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Catherine Spaak e il mito della giovinezza

La sensuale attrice oggetto del desiderio dell’Italia degli anni ’60 è morta a 77 anni

di Stefano Biolchini e Andrea Chimento

(ANSA)

4' di lettura

Il sorriso composto e sensualissimo, il suo adorabile italiano declinato negli accenti francesi, le gambe mozzafiato, il corpicino da “lolita”...e poi il fascino fresco e raggiante di una giovinezza prolungata da un debutto adolescenziale: inutile dire che il suo caschetto conquistò facilmente il maschio italiano con quella sua bellezza inquietante e conturbante di ragazza borghese, per poi col tempo trasformarsi dapprima in un elegante modello per le ragazze italiane - dettando la moda che accorciava risvolti di gonne e pantaloni - e quindi nella “voce confidenziale” del più elegante salotto televisivo al femminile.

Catherine Spaak è morta a 77 anni dopo una lunga malattia. Era nata il 3 aprile del 1945. Prototipo cinematografico delle inquietudini adolescenziali, sexy e ingenua al contempo, coniugava con candida malizia le intemperanze borghesi delle giovani donne ormai pronte a ribaltare stereotipi e falsi pudori.

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Belga

Borghese, d'altronde, lo era per estrazione prima che per interpretazione cinematografica. Nata in Francia era in realtà belga: suo padre Charles fu sceneggiatore per Renoir e Duvivier, sua madre era l'attrice Claudie Clèves, attrice anche la sorella, mentre suo zio Paul-Henri era stato primo ministro del Regno Belga.

A quattordici anni le riprese del suo esordio sul grande schermo ne «Il buco» di Jacques Becker, film che uscì nel 1960, e nello stesso anno, ancora quindicenne, Alberto Lattuada la volle in «Dolci inganni». Da lì e per molto sarà il prototipo dell'adolescente smaliziata e volitiva. I turbamenti delle acerbe ragazze di buona famiglia hanno così in lei un'interprete indomita: diventerà l'oggetto del desiderio degli uomini e un simbolo per le ragazze d'allora, che nello stereotipo disinibito delle adolescenti d'oltre confine trovavano una via di fuga alle costrizioni di un'Italia rurale che le ancorava a dogmi sorpassati e coercizioni frustranti. Le giovani avevano finalmente così il loro modello di riferimento, in cerca di un riscatto che il boom economico rendeva a portata di mano pur tra le costrizioni e convenzioni di una società ottusamente ancorata al passato.

Catherine Spaak, icona di bellezza ed eleganza

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Il cinema

Dopo il già citato «Dolci inganni», in diversi lungometraggi di poco successivi vestirà i panni di altre ragazze audaci e sbarazzine: si pensi a «Diciottenni al sole» di Camillo Mastrocinque, a «La voglia matta» di Luciano Salce o al capolavoro «Il sorpasso» di Dino Risi, tutti del 1962. È un periodo in cui Catherine Spaak è già richiestissima e nel 1963 lavora in ben cinque pellicole, che contribuiscono ad accrescere il suo fascino e la sua icona erotica e irresistibile: «La calda vita» di Florestano Vancini, «Le monachine» di Luciano Salce, «Le donne» (episodio de «L’amore difficile») di Sergio Sollima, «La parmigiana» di Antonio Pietrangeli e l’indimenticabile «La noia» di Damiano Damiani, tratto dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, in cui recita accanto a Bette Davis. La sua fama cresce e viene chiamata da registi stranieri come Roger Vadim («Il piacere e l’amore») e Henri Verneuil («Week-end a Zuydcoote») e da grandi autori come Marco Ferreri con «Break-Up – L’uomo dei cinque palloni» e Luigi Comencini con «La bugiarda». Una menzione a parte la merita il cult «L’armata Brancaleone» di Mario Monicelli del 1966, in cui tiene testa a un incontenibile Vittorio Gassman.

Visto il grande successo in Europa, tentò di farsi notare anche a Hollywood nel 1967 con «Intrighi al Grand Hotel» di Richard Quine, ma la pellicola non ebbe i risultati sperati. Nel corso degli anni Settanta, tra tanti lavori dimenticabili, sul grande schermo si segnalano le sue prove ne «Il gatto a nove code» di Dario Argento e in «Febbre da cavallo» di Steno al fianco di Gigi Proietti e Enrico Montesano. Dagli anni Ottanta in avanti (il 1980 è proprio l’anno in cui lavora in «Io e Caterina» di Alberto Sordi) le sue apparizioni sul grande schermo si diradano, visti soprattutto i crescenti impegni televisivi. Va però evidenziata l’ottima prova nel recente «La vacanza» di Enrico Iannaccone del 2019, in cui veste i panni di un’ex magistrato che inizia a manifestare i primi sintomi dell’Alzheimer ma che ha ancora una straordinaria voglia di vivere.

Oltre il grande schermo

Non solo cinema però: la Spaak era una artista completa. E poi, cosa non da poco, aveva fatto ottime letture: colta e brillante sapeva anche cantare e al fianco di Johnny Dorelli, che sposò nel 1972, trionfò con l'album «Promesse… Promesse…» del 1970.

Da raffinata padrona di casa, correva l'anno 1988, il debutto nel salotto televisivo di Rai tre con «Harem». Lo condurrà con eleganza e ironia fino al 2002, ospitando ed intervistando con garbo e complicità - senza trascurare i temi più importanti legati al mondo femminile e all'attualità anche politica - tutte le protagoniste della vita pubblica, dal jet set, alla mondanità, passando per il cinema, la politica e l'impegno civile, e conquistando la fiducia del grande pubblico che in lei trova una confidente sicura.

Sempre riservata, nonostante quattro matrimoni e due figli, la sua ultima apparizione in tv nel 2015 a «L’Isola dei famosi». Un unico scandalo e per lei doloroso ricordo, quando ancora giovanissima fu arrestata e le fu tolta la figlia Sabrina poiché il tribunale la giudicò “di dubbia moralità”.


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