Lavoro

Caso Tavazzano, quanto pesa la divisione tra sindacati sugli scontri nella logistica

Gli scontri di Tavazzano rischiano di coprire una delle maggiori operazioni di internalizzazione e cioè le 800 assunzioni dirette di Fedex. Trattativa in corso dopo la chiusura del sito di Piacenza

di Cristina Casadei

Scontri a presidio lavoratori della logistica, un ferito grave

5' di lettura

Cosa è successo esattamente la scorsa settimana a Tavazzano con Villavesco, nel lodigiano, lo diranno le indagini. E a parlare saranno anche le immagini delle videocamere di sorveglianza che chiariranno le dinamiche degli scontri avvenuti nel polo logistico, a cui si sta appoggiando transitoriamente anche Fedex. Puntare il dito contro la chiusura del sito di Piacenza per spiegare tutto, significa vedere solo una parte della storia. Dietro c’è molto di più e nella premessa va detto che a Piacenza c’è una forte rappresentanza dei Cobas che in quell’hub sono il sindacato maggioritario. C’è la lotta per la rappresentanza, per il riconoscimento del sindacato degli autonomi ai tavoli negoziali. Vissuta come una limitazione dell’attività sindacale. Ma c’è anche una lunga catena di appalti e subappalti che sfocia in mondi di confine. E proteste e picchetti di cui sono solo la punta dell’iceberg la nuova manifestazione a Tavazzano o lo sciopero nazionale dei Cobas contro il contratto collettivo nazionale della logistica, firmato nelle scorse settimane dalle oltre 20 associazioni datoriali che rappresentano il settore e dai sindacati confederali, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti. La chiusura del sito Fedex di Piacenza, cancellato anche da Google maps, e le internalizzazioni si associano così all’inizio di un percorso di normalizzazione di un settore molto variegato. Vediamo.

Gli 800 internalizzati

Fedex va avanti sulla strada dell’insourcing (internalizzazione, ndr), degli 800 addetti al servizio di smistamento pacchi negli hub nazionali e nelle stazioni di Padova, Ancona, Bari, Bologna, Fiano Romano, Firenze, Napoli Teverola. «Si tratta di assunzioni dirette, fatte dal bacino dei nostri fornitori che hanno già riguardato 150 addetti a Padova, entrati in servizio dal primo maggio, 150 a Bologna dal primo giugno e dal primo luglio altri 120 tra Firenze e Ancona. In ottobre procederemo a Fiano Romano, Napoli e Bari. Il percorso andrà avanti secondo i piani», spiega Stefania Pezzetti, presidente del consiglio di amministrazione di Fedex in Italia. È una scelta strategica «in un momento in cui il mercato richiede un servizio stabile e affidabile e la concorrenza per i clienti è più intensa che mai», continua Pezzetti. Proprio per questo motivo, per ottenere una maggiore affidabilità del network e prestazioni di servizio senza soluzione di continuità, Fedex sta implementando un modello operativo di handling di proprietà e controllato negli hub e nelle stazioni. E nel 2022 aprirà un nuovo hub logistico a Novara per supportare lo sviluppo dell’e-commerce. «La nostra esperienza ha dimostrato che promuovere un senso di appartenenza e garantire un dialogo diretto con i membri del team che lavorano nelle nostre strutture - in tutta l’organizzazione - è essenziale per creare la chiarezza, il coinvolgimento e l’impegno necessari per raggiungere i nostri obiettivi strategici - osserva Pezzetti -.Negli ultimi 5 anni, abbiamo introdotto con successo un modello di gestione diretta simile in altre sedi, al fine di garantire la continuità, l’efficienza operativa e il miglioramento delle prestazioni del servizio». «Il superamento degli appalti e della catena del subappalto è il primo baluardo per il contrasto all’illegalità ed alle forme improprie di utilizzo di cooperative spurie, nel settore - osserva il segretario generale della Filt Cigl, Stefano Malorgio -. E proprio con Fedex il sindacato confederale ha raggiunto un accordo che internalizza tutti i lavoratori degli appalti. Siamo quindi di fronte ad una delle più grandi operazioni di regolarizzazione del settore in Italia che prevede 800 internalizzazioni».

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La chiusura di Piacenza

Nei mesi scorsi la società ha però deciso di lasciare il sito di Piacenza che è definitivamente chiuso e in fase di smantellamento. A irrompere nel quadro dell’internalizzazione, si colloca un’operazione di riorganizzazione traumatica. «La multinazionale - racconta Malorgio - ha scelto unilateralmente di lasciare il sito di Piacenza e il fornitore che aveva qui. Adesso ci sono circa 280 lavoratori che lavorano per il fornitore che devono avere una risposta occupazionale e di garanzia per il futuro. Non può essere lasciato indietro nessuno». Dal punto di vista occupazionale la scelta non ha avuto ricadute dirette sull’azienda, ma sul fornitore, la Alba (gruppo Lintel) che «si è resa disponibile ad aprire un tavolo con le parti sociali, in cui noi abbiamo dato il nostro sostegno», dice Pezzetti. La vicenda ha coinvolto circa 280 persone e nei due tavoli di trattativa aperti, uno con i confederali e l’altro con gli autonomi, Si Cobas e Usb, la parte datoriale ha offerto un pacchetto con un incentivo all’esodo volontario e un percorso di outplacement, a cui poi seguirebbe la Naspi. La trattativa non ha però avuto ancora una soluzione positiva. Malorgio dice che la strada «deve essere quella della ricollocazione, anche interna, dei lavoratori. Intorno a Piacenza ci sono i più importanti poli logistici del nord Italia, da Lodi, a Pavia, a Peschiera Borromeo. È nella direzione della ricollocazione che bisogna guardare». Una direzione a cui non guardano però gli autonomi che chiedono la riapertura dell’hub di Piacenza. Una scelta su cui però l’azienda non farà passi indietro. «Il sito di Piacenza è stato chiuso perché non funzionale al nostro network - chiarisce Pezzetti -. Abbiamo scelto di processare le attività in altri siti, nell’ambito di una riprogettazione del network nazionale in modo da garantire la sostenibilità della nostra attività in Italia, soprattutto in un momento in cui il mercato richiede un servizio stabile e affidabile e la concorrenza per i clienti è più intensa che mai».

Tensioni e blocchi

Dopo la chiusura di Piacenza sono però iniziati i blocchi e i picchetti continui a Peschiera Borromeo e non solo. Così « il fornitore a cui ci appoggiamo in caso di necessità ha aperto temporaneamente un sito alle porte di Lodi, a Tavazzano», dove ieri c’è stato un presidio e un corteo dei Si Cobas. Sugli scontri di Tavazzano, dove ci sono stati diversi feriti, Pezzetti non rilascia commenti ma si limita a dire che «Fedex condanna qualsiasi forma di violenza. Resta il fatto che così come esiste il diritto di manifestare, esiste quello di lavorare. Bisognerebbe garantire a chi è nei siti di poter lavorare liberamente e in sicurezza». Malorgio, sottolinea che «il fatto che è avvenuto sta coprendo una delle azioni più importanti nel settore e cioè l’internalizzazione di 800 lavoratori. La decisione di Fedex di chiudere Piacenza, però, la contestiamo e chiediamo che si ragioni sulla ricollocazione, anche interna, dei lavoratori».
Sullo sfondo della vicenda piacentina si staglia però anche un’altra questione e cioè la diversa visione del sindacato dei confederali e degli autonomi. E il mancato riconoscimento del sindacato degli autonomi ai tavoli negoziali, come quello del contratto della logistica, che è vissuta come una limitazione dell’attività sindacale. «Fedex però - sottolinea Pezzetti - non detta le regole di appartenenza ai lavoratori. Il contratto che applichiamo è però il contratto collettivo nazionale della logistica che ha determinati firmatari».
Numeri alla mano, Malorgio riconosce che ci sono siti in cui i Cobas sono maggioritari, come Piacenza, ma «il sindacato confederale rappresenta complessivamente oltre l’80% degli iscritti nella logistica e c’è una legge sulla rappresentanza. Semmai occorre un piano della logistica e dell’e-commerce nel quale lo Stato eserciti le funzioni di programmazione e definizione delle condizioni minime per chi in quei siti lavora, a partire dal rispetto dei contratti e del riconoscimento del sindacato. Bene la proposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando di un tavolo specifico, con la quale si recupera la lunga assenza della politica da un settore strategico di cui ci si accorge solo in momenti drammatici, ma che rappresenta il 9% del Pil».


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