Il calcio non va ad algoritmi: il Milan ko nel derby
Come si è visto nel derby, il calcio non è una materia esatta come la matematica e la fisica. È un assemblaggio complicato di uomini e caratteri sempre in precario equilibrio
di Dario Ceccarelli
5' di lettura
“Prima di parlar, tasi…” dice un vecchio proverbio montanaro che andrebbe girato a Gerry Cardinale, il manager italo americano proprietario del club rossonero che, alla vigilia del derby, aveva incautamente detto: “Non solo voglio cambiare il Milan, ma anche tutto il calcio italiano. Io vorrei essere un Berlusconi 2.0. Gli algoritmi ci aiutano, perché la serie A non mi ascolta?”
Di sicuro l'Inter del cinese Zhang, guidata da Simone Inzaghi, non l'ha ascoltato. E ha fatto bene visto come è finita nel derby con quelle cinque sberle, una bella “manita”, che l'Inter ha rifilato sabato sera ai cugini rossoneri. Che ancora adesso, nonostante l'inopinato commento di Pioli (“fino al 3-1 siamo rimasti in partita”), non capiscono ancora bene cosa sia successo. Un po' come quei pugili suonati, finiti subito al tappeto, che quando si rialzano non sanno più chi sono e cosa devono fare. L'unico vantaggio, per quei pugili, è che non dovranno andare a Milanello a farsi spiegare che le hanno prese per non aver capito gli algoritmi.
Circo mediatico e giudizi affrettati
Ma la colpa della caduta del Milan non è solo di Gerry Cardinale o del povero Pioli che dopo aver perso cinque derby di fila comincia pure lui a non essere troppo lucido (“scusarci con i tifosi? Ma mica abbiamo perso apposta…”).
No, il problema vero siamo tutti noi, cioè il gran circo mediatico che dopo neanche tre partite tira giudizi che sembrano sentenze. E che creano aspettative esagerate. Il Milan, a detta di tutti, sembrava ormai lanciato, dopo una campagna acquisti faraonica, a un nuovo rinascimento. Una temibile macchina da guerra che a punteggio pieno era già pronta per qualsiasi impresa: a lottare per lo scudetto, per la Champions, per la conquista del sistema solare e dell'universo.
Un coro unanime prima del tempo, lo aveva già beatificato dipingendolo come una squadra totalmente rinnovata grazie all’algoritmo: più europea, più aggressiva, con tanti chili e centimetri in più, come impone il calcio moderno che, a quanto pare, ormai va un tanto al chilo e si misura in altezza come il basket.
Il calcio non va ad algoritmi
In realtà, e lo si è visto nel derby, le cose sono più complicate. Il calcio non è una materia esatta come la matematica e la fisica. È un assemblaggio complicato di uomini e caratteri sempre in precario equilibrio. Figuriamoci se arrivano dieci giocatori nuovi. Che non sanno nemmeno parlare l'italiano visto che, nel Milan, c'è solo Calabria a parlar la nostra lingua e a far da interprete a una legione straniera che del nostro calcio non sa quasi nulla.
Una delle cose che ha colpito più negativamente, nel derby, è la scarsa reattività dei rossoneri. Gli interisti, a partire da Barella, per non parlare di Mkitaryan, Thuram e Calhanoglu, erano lupi feroci pronti ad azzannare qualsiasi avversario. Con delle marcature pressanti, soprattutto a centrocampo, che hanno tolto spazio e ossigeno ai rossoneri. Rossoneri frastornati e inebetiti che si sono rifugiati in un inutile possesso palla (70 per cento) che suona ancora più beffardo.
Certo l'Inter ha trovato un Thuram formidabile che dopo aver propiziato il vantaggio, ha raddoppiato con una sassata all'incrocio che fa ancora paura. Per non parlare di Mkhtaryan, autore di una splendida doppietta, che solo dopo cinque minuti aveva già sbloccato il risultato. Ma l'Inter è diventata stratosferica perché il Milan si è ristretto. Priva di un vero punto di riferimento, la legione straniera di Pioli si è dispersa come un esercito in rotta. Al di là del suo valore economico, Tonali nel Milan era una figura importante, un giocatore in grado di dettare i tempi, di ricompattare la squadra nel momenti più difficili. Ma chi può ricompattare una difesa formata da Thiaw e Kjaer, una coppia lenta come un paracarro?
Il Milan cerca il riscatto domani in Champions
È un momento difficile per Pioli. Non sarà facile uscire bene da questo derby. Chi alla vigilia lo ha incensato ora chiederà la sua testa, come sempre succede in questi casi. La ferita brucia. Soprattutto perché arriva dopo altri quattro derby persi malamente. Qualche responsabilità ovviamente il tecnico ce l'ha. Ma in 5 anni Pioli ha anche ottenuto enormi risultati, oltre uno scudetto. Ora deve far ripartire un gruppo umiliato e ferito. Deve dargli forza e consapevolezza. Non ha più Paolo Maldini al suo fianco. Che, al di là delle divergenze di opinioni, era un aiuto prezioso. Ora Pioli, in uno snodo decisivo, è un uomo solo. La sua fortuna e che bisogna reagire subito. Domani con Milan-NewCastle c'è la prima trappola di Champions da sventare. Un ottimo test anche per vedere come reagirà la tifoseria rossonera.
Tornando all'Inter, che mercoledì incrocerà il Real Sociedad, vive davvero un momento magico. Questa estate ha comprato poco ma bene. Thuram, figlio d'arte, è arrivato a parametro zero. Frattesi, lo abbiamo visto anche n nazionale, è una furia scatenata dal gol facile. Ora è presto per parlare di scudetto e seconda stella. Però l'inter è a punteggio pieno. con 13 gol fatti e uno subito in quattro gare. Inoltre ha un allenatore, Inzaghi, che ha ormai chiuso i conti con i suoi vecchi critici. Difficile trovare un difetto a questo gruppo. Con il Napoli che sembra la controfigura di quello dell'anno scorso,e le romane che vai a capire, l'Inter può guardare con fiducia al suo futuro.
Attenzione alla Juve
Ma senza esaltarsi troppo anche perché, la Juventus, ora seconda, comincia di nuovo a far paura. Come si è visto con la Lazio, Vlahovic e Chiesa, sono tornati a colpire. Il serbo, mai così convincente, ha realizzato due gol col piede destro, quello debole. Al terzo ci ha pensato lo stesso Chiesa, cecchino spietato nelle ultime partite. Ma è tutta la Juve ad aver cambiato faccia: pressing, aggressività, ritmo. Poi non ha l'impegno delle coppe, un peso dal punto di visto economico, ma un vantaggio non trascurabile per il campionato. La Lazio protesta per le decisioni arbitrali, ma dovrebbe prima farsi un serio esame di coscienza. Il suo possesso palla fa più fumo che arrosto e i suoi punti in classifica sono solo tre. L'anno scorsa è arrivata seconda. Sembra passato un secolo.
La Roma ne fa sette all'Empoli! La squadra toscana, sempre più in picchiata, e con Zanetti sempre più a rischio, riesce a far risorgere anche la Roma che così, con un risultato roboante (7-0), realizza la prima vittoria stagionale. Un successo col botto propiziato da un Dybala scintillante, autore di una bella doppietta, e già a segno su rigore al primo minuto. Si è visto anche un Lukaku in crescita (1 gol) e un Renato Sanchez finalmente incisivo pure lui a rete. In una serata in discesa, dove c'è gloria per tutti, il migliore è forse Cristante che segna e regala assist. Tutto troppo facile per essere vero. Lo stesso Mourinho, da buon predicatore, ha tenuto il profilo basso dicendo che il risultato è troppo pesante per l'Empoli.
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