ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa sentenza

Cassazione, danno alla salute se l’ex ti porta via il cane

Chi sbatte la porta portando con sè il miglior amico dell’uomo, se non si dimostra di essere il solo padrone, paga i danni al partner privato dell’animale da affezione

di Patrizia Maciocchi

(Egooktamuck - stock.adobe.com)

2' di lettura

Chi ama i cani stia con chi ama i cani, chi ama i gatti stia con chi ama i gatti. È la conclusione poco convincente raggiunta da Danny de Vito ne la guerra dei Roses.

In realtà amare lo stesso animale, quando ci si divide perché non si ama più il partner, può diventare un problema molto serio.

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Ha, infatti, diritto ai danni alla salute per la perdita violenta dell’animale da affezione la ex che viene privata della compagnia del cane perché, il migliore amico dell’uomo, alla fine del rapporto se lo porta via il fidanzato.

A meno che quest’ultimo non riesca a dimostrare che lui è il solo padrone di Fido. La Cassazione, accoglie così il ricorso di una ex che chiedeva di velocizzare il giudizio civile, di reintegrazione del possesso del cane, sottratto a suo dire, dall’ex compagno, senza attendere il verdetto di una causa penale che la vedeva sempre coinvolta nella contesa con l’ex per una denuncia per lesioni fatta sempre dalla donna. Litigi violenti, in cui una causa non secondaria era proprio il possesso del cane.

Le liti per il cane

Per la Suprema corte però è legittima la richiesta della ricorrente di dirimere prima la querelle civile. In gioco c’era, infatti, anche il fattore tempo. La signora non voleva stare troppo senza il cane che considerava suo, e lo stesso pensava il compagno.

Nel giudizio penale l’ex compagno era imputato per lesioni personali e la costituzione di parte civile era volta ad ottenere il risarcimento del danno per queste, mentre «nel giudizio possessorio la ricorrente mira a riottenere il possesso del cane, unitamente al risarcimento del danno non patrimoniale, corrispondente alla perdita violenta dell’animale».

Entrambe le causa hanno dunque lo stesso presupposto: la condotta violenta ma, sottolinea la Suprema corte « diversi sono gli effetti giuridici e gli stessi beni protetti, nell’un caso la tutela della persona e nell’altro la tutela del possesso, e diverso si configura lo stesso danno non patrimoniale invocato (danno alla salute da lesione e danno alla salute da privazione dell’animale di affezione». Ora l’impresa sarà dimostrare la proprietà del cane.

La dimostrazione del possesso esclusivo

Nello specifico, essendo l’animale convivente in un menage a trois, non è infatti utile il principio del «possesso vale il titolo» come ipotesi dello stato di fatto fino a prova contraria, essendo il cane un bene mobile, a volte moltissimo a seconda della razza.

Scartate le presunzioni perché l’unica possibile è che il cane, malgrado il clima teso, scodinzoli ad entrambi, la via possibile è la documentale: dall’iscrizione, all’anagrafe, dal pedegree alla fattura d’acquisto. Per il povero animale sarà comunque doloroso senza alcun diritto al risarcimento per il distacco violento da un padrone.

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