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Centromarca, un tavolo con il Governo sui consumi

di Enrico Netti

(IMAGOECONOMICA)

2' di lettura

«Centromarca era e resta ampiamente disponibile a discutere con il Governo, a uno stesso tavolo che coinvolga le aziende della moderna distribuzione per ragionare sulle vie di sbocco percorribili per sbloccare una situazione complessa che ha investito la filiera e il paese» dice Francesco Mutti, presidente dell’associazione che rappresenta l’industria di marca del largo consumo confezionato (Lcc). Al tavolo ci sarà un quarto soggetto: l’inflazione che colpisce il carrello della spesa. Mutti infatti parla di tempesta perfetta scatenata da una corsa dei prezzi che non si vedeva dagli anni 80 del secolo passato e di come i produttori del Lcc non siano più in grado di sostenere i rincari di materie prime e di energia. «Quasi un terzo delle aziende rischia di lavorare con margini negativi anche trasferendo a valle i costi sostenuti - continua Mutti - e il 18% dei ricavi dell’industria è a rischio per l’aumento dei prezzi». Secondo una analisi di Prometeia presentata da Mutti solo un produttore su due oggi sarebbe in grado di assorbire il 50% degli aumenti dei costi operativi salvaguardando la marginalità. «È il segnale che la situazione per le imprese non è più sostenibile» incalza il presidente che ricorda i numeri della filiera: 59mila aziende che generano 180 miliardi di ricavi. La loro controparte sono le centrali d’acquisto e una Gdo iperconcentrata. Marginalità al tappeto anche per la Gdo e, come ha recentemente ricordato Marco Pedroni, presidente Adm (Associazione distribuzione moderna) «quando usciranno i dati definitivi saranno vicini allo zero se non negativi».

Nella prima metà del 2023 l’inflazione sarà stabile per poi calare nella seconda parte dell’anno. Queste le previsioni di Angelo Massaro, general manager Iri, che prevede due scenari: il primo con una crescita del 3,8% l’altro attorno al 7%. «Questo secondo scenario porterebbe a una decisa contrazione dei volumi». Sembra destinata a continuare la strategia di trading down messa in atto dalle famiglie che acquistano prodotti più convenienti e di qualità inferiore rispetto al passato «con una corsa dei consumatori verso il canale discount». C’è poi l’offerta con il marchio del distributore con una quota di mercato del 20% ma per alcune catene si arriva al 50-60%. Nel complesso i volumi di vendita, secondo Massaro, tengono con un -0,5% a fine 2022 ma nell’ultimo trimestre questo fenomeno si è accentuato.

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Uno scenario che si verifica in altri mercati europei come in Francia dove fornitori e Gdo sono ai ferri corti a causa dei rincari dei listini. L’Assemblea Nazionale lavora a un disegno di legge per una trattativa tra le due parti anche ricorrendo a un mediatore nominato dal ministero dell’Economia. In Italia i produttori possono intervenire liberamente sui prezzi nel rispetto delle norme antitrust con trattative aperte con le centrali d’acquisto e le insegne.

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