questo neologismo è la necessità di enfatizzare la grandezza e la pervasività del potere dell'uomo sulla fiamma, al punto di concepire unequivalente pirico dell'era glaciale o di quella delle piccole glaciazioni. Dobbiamo iniziare a immaginare una nuova epoca organizzatadal fuoco, dalla sua intensità, dai suoi accadimenti».
Dall'uso del debbio per l'agricoltura alle tecniche moderne di estinzione delle fiamme, dall'impiego del carbone per la rivoluzione industriale alconsumo di legna per la combustione, il fuoco è stato complementare alla modellazione antropica della Terra. «Il cambiamento climatico,le estinzioni di massa e le migrazioni della specie sono un risultato diretto o indiretto del nostro rapporto con il fuoco, sia essala combustione delle foreste per l'agricoltura o quella delle fonti fossili», continua Pyne. «Sebbene non accadranno mega-incendiogni anno, il pianeta subirà in maniera crescente forti shock legati al nostro uso dell'elemento ardente. Anche se smettessimo oggi diincendiare boschi o di succhiare petrolio, le conseguenze avranno impatti per il prossimo secolo o forse più. Quello che è certo è chedovremo aspettarci sempre più fuoco nella nostra vita».
Se dieci anni fa era una branca ancora poco praticata, oggi la pirogeografia (la scienza che studia le relazioni fra ambiente fisico, biologico e antropico per comprendere i regimi di incendio) è sempre più sofisticata e diffusa. Spiega Valentina Bacciu del Cmcc (Euro-Mediterranean Center on Climate Change): «A livello europeo c'è una graduale diminuzione delle aree bruciate e del numero degli incendi, con uno spostamento altitudinale delle zone vulnerabili e un allungamento della stagione durante la quale si verificano.
Quello che preoccupa è l'elevata variabilità interannuale e l'aumento delle giornate con pericolosità estrema». Ci sono anni in cui si registra il doppio o il triplo dell'area percorsa dal fuoco rispetto agli anni precedenti, spesso a causa della prolungata siccità o delle frequenti ondate di calore, come dimostra quanto avvenuto nel 2017, anno in cui si sono verificate condizioni per cui il sistema antincendio boschivo ha avuto difficoltà a gestire gli eventi.
«Un insieme di elementi, tra cui la continuità e l'accumulo di materiale secco (quindi combustibile) nei boschi, la siccità e venti favorevoli,può creare le condizioni adatte alla formazione di mega-incendi, che hanno la peculiare caratteristica di non poter essere fermati– se non con estrema difficoltà – con gli attuali approcci di gestione del fuoco», continua Bacciu. Il 2017 in Italia è stato un anno critico,dove il dato delle superfici percorse dalle fiamme supera di circa il 300 per cento la media registrata nel periodo 2008-2016, con unnetto aumento della pericolosità. La domanda corretta non è se ci saranno altre annate così (perché ci saranno), ma quando ciòavverrà. Chiosa Stephen Pyne: «Ci siamo illusi di aver tenuto sotto controllo il fuoco tramite la lotta attiva. Le tecniche di estinzionesono migliorate tantissimo, così come la gestione delle foreste. Ma poi è arrivata questa ondata di incendi, in alcuni casi non piùcontrollabili. E tutto sta cambiando anche se non comprendiamo chiaramente come».
«Noi percepiamo il fuoco come elemento negativo, ma in ecologia esistono fuochi cattivi e fuochi buoni», racconta Jim Lutz, professoredella Utah University, specializzato in wildlife management. «In alcuni contesti, i fuochi lasciano intatte alcune zone che diventanoautentici “rifugi” per la flora e per la fauna, non intaccano le chiome degli alberi e favoriscono le specie pirofite (piante che sopravvivonoagli incendi o sono favoriti da questi, nda) e la rigenerazione del sottobosco».
Ma la scienza, nella sua complessità, viene spesso messa all'angolo dalle semplificazioni della politica. «C'è chi nega risolutamente il ruolo del cambiamento climatico nei mega-incendi, oppure usa i roghi come capo di accusa contro questa o quella amministrazione; altri enfatizzano i toni allarmistici piuttosto che favorire una discussione informata e ragionata», continua Jim Lutz. «Ci saranno anni peggiori e anni con inneschi ridotti, ma non si può negare il ruolo dell'aumento delle temperature: è questo il vero punto che spiega il mutare delle dimensioni e delle occorrenze degli incendi». C'è poi il tema della gestione dei boschi. «Ci concentriamo sull'estinzione degli incendi, ma siamo responsabili della loro accensione e propagazione», aggiunge Giorgio Vacchiano.
«È importante una gestione intelligente per prevenire un pericolo concreto. Si può anche scegliere di non interferire, decidendo di non gestire i boschi, se però c'è consapevolezza delle conseguenze. Il concetto alla base deve essere quello di responsabilità».Il rapporto tra uomo e fuoco, insomma, rimane complesso. Ma la consapevolezza comune è che per fermare gli incendi va ripensato ilnostro rapporto con le energie fossili. Conclude Pyne: «Molto tempo fa abbiamo stretto un'alleanza con il fuoco, ma siamo diventati avidie quel patto di mutua assistenza oggi sembra essere sempre più un patto faustiano. Abbiamo avuto benefici di vario genere, ora ildiavolo è venuto a prendere la nostra anima».
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