Certilogo porta negli Usa il «brevetto» contro i falsi
di Marta Casadei
3' di lettura
«Abbiamo fondato l’azienda dieci anni fa, ma solo ora stiamo raccogliendo veramente i frutti del nostro lavoro contro la contraffazione. Un po’ perché le aziende hanno cominciato a capire quanto i falsi possano essere dannosi per la loro immagine e i loro conti, un po’ perché i consumatori stessi, anche a causa della crisi, hanno cambiato approccio: sono disposti a spendere di più per un prodotto di qualità, e quindi originale». Nel 2006 Michele Casucci ha avuto un’idea all’avanguardia: creare uno strumento che, complice la tecnologia digitale, confermasse al consumatore finale l’autenticità del prodotto.
Da quest’idea è nata Certilogo, una piattaforma mondiale per la product authentication e la consumer protection: a oggi l’azienda milanese lavora con 60 marchi internazionali – da Colmar a Stone Island, passando per Versace e Moschino– per un totale di 1,4 milioni di utenti in 170 paesi e circa 100 milioni di prodotti autenticati in tutto il mondo.
«Attraverso la nostra app – spiega Casucci, che oltre ad essere il fondatore di Certilogo è anche l’ad della società – è possibile verificare l’autenticità del prodotto inquadrando il Qr Code sull’etichetta del capo con lo smartphone o inserendo il codice sul nostro sito. Abbiamo scelto uno strumento che fosse veloce e facilmente utilizzabile». Negli ultimi quattro anni le autenticazioni Certilogo sono aumentate del 140%.
La lotta ai falsi è in pieno svolgimento: secondo un’analisi condotta dalla piattaforma è risultato contraffatto un prodotto su dieci – circa 27mila su un totale di 300mila pezzi – tra quelli acquistati nelle categorie moda e lusso negli ultimi dodici mesi. Il canale più sensibile, su questo fronte, è la Rete: il 75% dei falsi, infatti, è stato acquistato online da un cliente che riteneva di aver comprato l’originale.
A richiedere il maggior numero di autenticazioni è stato il Regno Unito, dove i falsi sono risultati superiori alla media: il 12% delle circa 68 mila richieste. Al secondo e terzo posto Usa e Cina, dove la percentuale di prodotti contraffatti su quelli “controllati” si sono rivelate molto basse: 5,5% e 2,3% rispettivamente. Al quarto posto, l’Italia dove le richieste sono state oltre 25 mila e la percentuale di falsi si attesta sull’11,6%. Un tasso di contraffazione molto simile a quello registrato da Certilogo in Cina: dalla Repubblica Popolare, dove i prodotti falsi popolano mercati ad hoc nelle principali metropoli, sono arrivate quasi 23mila richieste di autenticazione di cui il 10,6% non è andato a buon fine.
Nonostante non sia ancora giunta al termine, la battaglia contro la contraffazione sta diventando più efficace proprio perché, appunto, si delinea sempre di più come uno sforzo congiunto: «Le aziende non possono combattere da sole un fenomeno che oggi ha dimensioni sempre più globali - spiega il ceo di Certilogo - devono stabilire alleanze con il consumatore finale, che deve poter provare l’autenticità del prodotto, ma anche con i retailer che devono garantire la sicurezza del canale di vendita. Poi ci sono altri soggetti in gioco: le dogane, per esempio».
Certilogo, che attualmente conta 20 dipendenti e ha un fatturato inferiore ai 3 milioni di euro, è perno di questo network virtuoso. E agisce sempre di più su una scena internazionale, anche grazie a una serie di figure manageriali appena inserite in azienda: «Ora che abbiamo dimostrato che il nostro modello di business è valido– conferma Casucci – ci stiamo espandendo: oggi abbiamo una controllata in Nord America e puntiamo a rafforzare la nostra presenza all’estero. Le aziende straniere sono molto attive nella lotta ai falsi».
L’ampliamento della sfera d’influenza di Certilogo non sarà solo geografico: «Lavoriamo per la maggior parte con i marchi della moda e del lusso, ma ora abbiamo cominciato anche a operare nel segmento delle componenti meccaniche. Guardiamo con particolare interesse a due aree: il food e il design, nonostante quest’ultimo abbia caratteristiche tali da esporlo meno al rischio di contraffazione».
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