Retail

Centri commerciali, il peso del Covid costa 45,5 miliardi di fatturato in meno

Chiusure, aperture a singhiozzo e regole in continuo cambiamento da parte del vecchio governo hanno messo in ginocchio un settore che ha un valore importante su Pil e mondo del lavoro

di Paola Dezza

(Unogrup SRL)

3' di lettura

Una perdita di fatturato di 45,5 miliardi di euro nel 2020 sul 2019 e una contrazione di 55 mila posti di lavoro – passando da 783 mila occupati del 2019 ai 728 mila del 2020 - sono i due dati che fanno comprendere la crisi del mondo dei centri commerciali al tempo della pandemia da Covid-19. Un report di Cncc – Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali – e Nomisma mette in luce lo stato dell’Industry italiana dei centri commerciali 2021, valutando anche gli effetti prodotti sull'intera economia, oltre ad analizzare trend e nuove abitudini di consumo che emergono da una survey sulla popolazione italiana (18-65 anni).

Nuovi modelli di consumo, tra acquisti online e fisici, hanno cambiato le abitudini di chi fa shopping.
«Con l'avvento dell'emergenza sanitaria da Covid-19, e le conseguenti numerose restrizioni che si sono succedute nel corso del 2020, gli italiani hanno modificato le proprie abitudini di spesa – sia per gli acquisti di prodotti essenziali che non essenziali –sperimentando nuovi canali di spesa e diminuendo il ricorso ad altri più “tradizionali”» recita un comunicato.

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In generale, quel che emerge è un aumento del numero di responsabili di acquisto che hanno effettuato spese sui canali online (sia come delivery che con click&collect), incrementando anche frequenza e valore della spesa sui negozi digitali.

L'indagine fa emergere come il 42% degli italiani nel 2020 siano ricorsi con elevata frequenza al canale online per effettuare acquisti che nel 2019 avrebbero fatto in un centro commerciale.

«Da anni l'Industria dei centri commerciali è impegnata in strategie e azioni sempre più orientate alla responsabilità sociale e ambientale, con l'obiettivo di affermarsi quale punto di riferimento per il territorio e la comunità in cui i centri sono presenti - recita ancora il comunicato -. La più evidente espressione di questo impegno è stata la recente creazione di 23 hub vaccinali, iniziativa che sta contribuendo al successo alla campagna di vaccinazione nazionale».

«Presentare questa importante indagine realizzata da Nomisma è un punto di partenza fondamentale per comprendere gli effetti profondi della pandemia sul nostro comparto - dice Roberto Zoia, Presidente del Cncc -. Tra gli aspetti più interessanti che sono emersi dalla ricerca, mi preme segnalare la centralità che il commercio fisico continua ad avere, pur nel contesto di un'evoluzione del mercato sempre più caratterizzata dall'integrazione dell'esperienza fisica con quella digitale. Dall'analisi emerge con chiarezza come, nonostante per mesi il digitale sia stato spesso l'unica opzione d'acquisto possibile e abbia realizzato una crescita importante, esso non sia stato in grado di sopperire neppure lontanamente al crollo dei consumi a cui abbiamo assistito nel corso del 2020. Per questo motivo, il sostegno alle attività del commercio tradizionale resta prioritario nell'ambito di politiche economiche e industriali che si prefiggano di rilanciare i consumi».

«Solo sostenendo il canale fisico, che rimane la scelta preferita dalle famiglie italiane, si potrà infatti realmente contribuire ad agevolare la ripresa economica del Sistema Paese nel suo complesso» conclude Zoia.

«L'Osservatorio sull'Industry dei Centri Commerciali sviluppato da Nomisma per Cncc mette in luce importanti note di attenzione su cui soffermare riflessioni di sviluppo futuro, ora che siamo all'alba dell'atteso “New Normal” - dice Luca Dondi, Amministratore Delegato di Nomisma -. Il primo aspetto riguarda i motivi della mancata visita ai Centri Commerciali, riconducibile principalmente alle chiusure dei negozi dettate dalle misure di contenimento della pandemia e dalla confusione degli acquirenti a capire gli effettivi giorni di chiusura e apertura dei punti vendita. Importante nella scelta di diminuire la frequenza di visita ai centri commerciali anche la percezione – reale o indotta – del rischio sanitario e a seguire effetti di sostituzione dei canali. L'altro elemento riguarda l'andamento delle vendite del commercio al dettaglio sul canale online. L'analisi mensile dell'indice delle vendite del commercio al dettaglio evidenzia dei picchi in corrispondenza dei periodi di lockdown – oltre che nei momenti in cui gli acquisti online si intensificano in maniera ricorrente (es Black Friday e Natale). Il vero interrogativo è quindi quanto i nuovi modelli di acquisto degli italiani rimarranno in maniera strutturale riuscendo a modificare l'assetto dei consumi pre-Covid».

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