superteste: Stefano fu preso a calci

Caso Cucchi, Carabinieri e Difesa pronti a costituirsi parte civile

di Nicola Barone

(ANSA)

3' di lettura

«Se la richiesta di rinvio a giudizio degli otto militari accusati di depistaggio ne offrirà giuridicamente lo spazio», il comandante generale dell'Arma dei carabinieri « è intenzionato a chiedere alla Presidenza del Consiglio l’autorizzazione a costituire l'Arma come parte civile nel processo». Arriva in una lettera inviata direttamente dal generale Giovanni Nistri a Ilaria Cucchi un punto di svolta nella vicenda della morte del giovane. E sempre lunedì il premier Giuseppe Conte ha annunciato che anche «il ministero della Difesa è favorevole a costituirsi parte civile nel processo per la morte di Stefano Cucchi».

Oggi l’imputato e teste chiave nel caso è stato ascoltato in udienza e per la prima volta in Aula ha offerto a viso aperto una testimonianza oculare del presunto pestaggio del detenuto trentenne. Francesco Tedesco, il carabiniere che con le sue dichiarazioni diede una svolta alle indagini sulla morte di Stefano, ribadisce in sostanza quanto aveva denunciato nel luglio scorso davanti al pm. Allora Tedesco puntò il dito contro gli altri due colleghi accusati come lui di omicidio preterintenzionale, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, raccontando di aver assistito al pestaggio del geometra poco dopo il suo arresto.

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«Al fotosegnalamento Cucchi si rifiutava di prendere le impronte, siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Di Bernardo è proseguito. Di Bernardo era davanti e Cucchi dietro. A un certo Di Bernardo si gira e dà a Stefano uno schiaffo violento. Io dico: "ma che c... stai facendo? Smettila". Di Bernardo spinge Cucchi e poi D'Alessandro dà un calcio a Cucchi all'altezza dell'ano. Io spingo Di Bernardo e nel frattempo Cucchi cade a terra, battendo la testa, tanto che ho sentito il rumore. Poi D'Alessandro dà un calcio in faccia a Stefano». Questo il racconto delle fasi del pestaggio fatto da Tedesco durante l'interrogatorio di oggi.

La testimonianza del militare sin dall'inizio, secondo i familiari di Stefano, aveva fatto crollare quel «muro di omertà» ma che non ha trovato finora altrettante ammissioni nel corso del processo, al quale in questi mesi si è affiancata un'inchiesta sui depistaggi e falsi documenti legati alla vicenda del giovane fin dal suo arresto.

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«L’atteggiamento reticente e non particolarmente collaborativo di alcuni testi è visibile», ha detto qualche settimana fa il pubblico ministero Giovanni Musarò nel corso del processo che vede come imputati i cinque carabinieri, tre dei quali accusati del presunto pestaggio. «L’obiettivo non è fare un processo sui depistaggi, quello è un altro procedimento. Ma ci sono circostanze che rilevano in questo processo perché la prova davanti a questa Corte è stata condizionata da quei depistaggi». Musarò ha depositato nel fascicolo del dibattimento una serie di note riguardanti documenti su Cucchi, sottoscritte da ufficiali dell'Arma che nel corso del processo si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

«Tu devi continuare a seguire la linea dell'Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere». È quanto il maresciallo Roberto Mandolini avrebbe detto al carabiniere Francesco Tedesco, quando questi gli chiese come doveva comportarsi se fosse stato chiamato a testimoniare in merito alla episodio. La rivelazione durante l'interrogatorio davanti alla Corte d'Assise. «Ho percepito una minaccia nelle sue parole», ha aggiunto il vice brigadiere riferendosi al suo superiore Mandolini.

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Naturalmente è accolta con soddifazione la notizia da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. «Dopo dieci anni di menzogne e depistaggi in quest'aula è entrata la verità raccontata dalla viva voce di chi era presente quel giorno. Le dichiarazioni e le intenzioni espresse dal comandante generale dell'Arma ci fanno sentire finalmente meno soli, si è schierato ufficialmente dalla parte della verità».

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