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Il distretto della termomeccanica, che ha il suo fulcro in provincia di Verona, alle prese con gli effetti della direttiva Ue sulla casa green. La quale, per le caldaie, indica un primo obiettivo tra pochi mesi. Dal gennaio 2024 sarebbe fissato il divieto di agevolazioni per installare apparecchi alimentati a combustibili fossili. La conferma dovrebbe arrivare dal Regolamento, che ci si attende si esprima sull’utilizzo delle apparecchiature ibride e di quelle certificate per funzionare con combustibili rinnovabili.
In attesa del testo, il comparto vive una fase di stallo senza precedenti. «Gli ordini sono crollati del 40%, le imprese hanno già fatto ricorso alla Cig prima delle vacanze estive e chiuso per tutto agosto. Alla riapertura si lavorerà a singhiozzo visto che i magazzini sono ancora pieni», traccia il quadro Bruno Giordano, presidente e fondatore della Rete innovativa regionale Veneto Clima ed Energia, che aggrega le principali realtà locali del settore e vicepresidente di Anie (Federazione imprese elettrotecniche ed elettroniche). I sindacati sono preoccupati: hanno spiegato le loro ragioni in occasione dello sciopero nazionale di quattro ore indetto a luglio e che in molte aziende veronesi della metalmeccanica è durato l’intera giornata.
«I lavoratori non sono contro la transizione energetica, ma poiché questo passaggio implica nei comparti del siderurgico, elettrodomestico, automotive e termomeccanico un impatto notevole, serve garantire stabilità lavorativa e crescita salariale agli addetti», affermano Adriano Poli, Martino Braccioforte e Luciano Zaurito segretari provinciali di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm.
«L’industria termomeccanica italiana, che si concentra a Nordest, è pronta per il passaggio all’ibrido, purché l’Ue non si appiattisca sui modelli full electric, su cui a Bruxelles alcuni Paesi vogliono convergere da subito. Queste ultime tecnologie per ora sono in mano ai cinesi. A noi occorrono ancora tempo e competenze per svilupparle», conclude Giordano.
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