Certificazioni accreditate per le imprese italiane sono le vie di accesso al commercio internazionale del terzo millennio
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Fin dalla nascita dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), gli scambi internazionali si sono affermati come traino fondamentale per l’economia, crescendo in percentuale mediamente più del PIL mondiale. Secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD), nel 2022 il valore complessivo avrebbe raggiunto il livello record di circa 32 trilioni di dollari¹ . Di questi, 25 trilioni generati dallo scambio di beni e quasi sette trilioni di dollari dal commercio di servizi, con incrementi rispettivamente del +10% e +15% su base annua rispetto al 2021. Numeri che nonostante i vari fronti di crisi geopolitica aperti nel mondo e le conseguenti impennate dei prezzi di energia e materie prime, confermano il trend di ripresa post pandemia del commercio internazionale che l’Italia, dopo le conseguenze delle misure di restrizione che hanno pesato anche sulla logistica, ha saputo intercettare con un export che si è mantenuto a livelli molto sostenuti anche nel 2022, raggiungendo numeri ragguardevoli: 624 miliardi, pari a un più 20% rispetto all’anno precedente (dati Istat-Ice).
Il mercato globale oggi richiede qualità certificate
Oltre a consumatori sempre più esigenti, in larghissima parte gli scambi riguardano anche beni e servizi intermedi destinati al processo produttivo di imprese estere che richiedono una elevata affidabilità. Tutto questo fa sì che, nonostante la riduzione dei costi di commercio, l’accesso al mercato globale sia oggi per le aziende più selettivo che in passato. Ciò vale soprattutto all’interno di catene del valore internazionali che coinvolgono più imprese dislocate in diversi Paesi, in uno scenario di transizione che punta alla piena sostenibilità, frutto di un profondo cambio di paradigma cui anche l’economia è chiamata ad adeguarsi. Quando la fiducia è cruciale negli scambi globali, la certificazione accreditata si dimostra allora un importante strumento di garanzia delle caratteristiche dei prodotti e servizi scambiati sul mercato. Un requisito che in Italia è garantito da una realtà consolidata come Accredia, l’Ente unico nazionale di accreditamento designato dal Governo italiano nel 2009 - in linea con le normative Ue - col compito di attestare la competenza dei laboratori e degli organismi che verificano la conformità di prodotti, servizi e professionisti agli standard di riferimento, facilitandone anche la circolazione a livello internazionale. Accredia, che conta fra i suoi soci numerosi Ministeri ed Enti pubblici, diverse organizzazioni imprenditoriali e del lavoro, oltre ad imprese fornitrici di servizi di pubblica utilità, come Ferrovie dello Stato ed Enel, copre vari settori, dalla sanità alla cybersecurity, dall’energia all’agroalimentare, all’ambiente, alla sostenibilità. Più di duemila i laboratori e gli organismi accreditati in quasi quindici anni di attività, mentre ad oggi sono circa 350 mila i professionisti certificati sotto accreditamento e quasi 160 mila i siti aziendali che hanno ottenuto la certificazione dei propri sistemi di gestione da un organismo accreditato. Un’opera di valutazione a vantaggio di consumatori, istituzioni e imprese che nel tempo ha raggiunto un valore di mercato complessivo di oltre 4,2 miliardi di euro.
La certificazione favorisce l’export
Vigilato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Accredia è membro dei network comunitari e internazionali di accreditamento (EA - European co-operation for Accreditation, IAF - International Accreditation Forum e ILAC - International Laboratory Accreditation Cooperation). Le prove di laboratorio e le certificazioni degli organismi accreditati dall’Ente sono perciò riconosciute e accettate in Europa e nel mondo. Come sanno le oltre 20mila imprese esportatrici in possesso di un sistema di gestione certificato sotto accreditamento registrate nel 2021, il 16,9% delle oltre 120mila complessive - per un valore di 259,5 miliardi di euro, pari al 54,5% del totale - ma comunque in crescita riaspetto ai livelli pre-covid (Annuario Istat-ICE 2023).
Le regole dietro ai numeri
Visto in una prospettiva storica più ampia, lo scenario economico internazionale evidenzia come nel tempo si siano registrati progressivi cambiamenti delle regole del gioco. La costante crescita degli scambi tra Paesi è stata favorita dai continui miglioramenti della tecnologia di comunicazione e di trasporto nonché dalla riduzione delle barriere tariffarie, ma dal punto di vista delle regolamentazioni multilaterali, l’attenzione si andava spostando verso misure non tariffarie (NTM² ). Tali misure, benché possano comportare un aumento dei costi per l’accesso ai mercati esteri e dunque un limite analogo a quello rappresentato dai dazi, svolgono in realtà sempre di più un ruolo necessario e di miglioramento della trasparenza, non solo per i consumatori, ma anche per le imprese. Perché il moltiplicarsi di varietà di beni scambiati e di paesi di origine dei beni prodotti aumenta i potenziali benefici del commercio internazionale, ma al tempo stesso solleva anche timori crescenti sulla sicurezza e affidabilità di tali beni e servizi. Una sensibilità sempre più diffusa ai temi etici e ambientali legati al consumo ha portato ad un aumento delle regolamentazioni relative alla trasparenza e sicurezza sui mercati. Oggi si utilizzano misure non tariffarie in tutti i settori, soprattutto nei paesi avanzati, dove la tutela dei consumatori è maggiore. Per quanto riguarda l’Unione europea, circa la metà delle importazioni deve rispettare almeno una misura non tariffaria, mentre nel 40% dei casi le NTM applicabili sono due o più.
Primi segnali di un cambio di mentalità che si fa strada soprattutto fra le grandi imprese manifatturiere, dove la qualità e la sicurezza nelle diverse fasi di produzione sono più rilevanti, maggiormente coinvolte nella nuova catena del valore internazionale.
¹https://unctad.org/news/global-trade-set-hit-record-32-trillion-2022-outlook-increasingly-gloomy-2023
² Secondo l’UNCTAD (2013) le misure non tariffarie (NTM) comprendono tutte le politiche diverse dai dazi che influenzino i costi del commercio internazionale. Si tratta di una definizione assai ampia in quanto comprende sia le tradizionali politiche doganali che agiscono sulle quantità invece che sui prezzi, ad esempio attraverso quote, sia qualsiasi politica nazionale, non necessariamente applicata alla frontiera, che abbia un qualche effetto sui flussi commerciali.
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